Horror & Thriller

Recensione libro + Intervista | I due volti del Terrore. La narrativa horror sul grande schermo di M. Tetro e R. Azzara

Un compendio di oltre 500 pagine che mette a confronto film e serie TV con le relative controparti cartacee da cui prendono spunto, raccontandone similitudini e differenze più o meno significative

Quante volte, dopo l’ennesima ‘sciagurata’ trasposizione per il grande o piccolo schermo di un libro e di un fumetto ci siamo ritrovati a discutere con un amico, dal vivo o sui Social, di quanto l’opera originaria fosse ampiamente superiore a quanto visto, dei motivi che abbiano portato sceneggiatore e/o regista a fare tali scelte nel passaggio da un medium all’altro (ben più raramente il contrario)?

Il genere horror forse è tra quelli che più ricorrono all’adattamento, basti pensare agli innumerevoli progetti che coinvolgono le opere di Stephen King arrivate solo negli ultimi anni (da Doctor Sleep a Pet Sematary, passando per La Torre Nera, IT e la serie The Mist), ma non dimentichiamoci degli show televisivi di successo The Walking Dead (dal fumetto di Robert Kirkman) a Hill House (ispirata al romanzo La casa degli invasati di Shirley Jackson). Solo per citarne alcuni.

Ebbene, per raccogliere e far luce su questo mastodontico universo, che tutti un po’ conosciamo ma probabilmente non tanto quanto pensiamo (in quanti sapete che il recente Bird Box con Sandra Bullock è tratto da un libro?), arriva nelle librerie il volume I due volti del Terrore. La narrativa horror sul grande schermo di Michele Tetro e Roberto Azzara (Odoya, 544 pagg., 26 euro), che si propone di mettere a stretto confronto per la prima volta in Italia, appunto, l’opera cartacea e quella cinematografica / televisiva attraverso l’analisi / recensione – in rigoroso ordine alfabetico – di entrambi i lati di quella che, in fondo, è la stessa medaglia, solo affrontata in modalità differenti.

Si va così dalla A di ‘A Venezia… un dicembre rosso shocking‘ alla Z di ‘La zampa di scimmia’, passando per box di approfondimento tematici sui molti sottogeneri e gli autori, concludendo con un ulteriore elenco di cortometraggi e telefilm di ispirazione letteraria, prima del consueto – e indispensabile – indice (dei film e delle opere letterarie citate). Si può partire dai titoli noti e poi lasciarsi affascinare o stupire da quelli limitrofi, magari mai sentiti, e scoprire, magari, che alla base vi è lo stesso scrittore, oppure aprire I due volti del Terrore. La narrativa horror sul grande schermo ‘a caso’ e vedere su che scheda si cade. Per ogni film è riportata la trama (spesso con spoiler importanti), una breve recensione dello stesso (le opinini sono, ovviamente, soggettive in tal senso) e le differenze / similitudini con la relativa controparte letteraria (qui invece i dati sono incontrovertibili).

Nulla viene tralasciato (la prefazione spiega bene il perché di talune assenze), così che si possa finalmente avere sotto mano un compendio indispensabile – il più possibile completo, ma, per la stessa natura dell’argomento, in continuo divenire e quindi soggetto ad ‘aggiornamenti’ futuri – per ogni appassionato dell’horror che possa davvero definirsi tale.

Abbiamo fatto una chiacchierata con Michele Tetro e Roberto Azzara per parlare della genesi di I due volti del Terrore. La narrativa horror sul grande schermo:

Perché avete ritenuto importante realizzare un tomo del genere?

Michele Tetro: Be’, perché prima non c’era una cosa del genere potrebbe essere la risposta migliore. In realtà questo volume è nato come gemello di un’opera precedente dedicata alla Fantascienza e intitolata appunto “Mondi paralleli – Storie di fantascienza dal libro al film”, scritta da me assieme a Gian Filippo Pizzo e Roberto Chiavini, per i tipi di Edizioni Della Vigna, uscita nel 2011 in prima versione. Quel libro ci aveva dato molta soddisfazione e quindi automatica è stata l’idea di toccare anche il genere Horror col medesimo approccio delle schede comparative tra opera narrativa e riduzione cinematografica. Mi sono ritrovato a gestire autonomamente il nuovo progetto, ma i tempi e altri impegni editoriali non l’hanno fatto proseguire di molto e solo col decisivo apporto di Roberto Azzara, conosciuto qualche anno dopo, la situazione si è sbloccata e l’iniziativa ha potuto giungere in porto, anche se in un periodo non certo facile come quello dell’emergenza sanitaria. Per coerenza d’insieme si dovrebbe pensare ora a un terzo volume che tocchi anche il Fantasy … ma per ora ci muoviamo cauti.

Roberto Azzara: Per me, perché trovavo divertente scriverlo. Sin da ragazzo confrontare le trasposizioni cinematografiche col materiale letterario originale mi appassionava. Sul mio blog aveva anche pubblicato l’elenco di tutte le trasposizioni cinematografiche di genere Fantascienza e Horror che ancora oggi cerco di tenere aggiornata (per il Fantasy, mi sto attrezzando). Dopo aver letto proprio “Mondi paralleli”, citato da Michele, non vedevo l’ora trovare un’altra opera simile dedicata al genere Horror: non pensavo che alla fine avrei contribuito alla sua realizzazione!

C’è un modo ‘migliore’ per consultare I due volti del Terrore?

Michele Tetro: Trattandosi di un libro a schede, si può tranquillamente saltabeccare qui e là scegliendo il film che si vuole approfondire. La lettura normale (o anche solo lo sfogliare le pagine dall’inizio) permetterà comunque di trovare anche box di approfondimento specifici, leggibili più come articoli che come schede.

Roberto Azzara: Personalmente, anche i libri a schede li leggo dall’inizio alla fine, così sono sicuro di non perdermi niente, ma ovviamente ognuno può scegliere il modo migliore per usufruirne, a seconda delle proprie esigenze.

Quanti film / serie avete dovuto rivedere – o vedere per la prima volta – mentre scrivevate I due volti del Terrore?

Michele Tetro: Nel mio caso non tanti, erano opere già a me ben note, sia in versione narrativa che cinematografica. Avrei potuto trovare qualche problema con produzioni più recenti, dato che negli ultimi anni mi sono abbastanza disaffezionato al genere, ma Roberto interveniva prontamente nel caso. Ricordo che nel libro hanno partecipato con schede a loro firma anche diversi amici e colleghi esperti del settore, che mi fa piacere citare qui: si tratta di Stefano Di Marino, Corrado Artale, Giuseppe Maresca, Lucius Etruscus, Antonella Ferraris, Roberto Chiavini, Giovanni Mongini e Samang Ruinees. Il tutto per diversificare un po’ l’approccio con contributi e sensibilità differenti.

Roberto Azzara: Nel mio caso, tanti. Molti li avevo già visti ma un ripasso ho dovuto farlo. Altri invece ho dovuto guardarli per prima volta, soprattutto quelli più recenti. Come ha detto Michele, io ero quello che rincorreva le novità in continua uscita. Praticamente ho passato gli ultimi tre anni a ricercare e vedere quasi tutti i film citati nel libro (e a leggere i romanzi, i racconti o i fumetti originali).

Voi siete favorevoli alle libertà prese dal regista / sceneggiatore rispetto all’opera letteraria o ‘pretende’ massima fedeltà?

Michele Tetro: Esiste una storia ed esistono diversi modi di raccontarla, a seconda del medium utilizzato. Per me è molto interessante scoprire quanto “diverse” possano essere o diventare le storie nel passaggio tra narrativa e cinema. Non esigo quindi fedeltà assoluta nella trasposizione cinematografica di un libro o di un racconto ma non tollero che si possa in qualche modo tradire lo spirito originale dell’autore. Insomma, m’interessa vedere ogni tipo di adattamento di un personaggio come Dracula, giusto per citarne uno “generazionale”, di rinnovamento, di adeguamento coi tempi e di impiego di nuovi stilemi di fare cinema… ma deve comunque trattarsi di Dracula, non venire meno alla sua natura. Per intenderci, non ho affatto apprezzato il Dracula di Coppola, il vampiro innamorato che piace tanto al pubblico femminile, con sommo orrore di tutti quelli che me lo sentono dire (a parte forse Roberto).

Roberto Azzara: In linea di principio, sono d’accordo con Michele, riguardo al tradimento dello spirito originale dell’autore, ma non a livello assoluto. Per esempio, la maggior parte delle trasposizioni da Lovecraft c’entrano poco o niente con la poetica dell’autore, ma alcune sono estremamente divertenti. D’accordo con Michele anche riguardo al Dracula di Coppola (che avrebbe dovuto intitolarsi così, non “di Bram Stoker” …), posizione che normalmente ci attira l’ira dei fan. Non per niente la scheda relativa l’abbiamo scritta a due mani.

Quale pensate dovrebbe essere il giusto rapporto tra trasposizione e romanzo / fumetto alla base?

Michele Tetro: Non mi discosto da quanto detto sopra: libera inventiva, libera possibilità di sollevare nuove fascinazioni ma rispetto di base per quello che è lo spirito del racconto originale e del suo autore. Raramente un tradimento “sostanziale” della materia trattata ottiene un buon risultato, che è quasi sempre senz’altro inferiore rispetto a quello che sarebbe potuta essere una variazione sul tema non legata necessariamente a figure canoniche o impianti narrativi che hanno peculiarità fondamentali e non “trattabili”.

Roberto Azzara: Il regista firma il film, quindi può prendersi tutte le libertà che vuole. Sta poi al pubblico valutarne il risultato.

Cosa pensate degli scrittori horror passati dietro alla mdp (citerei Stephen King, Clive Barker, William Peter Blatty)?

Michele Tetro: Penso che ciascuno dovrebbe fare il lavoro che più gli compete. Dei tre nomi citati direi che King sia stato un disastro dietro la macchina da presa, nonostante l’affetto dei fan per il suo unico film Brivido. Barker ha quantomeno saputo foggiare un immaginario orrorifico che ha avuto buona presa sul pubblico. Blatty, che ha alle spalle una lunga carriera in veste di sceneggiatore, nelle sue due regia La nona configurazione e L’esorcista III mi è sembrato il più professionale e interessante dei tre.

Roberto Azzara: Ci sarebbe anche il nostro Pier Carpi ma i tre che hai citato sono delle leggende. Si potrebbe pensare che dirigere da sé le proprie opere sia garanzia di fedeltà e “autorialità”, purtroppo non è così. Come disse Barker, con il suo stile sempre misurato: “C’è un’enorme differenza tra scrivere e dirigere un film. La prima attività è come masturbarsi, lo fai da solo e lasci una macchia sulla carta, la seconda è come partecipare a un’orgia!”. Il senso del discorso è chiaro, a scrivere il romanzo sei solo tu e la tua tastiera mentre nella realizzazione di un film intervengono troppi fattori, non sempre preventivabili e controllabili. Barker partì col botto con Hellraiser, poi questi altri “fattori” (budget, produzione, censura) influenzarono la sua carriera da regista tanto da farlo smettere dopo tre film. Quella di King, di contro, si può dire che neanche sia partita. Un peccato, invece, che Blatty abbia diretto solo due film.

Quali sono i 3 migliori adattamenti per voi (cinema o TV), e perché?

Michele Tetro: Ecco la domanda che dopo aver avuto risposta sul momento è sempre passibile di inevitabili cambiamenti o ripensamenti successivi. Allora, di primo acchito rispondo che per me il miglior adattamento è Gli invasati di Robert Wise dal romanzo L’incubo di Hill House di Shirley Jackson. Questo è un caso di trasposizione su grande schermo fedelissima all’originale narrativo, senza libere interpretazioni o aggiunte autoriali da parte del regista, ma comunque decisamente rimarchevole, tanto che lo considero il mio film horror preferito. Più giocati sulle libere trasposizioni ma di indubbio fascino visivo e interesse narrativo sono La maschera della morte rossa di Roger Corman, dall’omonimo racconto di Poe, e La fortezza di Michael Mann, ben diverso dall’omonimo romanzo di F. Paul Wilson, senz’altro un film molto stilizzato e asciutto rispetto al libro ma di intrigante visionarietà. OK, allora adesso posso cambiarli e sceglierne altri tre?

Roberto Azzara: Di botto ti rispondo Gli invasati di Wise, Suspense di Clayton e La moglie di Frankenstein di Whale. I primi due, oltre a essere due capolavori fedeli al materiale di partenza, i romanzi L’incubo di Hill House di Shirley Jackson e Giro di vite di Henry James, sono dei perfetti esempi dell’horror che piace a me, quello dove l’ambiguità tra genuino evento soprannaturale e spiegazione razionale non viene risolta, lasciando la storia aperta ad ambedue le possibilità. Il terzo titolo, ovviamente ispirato all’opera di Mary Shelley, ha un valore particolare, essendo il primo horror che ricordo di aver visto da ragazzino: un film ricco d’inventiva (gli omuncoli sottovetro, i capelli a turbate della “moglie” della creatura) e ironia tipica del regista che mi colpì soprattutto per la rappresentazione della condizione di disperata emarginazione e solitudine della creatura.

E quali i 3 peggiori/più deludenti e perché?

Michele Tetro: Qui rispondo cumulativamente indicando i film tratti dall’opera di H. P. Lovecraft. Anche nel caso in cui possano essere divertenti (quelli diretti da Stuart Gordon e Brian Yuzna) quasi nessuno si è preoccupato di interpretare il pensiero dell’autore e il senso della narrativa lovecraftiana, preferendo impossessarsi di singole idee da trasformare poi sulla base di convenzionali criteri horror in linea con le mode del genere e del periodo. Il peggior affronto da fare a uno scrittore rivoluzionario come Lovecraft.

Roberto Azzara: Ragionando su quelli che mi sono piaciuti, mi è venuto in mente Haunting – Presenze, disastroso remake de Gli invasati dove l’inquietante magione di Hill House diventa una sorta di baraccone dell’orrore da Luna Park. Visti i nomi coinvolti, King e Carpenter, abbastanza deludente mi risultò Christine, la macchina infernale. Per ultimo metterei, ma non vorrei dare l’impressione di sparare sulla Croce Rossa, Dracula 3D di Argento, davvero inguardabile.

In definitiva, è sempre meglio il libro della sua trasposizione, come spesso si dice?

Michele Tetro: Senz’altro no. Sono due cose diverse, due media diversi, due approcci diversi a una stessa storia. Pensiamo solo a Shining, opera di Stephen King passata tra le mani di un genio del cinema come Stanley Kubrick … Il senso di I due volti del Terrore è anche respingere tale convinzione, solitamente accettata, che un film possa essere sempre peggio di un libro.

Roberto Azzara: No e poi no, assolutamente: ogni opera va giudicata all’interno del proprio medium.

Di seguito il trailer di IT di Andrés Muschietti, il cui sinistro Pennywise campeggia sulla copertina del volume:

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Published by
Alessandro Gamma