Voto: 7/10 Titolo originale: Wonder Woman , uscita: 30-05-2017. Budget: $149,000,000. Regista: Patty Jenkins.
Wonder Woman: la recensione del film di Patty Jenkins, con la supereroina Gal Gadot
03/12/2019 recensione film Wonder Woman di Alessandro Gamma
I due attori sono gli affiatati protagonisti di un cinecomic che punta sulla leggerezza a scapito dell'originalità, riuscendo però a elevarsi dagli altri film del DCEU
Avete presente Indiana Jones (Arca Perduta o Ultima Crociata, non ha importanza), Bastardi Senza Gloria, Captain America – Il primo Vendicatore e 300? Bene, allora grossomodo avete un’idea piuttosto precisa dell’ambientazione ‘fuori dal tempo’ in cui si muove Diana Prince (Gal Gadot) nel primo film solista dedicato a Wonder Woman (le cose da sapere). Aggiungeteci un cattivo umano che diventa ‘super’ inalando un misterioso gas alternativo al siero del supersoldato e un uber-villain, Ares, che ricorda molto da vicino il Magneto degli X-Men e capirete che se siete in cerca di originalità, il nuovo film DC/Warner diretto da Patty Jenkins (Monster) non è quello che fa per voi.
La vicenda si apre nella Parigi dei giorni nostri, dove Diana – che lavora al museo del Louvre – riceve direttamente dalle Wayne Industries una valigetta contenente l’originale di una vecchia fotografia (la stessa già vista in Batman v Superman) e un messaggio di Bruce Wayne che le riportano alla mente l’infanzia e la sua ‘venuta’ nel mondo degli uomini nel lontano 1918. Parte quindi un primo flashback, direttamente all’infanzia della giovanissima principessa delle Amazzoni sulla mitica e ‘invisibile’ isola di Themyscira, abitata da sole donne.
La regina Hippolyta (Connie Nielsen), sua madre, oltre a tenerla all’oscuro della sua natura divina, prova in tutti i modi a dissuadere Diana, unica bambina presente nei paraggi, a rimanere lontana dalle armi e dalla dura preparazione seguita invece da tutte le altre Amazzoni, ma la piccola è testarda e così alla fine cede a farla addestrare direttamente dal severo Generale Antiope (Robin Wright).
Un giorno però, la barriera protettiva dell’isola viene squarciata dall’improvviso ingresso nello spazio aereo di un velivolo da guerra che precipita presto in mare. Diana osserva la scena dalla scogliera, tuffandosi rapida al salvataggio del pilota, che scopre essere il Capitano Steve Trevor (Chris Pine). Dopo pochi istanti però, sbucano anche le navi tedesche che erano sulle sue tracce, che ingaggiano una dura lotta sulla spiaggia con le Amazzoni accorse nel frattempo alla loro vista, rendendo così nota alla futura eroina la presenza di una Grande Guerra che sta devastando il mondo esterno, portando alla morte di milioni di innocenti.
Nonostante le titubanza della madre, Diana decide così di abbandonare il suo rifugio dorato – ovviamente dopo aver preso lo scudo, la spada ‘ammazzadei’ e il lazo della verità – e partire con Trevor alla volta del fronte, sicura che il conflitto sia causato dal malvagio Ares, dio della guerra che instilla l’odio e il disaccordo negli uomini, nonché sicura che la sua sconfitta segnerebbe la fine delle ostilità e il ritorno alla pace. Dopo essere passati da Londra per radunare un gruppetto di uomini fidati (tra cui Saïd Taghmaoui e Ewen Bremner), la squadra parte così alla volta del Belgio, dove deve trovare il Generale Erich Ludendorff (Danny Huston) e neutralizzare la sua arma definitiva, un terribile gas in grado di annientare qualsiasi forma di vita creato dalla scienziata pazza – e sfregiata – Dott.ssa Maru (Elena Anaya).
La Diana portata sullo schermo per la seconda volta dalla Gadot è il vero (unico?) punto di forza del film, straordinariamente bella e carica di una forza tanto pacata quanto incrollabile. Quello che la rende ancora più accattivante è che sembra assolutamente incosciente di quanto sia avvenente.
E’ decisamente più ingenua, idealista e pura rispetto alla donna matura e pienamente consapevole dei propri mezzi e del mondo conosciuta lo scorso anno, ma porta comunque sulle spalle l’onere di affrontare le tragedie della Grande Guerra con grazia e con la determinazione di rendere le cose migliori.
Non c’è mai un momento in cui la bellezza o la femminilità di Diana vengano utilizzate come meccanismo spiccio per portare avanti la trama. Certo, i maschietti che incontra non lesinano commenti ispirati sul suo aspetto, ma questa venerazione non le dà nessun tipo di vantaggio. È anzi la sua incrollabile convinzione la forza trainante del racconto. Anche quando si trova inevitabilmente davanti a una situazione in cui è stata etichettata come “soltanto una ragazza” senza alcun contributo significativo da poter dare, riesce a dimostrare quanto queste supposizioni ‘maschiliste’ – o retrograde – siano sbagliate. Soprattutto, lo fa senza malizia.
Il Trevor interpretato da Pine, cinico e stanco del mondo, serve invece sia da controparte comica a Diana – i siparietti sdrammatizzanti sono molti durante i 121′ di durata e quasi tutti simpatici – sia come voce della ragione per la ragazza. Pur avendo alcune buone battute e una backstory personale, la prova dell’attore losangelino – che anche qui, dopo Star Trek, dimostra una passione per le corse ad alta velocità in moto – viene un po’ eclissata da quella assoluta di Gal Gadot. Nonostante sia letteralmente una dea, Diana tratta inoltre il capitano Trevor come un suo pari, e non si avverte lo squilibrio di potere che di solito c’è nel risultare l’interesse amoroso di un supereroe.
Un’altra testimonianza della grande vena della Gadot, che trasmette tutte queste emozioni con un semplice sorriso o col movimento di un sopracciglio. Trevor possiede tuttavia una forza nascosta, di quelle forgiate tra le fiamme della guerra. Anche se un po’ arrugginita, Diana riesce infatti a riportare a galla la sua scorza altruista, così come pure per l’eterogenea – e naturalmente multirazziale – squadra di ‘bastardi’ messa in piedi per la missione speciale (impossibile non pensare al film di Quentin Tarantino quando si infiltrano oltre le linee nemiche).
Se i due protagonisti ‘buoni’ sono caratterizzati in modo piuttosto ineccepibile, altrettanto non si può certo dire tuttavia per la coppia di cattivi, il Generale Ludendorff e la Dott.ssa ‘Veleno’, a loro in qualche modo speculari, descritti in maniera davvero troppo stereotipata e superficiale, senza il minimo spessore o carisma. Lo stesso compito degli eroi è esageratamente semplice e fumettistico (nella sua accezione più infantile): fare il Bene. Come in ogni cinecomic che si rispetti, ci sono persone cattive che fanno cose cattive, e Wonder Woman deve fermarle, crescendo evidentemente personalmente lungo la strada.
L’aver deciso di optare per un film meno cupo e tragico, anche visivamente, rispetto alle precedenti pellicole del DCEU – come dimostrato anche dai 20′ iniziali ambientati nella rigogliosa e coloratissima Themyscira -, se da un lato porta una ventata di salutare freschezza, dall’altro rende quasi inappropriate le sequenze in cui vengono mostrati gli aspetti più tragici della guerra (nello specifico mutilati e orfani), che appaiono buttate dentro giusto perché non se ne può non parlare vista la situazione, ma senza la necessaria gravitas.
Come accennato in apertura, l’atmosfera generale finisce infatti per ricordare più quella di un film della Disney (non Marvel) o della Lucasfilm degli anni ’80 (sorvoliamo sulle evidenti similitudini con il primo Captain America …), un’allegra ucronia – abbastanza fedele alle origini raccontate nel fumetto, ma assolutamente implausibile storicamente e mitologicamente – dove i valori in campo sono netti e non c’è spazio per comportamenti ambigui e sfaccettature. Un altro problema sono i combattimenti, che – sebbene credibili nella loro in-credibilità – sono affetti da un abuso del green screen e della CGI, cui si somma l’utilizzo smodato dei rallenty tanto cari a Zack Snyder accompagnati dai riff di chitarra elettrica che stonano assolutamente col contesto di inizio ‘900 (ma calzano perfettamente con il mood ‘spartano’).
La resa dei conti finale conferma infine che quando si tratta di far scontrare due super-esseri, cercare qualcosa di alternativo allo scagliarsi addosso carri armati o darsi pugni che ti fanno volare per decine di metri senza causarti il minimo taglio (vedi L’Uomo d’Acciaio) è impresa improba per gli sceneggiatori.
In definitiva, non c’è dubbio che la regista Patty Jenkins abbia affrontato con competenza la rappresentazione di un supereroe femminile capace di essere un vero leader carismatico in scena per oltre 2 ore. Non viene sacrificato in alcun modo il lato femminile di Diana, né la sua femminilità viene messa in discussione. Il suo essere donna non è la sua sola motivazione, piuttosto è un eroe potente e ispiratore che casualmente è donna. Dopo tutto l’hype, e l’altrettanto forte delusione, di pellicole come Batman v Superman e Suicide Squad, Wonder Woman rappresenta – con moderazione – un cambiamento che fa ben sperare per il non semplice film corale della Justice League.
Ah, un po’ a sorpresa, non sono presenti scene extra dopo i titoli di coda.
Di seguito il trailer ufficiale italiano di Wonder Woman:
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