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Voto: 6/10 Titolo originale: The Basement , uscita: 14-09-2018. Regista: Brian M. Conley.

The Basement | La recensione del film di Brian M. Conley e Nathan Ives

17/09/2018 recensione film di Sabrina Crivelli

Cayleb Long e Jackson Davis (più Mischa Barton) sono gli inadeguati protagonisti di un thriller da camera senza ritmo su un serial killer dalla personalità multipla che scimmiotta malamente Split

The Basement 2018- 1

Difficile è con un ridottissimo cast, un paio di location e un budget limitato riuscire a creare un thriller capace di suscitare il giusto livello di tensione o di paura. In questi frangenti, quando le risorse sono poche, l’avvicendarsi dei luoghi, degli eventi e degli attori, oppure il ricorso continuativo a effetti pirotecnici è impossibile, quindi tutto si gioca sulla sceneggiatura, sull’inventiva nella messa in scena, sulla performance degli interpreti. A volte il risultato è illuminante, poiché la totale libertà sopperisce alla scarsità di pecunie; altre – fin troppo spesso – è al contrario deludente … Quest’ultimo è proprio il caso di The Basement, scritto e diretto dall’esordiente Brian M. Conley e da Nathan Ives (A Christmas in New York), che non riescono a concretizzare l’intuizione iniziale assai promettente con una degna resa finale.

Il film si apre con una coppia felice; è una normale serata e Kelly Owen (Mischa Barton) chiede al marito Craig (Cayleb Long) di andare a comprare al negozio all’angolo della strada lo champagne. L’uomo esce, si dirige al solito posto, acquistato il beveraggio, esce a fumare una sigaretta, ma a quel punto uno sconosciuto (Jackson Davis) lo stordisce, lo carica in macchina e lo porta via! Questo è il conciso preambolo a una sorta di lungo torture drama da camera, girato in un seminterrato immerso nella penombra, in cui il sequestrato e il suo carceriere dialogano per l’intera durata. Le uniche interruzioni al flusso verbale? Qualche tortura perpetrata dal secondo a scapito del primo e – di tanto in tanto –  una sequenza in cui si vede la moglie preoccupata poiché il coniuge non torna. Trovata piuttosto stimolante, il rapitore con chiari problemi di dissociazione mentale ogni dieci / quindici minuti circa si palesa vestito in modo differente e sfoggia una diversa personalità.

L’idea alla base della trama di The Basement ha del potenziale, non v’è dubbio, e non necessita per forza di particolari risorse. Un (bel) po’ come in Split di M. Night Shyamalan però, buona parte dello sviluppo e della suspense discende dalla capacità dei protagonisti di trasmettere un plausibile senso d’angoscia per la vittima, di follia per il suo aguzzino. Nel thriller soprannaturale del 2016 era la notevolissima interpretazione di James McAvoy nei panni di uno schizofrenico che sequestrava tre ragazzine, le più che discrete Anya Taylor-Joy, Haley Lu Richardson e Jessica Sula a fare gran parte del lavoro. Purtroppo, lo stesso non si può dire per il duo al centro del film di Brian M. Conley e Nathan Ives.

Da una parte, difatti, il ritmo è già di per sé decisamente meno cadenzato del suddetto, dacché i tentativi di fuga sono pressoché inesistenti e invece di tre prede ce n’è solamente una, peraltro legata a una sedia; dall’altro, il cuore stesso del film, ovvero lo scambio di battute tra Bill, lo psicopatico, e Craig è davvero deludente. Certo il copione non aiuta, ma gran parte della responsabilità è dell’inespressivo Cayleb Long (Interference), che non comunica il palpabile terrore di chi è in pericolo di vita, e soprattutto del vero fulcro del – mancato – pathos: Jackson Davis (Deserted). Quest’ultimo dovrebbe essere la colonna portante del dramma e del crescendo, invece risulta quasi grottesco quando lo vediamo palesarsi con l’ennesimo improbabile travestimento ai limiti del ridicolo, passando da clown a poliziotto, da medico ad avvocato, da detenuto ad addirittura donna, infine a prete confessore.

La struttura, ovvero il fatto che ognuno di questi personaggi riveli una parte del mistero, è intelligente, ma la sua messa in atto attraverso la recitazione del suo unico interprete è assolutamente insufficiente. A sua – parziale – scusante va detto che si tratta di una prova attoriale davvero ardua per molti.

Ci sono tuttavia anche alcuni lati positivi in The Basement. Nello specifico, un paio di sequenze davvero toste che ravvivano per il crudo sadismo il flusso costante altrimenti piatto di parole. Dalle dita tagliate con dovizia di particolari a medicazioni caserecce con dettaglio sulla siringa che buca la pelle, fino a una succosa scena con una fiamma ossidrica in cui è seguito da vicino l’effetto ustionante che questa ha sulla pelle, la visione viene in parte risollevata, comunque non certo abbastanza da gridare all’inatteso miracolo.

In ultimo, quando il dilungarsi del film ha probabilmente condotto lo spettatore nel bel mezzo della fase REM, un’imprevista svolta e un colpo di scena sullo scadere irrompono felicemente, ma ormai la maggior parte del danno è fatto.

Poco accattivante a causa di una regia piatta, per la carenza quasi totale di azione e per i dialoghi tediosi in generale, The Basement non può che farsi ricordare (?) quasi esclusivamente per essere un clamoroso rip-off di Split privato però del suo lato soprannaturale e soprattutto di un parco attori degno di tale nome in grado di reggere con le proprie interpretazioni una sceneggiatura non esattamente facile.

Di seguito trovate il trailer: