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Voto: 4.5/10 Titolo originale: Until Dawn , uscita: 23-04-2025. Budget: $15,000,000. Regista: David F. Sandberg.

Until Dawn: Fino all’alba, la recensione del film horror di David F. Sandberg

25/04/2025 recensione film di William Maga

Peter Stormare è tra i protagonisti dell'adattamento confusionario dell’iconico videogioco, che perde coerenza e tensione in un loop di cliché

Ella Rubin in Until Dawn - Fino all'alba (2025)

L’adattamento cinematografico di Until Dawn parte da una sfida ben precisa: tradurre un videogioco dei PlayStation Studios che già nasceva come “film interattivo”, nel quale la struttura a bivi e la possibilità di influenzare la trama e la sopravvivenza dei personaggi rappresentano il cuore dell’esperienza.

Tuttavia, la versione filmica diretta da David F. Sandberg (Lights Out) e co-scritta da Gary Dauberman (la saga di Annabelle) fallisce nel dare un senso coerente a questa impostazione, smarrendo sia la coerenza interna sia la capacità di coinvolgere lo spettatore.

Uno dei problemi fondamentali del film risiede nella mancanza di regole chiare e costanti, elemento cruciale sia nei videogiochi che nei film horror. Se le regole possono essere perfino ingiuste o opache, la loro incoerenza mina però qualsiasi senso di tensione: il pubblico, infatti, rischia di sentirsi manipolato da una narrazione che muta arbitrariamente registro, minando così il patto narrativo di base.

Until Dawn (2025) film posterIl risultato è un collage di cliché del cinema horror assemblati senza un disegno preciso: streghe, demoni invisibili, fantasmi, maniaci mascherati, wendigo e altre creature che si avvicendano come addobbi di Halloween, in un carosello visivo che sacrifica la logica narrativa sull’altare della varietà forzata.

L’assenza di autoironia o consapevolezza trasforma poi Until Dawn in una facile preda per la parodia, rievocando le dissacrazioni di Quella Casa nel Bosco nei confronti del genere.

Ad ogni modo, la storia si incentra su Clover (Ella Rubin), una giovane che, un anno dopo la scomparsa della sorella, si mette sulle sue tracce insieme a un gruppo di amici. Dopo l’inevitabile deviazione verso una stazione di servizio sperduta, il gruppo si rifugia in un centro di accoglienza abbandonato dove trova indizi inquietanti: una clessidra gigante, un registro firmato ripetutamente dalle stesse persone e il volantino della sorella scomparsa. Dopo che i protagonisti vengono uccisi da una presenza minacciosa, si risvegliano però nello stesso punto, costretti a rivivere quella notte e a morire in nuovi modi a ogni ciclo.

Questa struttura a loop temporale, che richiama sia il videogioco sia modelli classici come Ricomincio da Capo, diventa però presto uno sterile meccanismo: la sceneggiatura cambia costantemente le regole della situazione, alternando spiegazioni possibili (una clessidra magica, i poteri del misterioso personaggio di Peter Stormare, una maledizione o una qualche sorta di “trauma”) senza mai svilupparne una in modo convincente.

Di conseguenza, la ripetitività delle morti e la totale assenza di conseguenze reali per i personaggi svuotano di senso anche le uccisioni più truculente: le morti perdono peso perché i protagonisti sembrano apatici, spesso disinteressati persino alla propria sopravvivenza, pronti ad abbandonarsi a patti suicidi piuttosto che cercare risposte.

Sul piano visivo e registico, Sandberg dimostra un certo mestiere nel costruire alcune sequenze horror e sfrutta con intelligenza luci e spazi negativi per orchestrare i jumpscare, ma si affida troppo a ritmi prevedibili e a una ripetizione monotona delle stesse soluzioni. L’effetto è quello di un ottovolante privo di reale suspense, in cui i “colpi di scena” diventano facilmente intuibili e i riferimenti ai luoghi simbolo del gioco – dall’ospedale psichiatrico ai disastri minerari – restano appena abbozzati, semplici fondali più che motori della trama.

Il cast, composto principalmente da giovani interpreti anonimi, risulta poco caratterizzato e incapace di dare vita a dinamiche credibili, in netto contrasto con la varietà relazionale dell’originale videoludico. L’unica vera presenza di rilievo è Peter Stormare, che riprende il ruolo del dottore del VG, ma il suo contributo si limita a monologhi criptici che aggiungono ulteriore confusione senza offrire spiegazioni soddisfacenti.

Nel complesso, Until Dawn: Fino all’alba sembra quindi soffrire di una profonda indecisione sul proprio tono e sulla propria identità, oscillando tra l’omaggio disorganico al videogioco, la raccolta di “spaventelli” scollegati, e una riflessione mai compiuta su temi come lutto, perdita e legami affettivi.

Il risultato è un’esperienza caotica e generica, priva sia dell’innovazione narrativa del medium di partenza sia della minima originalità richiesta a un horror efficace.

Di seguito trovate il full trailer italiano ad Until Dawn: Fino all’alba, nei nostri cinema il 24 aprile: