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Titolo originale: De vierde man , uscita: 23-03-1983. Regista: Paul Verhoeven.

Recensione Story | Il Quarto Uomo di Paul Verhoeven

05/05/2019 recensione film di William Maga

Nel 1983, il regista olandese presentava il suo provocatorio thriller cattolico, ineffabile viaggio simbolico all'interno della pazzia

Jeroen Krabbé in Il quarto uomo (1983)

Strano film Il Quarto Uomo (De vierde man), diretto dal regista olandese Paul Verhoeven (all’epoca noto per Il fiore di carne e Spetters), che arrivò in Italia nel 1983 circondato da un discreto alone di scandalo. Si potrebbe definirlo un thriller cattolico con Rivelazione (della Madonna) finale. Dentro al lungometraggio, infatti, c’è una tale accumulazione di simbologie, tabù e ossessioni mistico-religiose da lasciare stupefatti: il tutto condito con una abbondante dose di sesso ‘maledetto’ e da qualche divagazione sulla creazione artistica.

Sono evidenti la classe e il non comune talento visionario del cineasta 45enne dalle alterne fortune commerciali (il notevole Soldato d’Orange del 1977 non era infatti mai stato distribuito dalle nostre parti), anche se la domanda che sovviene spontanea dopo essere arrivati ai titoli di coda è la seguente: Paul Verhoeven ci crede davvero o, invece, ci fa? Crede davvero alla delirante immersione nella pazzia del protagonista o rielabora l’omonima novella gotica di Gerard Reve (tale è anche nella finzione il nome del personaggio principale, interpretato da Jeroen Krabbé) solo per allestire un esercizio di stile dal sapore surreal-orrorifico? Difficile rispondere.

il quarto uomo film posterMantenuto sul registro costante dell’allucinazione, Il Quarto Uomo parte con un incubo denso di presagi: sullo schermo appare, tra luci gialle e rossastre, un gigantesco ragno femmina che stende la sua tela su un crocifisso di legno. Chi sta facendo quel brutto sogno è uno scrittore bisessuale e alcolizzato, appunto Gerard Reve, che vive in una specie di casa-feticcio colma di immagini sacre e di riproduzioni in sedicesimo della Pietà michelangiolesca.

Disturbato e confuso, l’uomo immagina pure di strangolare con un reggiseno l’amichetto che vive con lui, ma poi cambia idea e se ne va a Flessinga, dove è stato invitato a tenere una conferenza dalla locale associazione culturale. Pessima idea. Nel treno che lo porta a destinazione, Gerard Reve continua ad avere orrende visioni: sangue, occhi sbuzzati, quarti di bue macellati, gabbiani assassini, chiavi che diventano pistole. Tra i viaggiatori, però, c’è una bella donna bionda con bambino che gli sorride. Alla stazione del paesotto olandese un’altra botta: ad attenderlo c’è un becchino e la corona di fiori, piegata male, rivela per un attimo il suo nome.

Le cose migliorano al dibattito: circondato da provinciali entusiasti, Reve gigioneggia a ruota libera, recita con voce suadente paradossi del tipo «Io mento la verità, ecco l’essenza della mia arte» e «La scienza è cattolica». La serata finirebbe lì se una maliziosa estetista, che l’ha spiato per tutto il tempo con una cinepresa super 8 non l’invitasse a cena a casa sua. I due finiscono a letto insieme, ma al risveglio lo scrittore è inchiodato da nuove fantasie di morte: annegamenti, castrazioni, cimiteri. Piccolo particolare, la donna, Christine (Renée Soutendijk), ha un punto insensibile nella schiena, proprio come le streghe. Insomma, è chiaro che quella femmina fatale custodisce qualche terribile segreto che Reve non tarderà a scoprire: prima di allora, lei aveva avuto tre mariti, tutti morti in circostanze misteriose. Chi sarà, dunque, il ‘quarto uomo’? Reve o il prestante amante della donna, che lo scrittore cerca a sua volta di concupire per puro gioco?

Renée Soutendijk in Il quarto uomo (1983)Fiammeggiante e misogino, Il Quarto Uomo dovrebbe teoricamente aspirare ad essere un viaggio simbolico all’interno della pazzia, e forse l’estrema testimonianza paranoica di un peccatore cattolico in un paese a maggioranza protestante. In realtà, pur tirando in ballo ascendenze sofisticate (dall’Alfred Hitchcock di Io ti salverò a Luis Buñuel, passando per Salvador Dalí, Ingmar Bergman e magari Stephen King), il film si sgonfia strada facendo, prigioniero delle proprie ossessioni estetiche.

E così, certe trasgressioni blasfeme (in una delle sue ricorrenti allucinazioni lo scrittore vede il giovane macho appeso, con uno slippino rosso, a una croce) finiscono col sembrare quasi delle q barzellette morbose, anche se Paul Verhoeven, sotto sotto, ha l’aria di prendere tutto piuttosto sul serio. Perfino l’apparizione salvatrice della Madonna, che suggella il trionfo — solamente in modo momentaneo — del Bene sul perfido ragno femmina che prima ama e poi divora. Ineffabilmente provocatorio.

Di seguito il trailer internazionale di Il Quarto Uomo, ancora inedito sul mercato home video italiano: