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Voto: 7/10 Titolo originale: Rambo: First Blood Part II , uscita: 21-05-1985. Budget: $44,000,000. Regista: George P. Cosmatos.

Recensione Story | Rambo 2 – La vendetta di George Pan Cosmatos (1985)

16/06/2019 recensione film di William Maga

A tre anni dal primo capitolo, Sylvester Stallone veniva catapultato in Vietnam in un film che - con un attacco frontale - illustrava sul grande schermo la teoria della 'coltellata alla schiena' ai soldati americani

Rambo II - La vendetta (1985) film

Era il giugno del 1985 quando nei cinema americani faceva il suo debutto trionfale Rambo 2 – La vendetta (Rambo: First Blood Part II) del regista George Pan Cosmatos, diventando in pochissimi giorni un fenomeno politico capace di insospettabili incassi record e di scatenare una vera e propria ‘rambomania’. Stroncato naturalmente dalla critica, il protagonista Sylvester Stallone, mattatore di questo secondo capitolo della saga, consumava così la sua vendetta al botteghino, in un modo che nemmeno i primi tre dedicati a Rocky Balboa erano riusciti a fare.

Rambo II - La vendetta (1985) poster“È il simbolo dello spirito americano”, proclama la pubblicità di Rambo dell’epoca. Lo impersona un Sylvester Stallone erculeo, incattivito dai torti e dai tradimenti subiti, sempre luccicante per il sudore, con pettorali e bicipiti da sollevatore di pesi esperto. Nel film inaugurale della serie del 1982, John Rambo, reduce dal Vietnam, combatteva una sua guerra personale contro civili e Guardie nazionali dello stato di Washington per protestare contro le ingiustizie sopportate dagli ex-combattenti. Per questo è finito a spaccar pietre in un penitenziario, dove lo troviamo all’inizio di Rambo 2 – La vendetta.

Il colonnello di Berretti verdi Samuel Trautman (Richard Crenna), che lo conosce e lo apprezza come la più straordinaria delle macchine da guerra, ne contratta la liberazione in cambio di una missione speciale in Vietnam. Rambo gli chiede: «Questa volta ci permetteranno di vincere?». È la chiave dell’intero film, riecheggiata da una battuta elettorale del presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan a un’assemblea di reduci. La guerra del Vietnam — è il sottinteso — finì come finì per il tradimento interno. Ciò che accadrà nelle successive sequenze sarà l’illustrazione su schermo della teoria della ‘coltellata alla schiena’ dei soldati.

La missione speciale consiste nel farsi paracadutare nottetempo in Vietnam per fotografare, in 36 ore, un accampamento dove si sospetta siano tenuti prigionieri alcuni militari americani dati per dispersi da anni. Solo fotografare, non menare le mani. Ma il capo della missione, un civile (Charles Napier), non crede che questi prigionieri esistano e, comunque, paventa le conseguenze politiche di una eventuale scoperta. Rambo però non resiste alla tentazione di entrare in azione quando scopre sei commilitoni rinchiusi gabbie di tigre infestate dai topi. Ne libera uno, lo trascina via aiutato da una ragazza vietnamita (Julia Nickson-Soul) – che è il suo contatto in zona -, fino al punto in cui l’elicottero amico dovrebbe prelevarlo.

Ma al momento in cui la salvezza i a portata di mano, il capo missione tira l’ennesima coltellata alla schiena del nostro eroe, ordinando al pilota di abbandonarlo al suo destino. Al campo base, in un violento scontro verbale con il colonnello Trautman, il capo missione spiega il perché del tradimento: il ritorno in America del prigionieri scatenerebbe un’agitazione per invadere di nuovo il Vietnam e i nord vietnamiti, nel 1972, hanno preteso un riscatto dì quattro miliardi e mezzo di dollari per restituire i prigionieri. La somma non è stata pagata ed è ancor meno probabile che venga pagata. Meglio dunque lasciar perdere Rambo.

Sylvester Stallone in Rambo 2Così Rambo finisce nelle mani di militari sovietici che lo torturano, fino al momento in cui, grazie all’aiuto della dolce vietnamita riuscirà a liberarsi e a sceneggiare una moderna versione degli Orazi e Curiazi nella giungla, che naturalmente sarà fatale agli innumerevoli inseguitori vietnamiti e sovietici.

L’Orazio americano perde la sua amazzone ma farà una carneficina dei nemici trafiggendoli con l’arco, sventrandoli con un kriss di salgariana memoria, spappolandoli con proiettili disintegranti, bruciandoli con un razzo-lanciafiamme, in una sequela di esplosioni che a mala pena sovrastano l’entusiasmo delle platee.

Rambo è per metà di sangue indio-americano e per metà di sangue tedesco. Per questo è infallibile con l’arco e guida l’elicottero come un asso dell’aviazione. Per questo si muove nella giungla come una tigre e in pari tempo padroneggia i più sofisticati gadget della tecnologia militar-cinematografica, ha una resistenza fisica incredibile e una spietatezza da killer.

Quando è nelle mani del nemico, le sue pene (perfino una crocifissione) rievocano quelle di Cristo. Quando combatte si cinge dell’aureola del giustiziere. Ha perfino un attimo di generosità finale, nel momento in cui potrebbe consumare la propria vendetta e invece risparmia, con disprezzo, il capo missione che lo ha tradito. E prima dell’inquadratura conclusiva del film, questo giustiziere che finora ha più grugnito che parlato, al colonnello che gli chiede cosa mai volesse, risponde con una certa difficoltà: “Voglio …  voglio … che questo paese ci ami come noi lo abbiamo amato!“. E il cerchio della ‘sindrome vietnamita’ si chiude.

Rambo II - La vendetta (1985)Dieci anni dopo la ritirata dal Vietnam, Rambo 2 – La vendetta ha avuto un clamoroso successo non soltanto per l’abilità con cui Sylvester Stallone (protagonista, sceneggiatore e praticamente anche regista) ha rievocato e sublimato i modelli di eroi cinematografici che hanno eccitato le platee: da Superman a James Bond ai mille protagonisti del western. John Rambo, questo John Wayne a torso nudo, è qualcosa di più e di diverso del supereroi che sterminavano gli indiani e le suonavano al giapponesi.

Quelle pellicole amplificavano, edulcoravano, glorificavano qualcosa che era accaduto realmente, anche se in modo più complesso e doloroso. Nell’opera di George Pan Cosmatos la fantasia non dilata ma stravolge totalmente la realtà. E dà voce a un bisogno di rivincita, al desiderio di liberarsi di una frustrazione.

L’America che se ne andava in sollucchero per le imprese di John Rambo sapeva benissimo com’era finita la tragedia del Vietnam, patendo peraltro in quelle settimane del 1985 il secondo dramma degli ostaggi, intuendo che anche il ‘massimo impero mondiale’ era diventato vulnerabile. In Rambo 2 – La vendetta si sente il tanfo del maccartismo. I vietnamiti e i sovietici — i ‘nemici’ — sono ridotti a marionette mostruose e l’eroe americano che li sconfigge è un’entità mitologica. È la personificazione stessa dell’esercito statunitense che non avrebbe potuto perdere — questo il messaggio — se non fosse stato tradito.

L’unica consolazione è che la più delirante fantasia di rivincita non può cancellare la realtà: i western celebravano
una vittoria, John Rambo compensa con le sue gesta una sconfitta ancora non digerita.

Di seguito trovate la scena del ‘Sono io che vengo a prenderti’ di Rambo 2 – La vendetta: