Voto: 6/10 Titolo originale: The Axe Murders of Villisca , uscita: 20-01-2017. Regista: Tony E. Valenzuela.
[recensione] The Axe Murders of Villisca di Tony E. Valenzuela
25/01/2017 recensione film The Axe Murders of Villisca di Sabrina Crivelli
Il film spreca l'occasione di narrare uno dei fatti più sinistri della storia americana per mettere in scena la solita casa stregata alla Amityville Horror
Il ritrito sottogenere della casa stregata con sinistra storia di omicidi potrà mai raccontare qualcosa di nuovo? Questo l’interrogativo che lo spettatore fiducioso si pone ogni volta che assiste a un film in cui il suddetto soggetto è scelto quale nucleo narrativo, ma per suo sommo scorno la risposta il più delle volte è un sonoro, e annoiato, “no!”. Purtroppo il responso non varia se in causa è chiamato The Axe Murders of Villisca di Tony E. Valenzuela (The Fourth Door) che, come il titolo ci fa subito intendere, è ambientato sulla scena di un celebre ed efferato delitto, una villetta nel mezzo dell’America a Villisca, per l’appunto, dove furono uccisi e dilaniati nel giugno del 1912 a suon d’accettate i sei membri della famiglia Moore, i genitori e quattro figli, oltre a due giovani ospiti; l’assassino non fu mai trovato. Certo il fatto di cronaca, potenziato dalla misteriosa scomparsa dell’autore del massacro, potrebbe essere un canovaccio perfetto su cui costruire una storia del terrore tinta di sangue, ma malauguratamente un ensemble mal congegnato di ambientazione contemporanea, teen drama e flashback poco armonizzati, determina l’ennesimo spreco di un’ottima possibilità.
La confusione si percepisce sin dai primi fotogrammi, l’ouverture, ancora prima dei titoli di testa, ci proietta nella fatidica notte del 9 giugno, mostrandoci un uomo reso folle da una non ben identificata cagione, che stermina tutti con un’ascia. Abbandonate repentinamente le mura insanguinate della casa maledetta, il contesto cambia sensibilmente in termini spazio-temporale, e vengono introdotti quelli che saranno i protagonisti dell’horror: un gruppo di teenager, liceali o poco più ovviamente problematici. In un breve preambolo, a sommaria introduzione sulle psicologie dei sovracitati, è tratteggiato nel suo ultimo giorno di liceo Caleb (Robert Adamson), solitario e dotato studente che ha commesso un imperdonabile errore, si scoprirà essere poco più in là una rapina con il padre e con diversi morti, di cui non riesce a perdonarsi. Poco dopo fa la sua comparsa Jessica (Alex Frnka), ragazza di città trasferita da Chicago nelle sperdute lande dell’Iowa, in una notte di bagordi viene ripresa mentre si concede a Connor ad una festa; ovviamente il filmato è pubblicato online e si diffonde tra gli studenti, determinando per la neo-arrivata una nomea non proprio lusinghiera. Coincidenza vuole che l’indelicato – per essere eufemistici – amante di lei sia al contempo il bullo che perseguita Caleb, quale migliore occasione di incontro tra due giovani animi travagliati? A completare il terzetto c’è il migliore amico di lui, Denny (Jarrett Sleeper), appassionato di paranormale che da tempo attende di visitare a Villasca il sito dove si consumò il terrificante omicidio multiplo e per quel pomeriggio ha pianificato un tour guidato per due. Nel tanto agognato viaggio si accoda, per la gioia del suo organizzatore, anche Jess all’ultimo momento, ma a causa della molesta nuova arrivata, il terzetto viene cacciato dalla visita guidata e decide di ritornare nottetempo per compiere le proprie esplorazioni in tutta calma.
Così, finalmente, veniamo traghettati dopo parecchio minutaggio, destinato a mal indagati drammi adolescenziali, alla meta ultima, ossia le peripezie all’interno della magione abitata da maligne presenze. Filiazione sfortunata del prototipo alla Amityville Horror, che dal 1979 ha inaugurato una lunga serie di remake e copie più o meno vicini all’adattamento dal libro di Jay Anson, anche qui la presenza di entità diaboliche implica la possessione di coloro che si trovano all’interno di un perimetro maledetto, tuttavia quivi tutto è maldestramente abbozzato e le origini del male, come il suo effetto, sono svelati in maniera tanto farraginosa da non riuscire a strutturare alcun senso di angoscia o terrore. Anzitutto, non è assolutamente indagato il motivo per cui il reverendo Kelly, ovvero colui che si crede essere l’autore della strage degli anni ’10, ad un certo punto inizi a trucidare i suoi accoliti; parrebbe sempre un’antica entità maligna a costringerlo, ma la natura e le origini della stessa sono del tutto trascurate.
Inoltre, è grottesco, e non volontariamente, l’iter di possessione di Jess, Caleb e Danny, raggiunti poi da Connor e da Rob, disturbati da una foto pubblicata su Instagram dei primi due abbracciati. Infatti, dopo una sorta di regressione nei momenti più oscuri della loro esistenza, un trip indotto dalla presenza sovrana assetata di morte, tutti ad alternanza ammattiscono e sono colti da un irrefrenabile istinto omicida o suicida. Dunque assistiamo alle visioni di ciascuno, giusto per conferire un piglio emotivo, uno rivive la notte in cui decise di derubare un supermercato con lo scellerato genitore e in cui quest’ultimo fu ucciso insieme al proprietario; l’altra rievoca invece la vergogna per il video pubblicato e il pubblico ludibrio conseguente; il terzo, infine, ricorda i genitori morti in un incendio, per cui sente terribile nostalgia. Insomma, ognuno ha una ferita aperta che permette alla tenebra di farsi strada nel suo cuore, spunto anche non privo di fascino, ma concretizzato malamente con una poco organica alternanza di passato e presente, nonché con una altrettanto poco credibile performance di coloro che vi sono sottoposti. A ciò si somma, imperdibile incongruenza, la possessione il più delle volte va e viene senza motivo, arbitrariamente, unico segnale che ci indica il ritorno in sé del soggetto è il cambiamento degli occhi, da corvini alla Black Eyed Kids a normali. Si tratta della somma di momenti spettacolari, che tuttavia non risultano disturbanti, ma sconnessi, poco coesi tra di loro e inseriti in un’impalcatura priva di atmosfera orrorifica, In ultimo, a rendere lo sviluppo ancora più dubbio c’è la comparizione tra fasci di luce, quali deus ex machina a in versione spettrale, di due delle vittime, entità non maligne ma imprigionate loro malgrado in quel luogo di sofferenza.
Deludente l’epilogo, come tutto il percorso diegetico che ad esso conduce, The Axe Murders of Villisca ha rimaneggiato un fatto denso di mistero senza alcuna arte, banalizzandolo oltremodo e, invece di mettere in scena gli omicidi e fantasticare su cosa abbia mosso al misfatto e sia poi accaduto al killer, colloca la storia ai giorni nostri rendendola così solo l’ultima di tante pellicole tutte simili.
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