Home » Cinema » Horror & Thriller » The Elixir: la recensione del film di zombie indonesiano di Kimo Stamboel (su Netflix)

Voto: 6.5/10 Titolo originale: Abadi Nan Jaya , uscita: 22-10-2025. Regista: Kimo Stamboel.

The Elixir: la recensione del film di zombie indonesiano di Kimo Stamboel (su Netflix)

23/10/2025 recensione film di Marco Tedesco

Un horror viscerale e adrenalinico, che trasforma l’ossessione per l’eterna giovinezza in un incubo di sangue, famiglia e follia collettiva

the elixir film horror 2025

The Elixir, diretto da Kimo Stamboel e scritto insieme ad Agasyah Karim e Khalid Kashogi, è un horror indonesiano che dimostra come il cinema di genere possa ancora scuotere anche quando non innova. In streaming su Netflix, il film parte da un’idea semplice: un elisir di eterna giovinezza scatena una pandemia di non morti. Ambientato in un villaggio nei pressi di Yogyakarta, segue una famiglia che gestisce un’azienda di rimedi erboristici, la Wani Waras Herbal, dove il patriarca Sadimin (interpretato da Donny Damara) sperimenta su sé stesso una pozione miracolosa. L’effetto è immediato: il corpo ringiovanisce, il volto si tende, la vitalità rifiorisce — ma dopo pochi minuti la pelle si corrode, gli occhi si velano e la fame di carne umana prende il sopravvento. Da lì, l’inferno.

A sopravvivere e combattere ci sono la figlia Kenes (Mikha Tambayong), suo fratello Bambang (Marthino Lio), l’ex marito Rudi (Dimas Anggara), la matrigna Karina (Eva Celia) – un tempo migliore amica di Kenes – e il piccolo Raihan (Varen Arianda Calief). Accanto a loro troviamo Ardit Erwandha e Claresta Taufan nei panni di una giovane coppia, Rahman e Ningsih, che si ritrova travolta dal contagio nel giorno di una cerimonia di villaggio. Tutti i personaggi finiscono presto divisi, dispersi e costretti a collaborare per sopravvivere, in un racconto che alterna legami familiari e azione incessante, portando il dramma domestico dentro il caos del contagio.

L’elemento più riuscito di The Elixir sta nella messa in scena fisica e dinamica: Kimo Stamboel, già noto per “The Queen of Black Magic” e “DreadOut”, costruisce sequenze d’assedio e fuga con un senso di spazio e ritmo che valorizza la concretezza dei luoghi. Gli zombie sono velocissimi, feroci, e realizzati con trucco prostetico e effetti pratici firmati da Astrid Sambudiono e Albasirun Ucok, capaci di dare corpo a un orrore viscerale e tangibile. L’idea che la pioggia mandi i morti in uno stato di trance è un’intuizione brillante che spezza la monotonia e introduce un nuovo elemento alla mitologia del genere: acqua come tregua, ma anche come minaccia sospesa.

La regia alterna campi lunghi sulle risaie e drone shot che osservano dall’alto la provincia devastata, con interni bui e fragili dove il legno e il fango diventano prigioni. L’uso del sonoro – colpi sordi, respiri, lamenti in lontananza – e la musica di Fajar Yuskemal amplificano l’angoscia. Stamboel costruisce momenti di tensione notevole, come la sequenza del gruppo in tenuta antisommossa intrappolato tra due ondate di zombie: puro cinema fisico, montato da Fachrun Daud con ritmo martellante. La fotografia di Patrick Tashadian gioca su toni caldi e piovosi, accentuando la sensazione di sudore e rovina.

the elixir film netflix 2025Dal punto di vista tematico, The Elixir è una parabola semplice ma efficace: sfidare la natura, cercare l’eterna giovinezza, è un peccato che si paga con la decomposizione. I conflitti familiari – tra generazioni, classi e interessi – si fondono con l’orrore biologico, trasformando la casa in laboratorio e campo di battaglia. Non manca un accenno di critica sociale: l’avidità di Sadimin e il miraggio del denaro facile che muove i figli rimandano all’idea di una società che mercifica tutto, anche la vita. Ma il film evita il sermone: preferisce raccontare attraverso azione e sangue, lasciando che i gesti dicano più delle parole.

Certo, quasi due ore di durata pesano: The Elixir dilata la fuga e ripete schemi, specie nella seconda metà, dove l’adrenalina si trasforma in resistenza. Alcune sottotrame – il triangolo familiare, la tensione con la matrigna, il passato di Ningsih e Rahman – restano accennate, sacrificate alla corsa contro il tempo. Ma la tensione non cala mai del tutto, e quando il film si lascia andare al puro caos, con corpi che esplodono, pareti che cedono e volti che si sciolgono, tocca una brutalità quasi catartica.

Il cast funziona: Mikha Tambayong cresce nel corso della storia, passando da figlia viziata a sopravvissuta determinata; Eva Celia è magnetica nel ruolo di Karina, una figura ambigua e coraggiosa; Marthino Lio e Dimas Anggara portano carisma e ironia; Donny Damara è spaventoso e tragico nel doppio ruolo di padre e mostro. Tutti, anche i personaggi secondari e gli zombie, contribuiscono a un universo coerente e fisico, dove la fatica e il calore sembrano filtrare dallo schermo.

In definitiva, The Elixir è un horror che non reinventa, ma perfeziona. Derivativo nei presupposti, ma costruito con mestiere, cuore e una sensibilità locale che lo distingue dai cloni occidentali. È cinema del corpo, della corsa e del collasso, dove il contagio diventa specchio delle ossessioni moderne: l’eterna giovinezza, l’avidità, l’incapacità di comunicare. E se dopo la visione resta addosso più la fisicità del fango che la profondità delle metafore, forse è proprio quello il suo merito: riportare lo zombie movie alla sua essenza materiale, sporca e umana.

Di seguito trovate il trailer internazionale (con sottotitoli inglesi) di The Elixir, a catalogo dal 23 ottobre:

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