Sophie Wilde è la tormentata protagonista di un'opera prima capace di rielaborare con sagacia il sottogenere delle sedute spiritiche
Stringere una mano dai poteri soprannaturali e parlare coi morti, anzi, arrivare a esserne perfino posseduti? Talk to Me, horror della A24 presentato in anteprima al Sundance Film Festival 2023 e debutto alla direzione di un lungometraggio dai fratelli Danny e Michael Philippou (gli YouTuber noti come RackaRacka), rielabora in maniera scaltra il repertorio legato a sedute spiritiche e tavolette Ouija varie sostituendolo con un sinistro arto dalla dubbia provenienza ricoperto di scritte e riesce così a creare la giusta suggestione. Anche se, soffermandoci sui, diversi aspetti non collimano del tutto.
Talk to Me si apre con due grandi amiche, Mia (Sophie Wilde) e Jade (Alexandra Jensen), che guardano insieme una serie di video online in cui vengono immortalati gli effetti di quelle che sembrano vere e proprie possessioni. Subito dopo le ragazze, insieme al fratellino della seconda, Riley (Joe Bird), vanno ad una festa dove – caso vuole – uno dei loro amici è in possesso proprio della mano imbalsamata che funge da ‘portale tra i mondi’ e propone di cimentarsi in una ardita prova di coraggio.
A turno in molti decidono di provare, stringono il portentoso tramite spiritico ed esclamano il ritualistico ‘Parla con me!’, seguito da ‘Ti lascio entrare!’. Anche Mia accetta la sfida, un po’ per dimenticare che è l’anniversario della morte della madre, un po’ perché cerca di farsi accettare dal gruppo che non la guarda di buon occhio, e rimane elettrizzata dall’esperienza inspiegabile.
Via via però che gli adolescenti si alternano nel gioco estremamente pericoloso e aprono il varco con l’Aldilà, qualcosa inizia ad andare storto, infrangono le regole ineluttabili del rituale e le forze sovrannaturali sprigionate dall’evocazione decidono di arrabbiarsi.
Al contrario, l’horror di Danny e Michael Philippou indaga l’oscura fenomenologia dei travagli interiori che si fondono con il paranormale, ma che al contempo rimangono sospesi nei meandri della psicosi del soggetto che ne è turbato.
In modo comparabile a Babadook di Jennifer Kent allora (i produttori sono, non casualmente, gli stessi qui), gli aspetti superficiali e stereotipati del demoniaco sono per lo più messi da parte per concentrarsi invece sulla parabola psicologica dei suoi personaggi, in particolare di Mia.
Questa volta però, l’epicentro del terrore non è il lato oscuro non della maternità, ma del lutto e della perdita di un genitore molto amato in tragiche circostanze.
Partendo da questo presupposto, Talk to Me gioca così sulla sua ricerca di una risposte edificante per sopportare un dolore annichilente, quello che porta Mia a un’apatia costante.
Quando le viene fornito un minimo appiglio, anche se palesemente nel luogo sbagliato, lei ci si aggrappa senza esitare. La complessa parabola del personaggio sospeso tra muta disperazione e mal riposta speranza, la sua estrema fragilità, ne spiegano alcune ingenuità forse troppo marcate, prima tra tutte la rielaborazione semplicistica della morte della madre e il rapporto con il padre.
E forse proprio per questa componente fortemente emotiva, lo sviluppo di Talk to Me risente inoltre di una certa lentezza nella sua parte centrale, soprattutto se paragonato a horror psicologici recenti come Smile di Parker Finn (la recensione), che giocava ugualmente sul sottile confine tra paranoia e paranormale.
Tuttavia, l‘interpretazione magnetica e laconica di Sophie Wilde ci fa soprassedere sul ritmo a volte erratico e sulle piccole incoerenze o leggerezze nella sceneggiatura di Talk to Me, incluse quelle che concernono regole e dinamiche del rito e delle possessioni, a volte involute o contraddittorie.
Detto ciò, è innegabile che in diversi passaggi la tensione sia invece palpabile in Talk to Me, soprattutto quando entrano in gioco le forze sovrannaturali che comunicano con i protagonisti durante e dopo le evocazioni.
La loro rappresentazione è verace ed estremamente ansiogena, un po’ come quella delle minacciose entità che inseguivano senza requie Maika Monroe e i suoi amici in It Follows David Robert Mitchell (il nostro dossier). Oscurità fantasmatiche e atmosfere purgatoriali acuiscono la sensazione di pericolo incombente. Alcune scene poi, come quelle con reiterati atti di autolesionismo, risultano parecchio cruente e scioccante, regalandoci brividi insperati.
Buono dunque nelle intenzioni e nella costruzione del giusto clima, senza però ricorrere a facili scorciatoie, Talk to Me è non solo un notevole debutto alla regia per Danny e Michael Philippou, ma anche uno dei pochi titoli horror decenti dell’anno.
Di seguito trovate una scena di Talk to Me, nei nostri cinema dal 28 settembre: