Voto: 6/10 Titolo originale: Temple , uscita: 01-09-2017. Regista: Michael Barrett.
Temple | La recensione del film (quasi) j-horror di Michael Barrett
01/06/2020 recensione film Temple di Sabrina Crivelli
L'opera d'esordio del direttore della fotografia di 'Ted' attinge a piene mani dai cliché della tradizione del J-horror, ma smarrisce tutto il suo orrore lungo la via
Singolare e confusionaria rivisitazione americanizzata del J-horror, Temple, diretto dall’esordiente Michael Barrett e scritto da Simon Barrett è un’annacquata silloge di cliché, priva pressoché del tutto di gore o di tensione e sfilacciata nella struttura.
Al centro della storia, piuttosto elementare come impianto, troviamo un trio di americani: la bella studentessa universitaria Kate (Natalia Warner), che decide di visitare il Giappone per delle ricerche per la sua tesi di laurea in Religioni Comparate, lo stereotipatissimo fidanzato James (Brandon Sklenar), avvenente e superficiale, e la sua antitesi, il migliore amico d’infanzia di lei, il problematico, sensibile e intellettualoide Christopher (Logan Huffman), che sta affrontando la drammatica perdita del fratello morto suicida. Tutti i personaggi principali sono pressoché maschere, le loro psicologie definite con l’accetta, fermandosi a una sorta di mediocre e latente triangolo amoroso con annesse gelosie. Molti sono d’altro canto i dubbi che lascia lo sviluppo della trama, anzitutto il fatto che la protagonista scelga come oggetto di studio niente meno che un semi-sconosciuto tempio maledetto, in cui un cinquantennio prima sono deceduti un gruppetto di bambini in misteriose e funeste circostanze e che è estremamente difficile da trovare.
Non solo, a definire la collocazione geografica esatta del fosco Shinto Shrine, la cui esistenza è stata scoperta in un libello scritto a mano in lingua e comprato in un negozio di souvenir – su cui si è fissata la ragazza, non si capisce nemmeno bene il perché -, non è una qualche meticolosa indagine, bensì uno strano colpo di fortuna: Christopher, riesce a farsi dare l’indirizzo dal proprietario di un bar in cui s’imbatte durante le sue peregrinazioni solitarie notturne. La scoperta è anticipata dal bizzarro incontro con un sinistro bimbetto – chiunque avesse familiarità con i nipponici fantasmi infantili alla Ju-on: Rancore avrebbe subito inforcato la porta senza pensarci due volte … -, che compare improvvisamente alle sue spalle e che dichiara di essere stato lasciato solo a gestire quello che sembra un piccolo antiquario.
Giusto per acuire il senso di minaccia, lungo la via per la nefasta destinazione finale, si succedono poi una silloge di strambi individui che paventano tremende sventure, ovviamente inascoltati: prima un ubriaco impiccione, incontrato nel sopracitato bar, veduto il manoscritto, sconsiglia vivamente Christopher di andare alla ricerca del tempio che “rende folli”, poi, nel villaggio sottostante al funesto luogo di culto, un vecchino palesemente disturbato farnetica di gente che dal suddetto è tornata letteralmente con “gli occhi in mano”, mentre la vecchietta che li ospita narra loro della scomparsa dei ragazzini. Infine, ricompare dal nulla davanti a Christopher il bambino incontrato nel negozio – evento palesemente assurdo, l’idea è probabilmente quella di creare dubbi sulla sua stabilità mentale, ma la riuscita è dubbia – che lo esorta a lasciare il tempio prima della discesa delle tenebre (giusto per essere fantasiosi).
Siamo su per giù a metà del minutaggio e l’articolata premessa, la costruzione di quella che dovrebbe essere l’aura spaventevole della futura destinazione dei tre sventurati turisti, è un insieme di trovate tanto scontate e ingenue da stupirci quasi, soprattutto se pensiamo che, almeno in termini di sceneggiatura, Simon Barrett dovrebbe avere una certa esperienza (si ricordano quantomeno gli script di You’re Next e di episodi delle antologie horror V/H/S 1 e 2). Tuttavia, pare che abbia deciso di selezionare una vasta gamma di luoghi comuni, peraltro tutti abbozzati malamente, per poi infarcire l’antefatto di Temple, persuaso, non si capisce bene su quali basi, di creare così la giusta suspense.
Il vero problema però non è nemmeno questo: se il percorso che ci conduce nel luogo maledetto è delineato in maniera dilettantesca, il culmine degli eventi è perfino peggio. Rimasti bloccati – ovviamente – dopo il calar del sole nel Shinto Shrine per un incidente occorso a un membro della spedizione, le sequenze che dovrebbero essere davvero orrorifiche si limitano a sconnesse corse nei boschi alla The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair (Simon Barrett ha sceneggiato tra l’altro Blair Witch di Adam Wingard) e in cunicoli bui, tutte all’insegna di riprese disturbate e avvolte dalle tenebre, ogni tanto frastagliate da qualche inaspettato bagliore che mostra qualche dettaglio in teoria spaventoso.
Le creature mostruose s’intravedono altresì a malapena, gli inseguimenti sono banali, già visti e poco coinvolgenti, oltre che fin troppo confusionari per creare un reale senso di angoscia. D’altra parte le apparizioni fantasmatiche sono talmente scontante nella loro estetica, come nel loro operato, da generar solo sbadigli. A ciò si somma in ultimo che non si vede nessuna scena di violenza, niente sangue, nemmeno particolari effetti speciali, insomma non esiste nulla che possa suscitare l’interesse dello spettatore. Si aggiunge, ulteriore nota di demerito, una strampalata cornice, che vede ex post Christopher parlare a un agente nipponico affiancato da un traduttore, che – se ce ne fosse bisogno – evidenzia ancor più la scarsità degli scambi verbali.
Parco debutto, quindi, per Michael Barrett dietro alla macchina da presa, Temple si rivela l’ennesimo tentativo fallito di incursione americana nell’immaginario horror giapponese, come d’altra parte era successo per il recente e altrettanto brutto Jukai – La Foresta dei Suicidi di Jason Zada (la nostra recensione); forse meglio sarebbe desistere.
Di seguito il trailer di Temple:
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