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Titolo originale: Operation Avalanche , uscita: 29-07-2016. Budget: $1,250,000. Regista: Matt Johnson.

Operation Avalanche | La recensione del film di Matthew Johnson

04/01/2017 recensione film di Alessandro Gamma

Il regista gira un found footage sull'ipotizzata messa in scena dello sbarco sulla Luna del 1969, che diventa intelligente satira

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The Dirties, il film di debutto di Matthew Johnson del 2013, applicava con coraggio l’abusato approccio del found-footage per raccontare la storia di uno shooter (nella doppia accezione inglese di ‘colui che filma’ e ‘colui che spara’) delle scuole superiori. Tenendo questo a mente, il suo nuovo lavoro, Operation Avalanche, ha obiettivi più tradizionali, ma conferma comunque la non scontata capacità del regista di tirar fuori materiale sorprendentemente coinvolgente da un dispositivo decisamente sovrautilizzato.

Basandosi su un mix di filmati d’archivio e riprese in studio, la pellicola è in sostanza una vivace commedia d’azione ambientata negli anni ’60 con al centro un paio di maldestri aspiranti registi assunti dalla CIA per inscenare il falso sbarco sulla Luna. Nonostante l’assurdità intrinseca di questa premessa, che gioca su una teoria complottista piuttosto in voga, Johnson riesce a catturare il clima unico di paranoia del periodo della Guerra Fredda, mantenendo al contempo il suo materiale divertente e veloce.

Operation AvalancheCome con The Dirties, il nuovo film vede Johnson calarsi nel ruolo del protagonista e usare il suo vero nome. Insieme all’amico Owen Williams (già co-star nell’opera del 2013), i due arrancano nell’oscurità in una missione senza meta per conto della CIA per dimostrare che Stanley Kubrick non è una spia. Nei primi minuti, in un granuloso bianco e nero, Johnson fa notare ai suoi imperscrutabili superiori che potrebbe/dovrebbe invece dedicarsi a un’operazione separata per rivelare l’identità di una presunta talpa russa che lavora alla NASA. Il prologo serve a evidenziare la capacità di Johnson di convincere facilmente attraverso i suoi rapidi ragionamenti gli altri dei suoi oltraggiosi progetti, e mentre le immagini cambiano formato video e si fanno colorate, il film riflette la sua eccitazione.

Con Johnson e Williams che vagabondano per le stanze dell’agenzia governativa responsabile del programma spaziale, interrogando diversi membri dello staff circa i rispettivi piani per far visita alla Luna, Operation Avalanche monta verso un colpo di scena cospirazionista che guida Johnson a una scommessa ancora più grande: comprendendo l’urgenza di battere i sovietici nella corsa al nostro satellite naturale, suggerisce che dovrebbero utilizzare le loro capacità registiche per realizzare una clamorosa messa in scena dell’evento. L’irrazionalità di questo scenario porta a una serie di momenti imbarazzanti esilaranti, specie quando Johnson filma il suo amico in tuta spaziale che saltella attraverso il deserto.

La conoscenza dei tempi comici del regista è così precisa che finisce diventare una subdola forma di depistaggio, visto che il suo lavoro comincia a rimanere avvolto nelle spire di un piano governativo che sottilmente spinge il film in territori più cupi. Essenzialmente una satira sugli oscuri piani che venivano elaborati all’apice della paranoia indotta dalla Guerra Fredda, Operation Avalanche si dipana un po’ come un mockumentary girato da Christopher Guest di Il dottor Stranamore, con un umorismo sfrontato diretto verso una corruzione genuina. Con l’incredibile accumularsi di rischiosissime idee, Johnson trasforma il suo personaggio in un’arma di satira potente.

Radunando vecchi filmati di propaganda e cinegiornali, il regista conferisce al periodo di ambientazione un impressionante livello di autenticità. Sottolineando un’epoca definita dalla dichiarazione del presidente J. F. Kennedy che gli americani sarebbero sbarcati sulla Luna entro la fine di quel decennio, Operation Avalanche si libra nel nervoso desiderio di raggiungere tale obiettivo prima che scadesse il conto alla rovescia e i suoi personaggi mantengono un idealismo tipico di quegli anni che pone le basi per un duro confronto con la realtà nell’atto finale. (In altre parole: Benvenuti negli anni ’70). La chiusura cinica è per ambiguità soltanto l’ultimo colpo da maestro.

Operation AvalanceAncora più notevole, la macchina da presa traballante mantiene sempre un orientamento spaziale, così che gli spettatori possano seguire ogni battito della trama nonostante le mutevoli prospettive. Ad esempio, durante una visita clandestina al set di 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, la telecamera nascosta non passa troppo tempo a inquadrare il soffitto o il pavimento (altre opere found footage usano invece quella delle riprese sciatte come una scusa). Più tardi, una sequenza di inseguimento in macchina superbamente tesa mantiene invece il suo slancio mentre il cameraman sferza avanti e indietro.

Avvincente in un senso più ampio, anche quando si sofferma sui suoi ingredienti più maldestri (le sequenze in cui la coppia prova lo sbarco sulla Luna sono un po’ faticose), Operation Avalanche riesce in generale ad attenersi alla sua scandalosa premessa. Sarebbe facile immaginare un trattamento inferiore per tale materiale in termini più convenzionali, tanto più che l’intero genere dei thriller comici è stato in gran parte trascurato negli ultimi anni. Con il suo ultimo lungometraggio, Matt Johnson lo resuscita con un contributo decisamente necessario.

Di seguito il trailer ufficiale di Operation Avalanche: