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Voto: 5/10 Titolo originale: V/H/S/HALLOWEEN , uscita: 19-09-2025. Regista: Anna Zlokovic.

V/H/S Halloween: la recensione dell’antologia horror in 5 parti

21/10/2025 recensione film di William Maga

Un prodotto ormai più stanco che spaventoso, che porta il found footage all’eccesso: urla, sangue e ironia pop, ma poca vera paura

VHS Halloween film 2025

Il franchise di V/H/S/, nato nel 2012 come esperimento di horror antologico in stile found footage, aveva introdotto una formula che sembrava perfetta per il nuovo millennio: brevi storie girate in soggettiva, firmate da registi diversi, legate da un fil rouge visivo e tematico. L’immediatezza della videocamera amatoriale, l’effetto di autenticità e la natura episodica lo resero un cult tra gli appassionati di cinema del terrore.

Tuttavia, con V/H/S/Halloween, ottavo capitolo della saga, quella che un tempo era un’idea rivoluzionaria mostra crepe evidenti: il format non spaventa più, ma intrattiene – e non sempre nel modo giusto.

Il film, distribuito da Shudder per la stagione di Halloween, raccoglie cinque cortometraggi collegati da una cornice narrativa firmata da Bryan M. Ferguson. In Diet Phantasma, un’azienda sperimenta una bibita “posseduta” da spiriti infernali durante test di assaggio condotti da volontari, in una satira sul consumismo che unisce ironia e disgusto. È un’idea visivamente efficace, ma ripetitiva: ogni test culmina in esplosioni di sangue e smembramenti, senza vera evoluzione drammatica.

Tra i corti principali, Coochie Coochie Coo apre la raccolta con una storia di due adolescenti che, troppo grandi per il “dolcetto o scherzetto”, vengono perseguitate da una misteriosa entità materna conosciuta come “The Mommy”. Il tema dell’adolescenza che rifiuta l’età adulta è interessante, ma la messa in scena si appoggia su urla e movimenti convulsi, annullando la tensione a favore dell’eccesso visivo.

Segue Ut Supra Sic Infra, diretto da Paco Plaza, creatore di REC. È l’episodio più solido e cinematografico: un’indagine della polizia su una casa infestata si trasforma in una spirale di possessioni e orrore rituale. La struttura a flashback e la recitazione controllata offrono respiro e ritmo, ma anche qui il finale si perde in un mare di rumore visivo, cancellando il potenziale drammatico.

Fun Size di Casper Kelly, invece, si muove tra grottesco e comicità macabra. Un gruppo di ragazzi ignora il classico cartello “uno per persona” su una ciotola di caramelle e finisce in un incubo industriale popolato da macchine antropomorfe e dolci sanguinanti. È l’unico segmento che osa spingersi oltre la formula del found footage, trasformandosi in un delirio surreale che mescola umorismo e orrore con gusto pop.

Con Kidprint di Alex Ross Perry si ritorna a un realismo più inquietante. Ambientato nei primi anni Novanta, rievoca la pratica di registrare videocassette identificative per i bambini, in caso di rapimento. È un episodio minimale, ma anche il più disturbante, perché mette a nudo paure concrete e quotidiane senza ricorrere al soprannaturale. L’orrore nasce dalla realtà stessa e dal potere corrotto dell’immagine registrata, richiamando il fascino sinistro delle prime videocamere domestiche.

Chiude Home Haunt, in cui un padre ossessionato dalle decorazioni di Halloween costruisce un’attrazione casalinga tanto spaventosa da oltrepassare i confini del reale. È un racconto tenero e amaro sull’ossessione e sulla perdita del legame familiare, ma anch’esso cede alla deriva dell’urlo e dell’eccesso visivo.

Nel complesso, V/H/S/Halloween conferma i limiti di una saga che, pur avendo rilanciato il found footage, sembra ormai prigioniera della propria formula. L’uso della videocamera tremolante, un tempo simbolo di autenticità, è diventato manierismo: tutti corrono, gridano, inquadrano male, e l’effetto shock sostituisce la vera paura. Ciò che nei primi capitoli era sperimentazione, oggi appare ripetizione.

La forza della serie risiedeva nella capacità di alternare tensione e calma, di lasciare allo spettatore il tempo di temere ciò che non vedeva. In V/H/S/Halloween, invece, ogni pausa è annullata da un montaggio ipercinetico che appiattisce l’esperienza sensoriale. Il risultato è un’antologia rumorosa, visivamente satura, che preferisce l’assalto all’immaginazione.

Eppure, nonostante le sue debolezze, la saga conserva un valore simbolico: offre spazio a nuovi registi, sperimentazioni e linguaggi, mantenendo vivo un laboratorio creativo nel panorama horror contemporaneo. Ma per tornare davvero a far paura, V/H/S/ dovrà imparare di nuovo a tacere, a rallentare, a lasciare che la videocamera tremi non per il caos, ma per l’emozione.

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