Voto: 5/10 Titolo originale: Subservience , uscita: 15-08-2024. Budget: $4,400,000. Regista: SK Dale.
Subservience: la recensione del film sci-fi di S.K. Dale con Megan Fox versione androide impazzito
09/10/2024 recensione film Subservience di Gioia Majuna
Regista e attrice si ritrovano per un B-movie difettoso, ma nel suo piccolo divertente e attuale

Non molto tempo fa, robot e Intelligenze Artificiali, automi e droidi – sia come entità amichevoli che maligne – appartenevano a un futuro lontano e sconosciuto (ricordate quando i vecchi film di fantascienza spesso annunciavano un anno attorno al 2000 come un’epoca distante, tramite una schermata con impressa la data?), e non erano altro che fantasie futuristiche o profezie tecnofobiche.
Ma è evidente che con il progresso tecnologico quotidiano, alcune di queste fantasie sci-fi futuristiche siano ora niente meno che contemporanee.
In questo contesto si inserisce allora il secondo lungometraggio di S.K. Dale, Subservience (dove Dale ritrova Megan Fox, già protagonista del suo Till Death del 2021), che tratta principalmente di preoccupazioni molto attuali riguardo allo ‘stato dell’arte’ dell’umanità in rapporto con la I.A., ricco di dilemmi che fanno riflettere, sia in termini di timori (per l’occupazione della nostra specie) che di attrazione (per la benevolenza del comfort).
Il film – girato a Sofia, in Bulgaria, che gioca la parte di una città del Midwest americano – si apre con Nick (Michele Morrone), un marito affettuoso e padre devoto che, dopo che sua moglie Maggie (Madeline Zima) viene ricoverata in ospedale a causa di un cuore debole ed è in attesa di un trapianto, visita un’esposizione di tecnologia all’avanguardia e viene convinto, in parte dalla sua giovane figlia Isla (Matilda Firth), ad acquistare un fembot per il servizio domestico (Fox) per occuparsi della casa e dei bambini (compreso il piccolo Max) durante l’assenza della madre.
Tuttavia, come sottolineano sin dall’inizio il lavoro di regia paziente e lento di Dale, insieme alla colonna sonora spettralmente ambientale di Jed Palmer, questo seducente modello di I.A. (commercializzato come un modo per “semplificarti la vita”, o come spiega lei stessa più tardi, per “proteggere il suo utente primario”) finirà per far precipitare questa accogliente e familiare casa in una situazione caotica.
La sofisticatissima tata, chiamata Alice in onore del libro preferito di Isla, Alice nel paese delle meraviglie, è progettata specificamente per imitare le emozioni umane, ma presto non solo passa dall’obbedienza e dalla gentilezza alla dominanza e alla ribellione, ma soprattutto sviluppa sentimenti di attrazione sessuale ossessiva per Nick e successivamente un profondo odio verso Maggie e i bambini.
Questo, ovviamente, mette la famiglia in un pericolo mortale, mentre Nick si trova anche ad affrontare problemi lavorativi come capocantiere, quando viene deciso di sostituire molti dei lavoratori con un gruppo di SIM hi-tech.
Nei dettagli, tutto questo può sembrare una trama già vista, e le complicazioni narrative e i conflitti prevedibili possono alla lunga logorare la curiosità degli appassionati.
Tuttavia, ciò che mantiene l’opera distopica di Dale – un thriller fantascientifico a combustione lenta – al livello di un’opera concettualmente intrigante e sinistra è il suo controllo nel plasmare una tensione costante sotto lo strato visivamente attraente del film.
Subservience riesce a tenere gli spettatori costantemente interessati, non tanto alla domanda “cosa succederà”, ma piuttosto “come succederà“. Sebbene le interpretazioni degli attori, in particolare quella di Morrone, che in alcuni momenti sembra una versione ‘rigida’ di Oscar Isaac, risultino piuttosto statiche, questo è in parte giustificato all’interno del quadro tecnetronico del film, legato al tema della robotica.
E in questo contesto, la spesso contestata Mega Fox risulta particolarmente impressionante, spingendo la sua consueta immagine da femme fatale glaciale verso il regno dell’androide letale senza espressioni facciali. Proprio la sua performance – ritagliata ad arte – è quella che porta sulle spalle gran parte del peso di Subservience.
Al cuore di Subservience, troviamo così una produzione economica ma competente (con alcune sequenze con effetti visivi spettacolari) e un approccio audace ed eclettico – per esempio, nonostante il concept generale ricordi titoli recenti con robot impazziti come M3GAN, la scena clou in ospedale evoca molto più facilmente Terminator 2.
In modo piacevole, il film richiama quindi alla mente le semplicità spensierata e adrenalinica dei B-movie da videoteca degli anni ’80 e ’90e, di fatto, è proprio questo tipo di film che risulta disperatamente necessaria nel panorama cinematografico attuale: prodotti meno simili al parto di una Intelligenza Artificiale, meno guidati dagli algoritmi, e benedetti dai fan con tutti i loro pur evidente difetti, per la libertà e l’immaginazione dell’ingegno creativo umani.
Di seguito trovate il trailer internazionale di Subservience:
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