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Dossier | Rosso Natale, il cinema horror delle festività: gli anni ’90

26/12/2020 recensione film di Jayenne

Un decennio che tira il freno sulle produzioni a tema, limitandosi soltanto a tre titoli, peraltro nemmeno passati dai cinema

jack frost film

Anni ’90: Anche i pupazzi di neve hanno sete di sangue. Giunti a questo nuovo decennio, dopo aver esplorato anni ’70 e anni ’80, da dire c’è sorprendentemente ben poco. Non sono infatti stati prodotti molti horror a tema natalizio, anzi, una tendenza che non ha toccato gli altri sotto-filoni del genere (citiamo giusto i grandi successi di Scream, The Blair Witch Project, Dracula di Bram Stocker, Il Sesto Senso, Tremors Misery non deve morire). In ogni caso, cercheremo di offrire la consueta panoramica, cercando anche di capire e analizzare le motivazioni di tale sterilità produttiva.

Il 18 novembre del 1997 esce direttamente in home video negli Stati Uniti Jack Frost, commedia horror low budget rimasta inedita in Italia, scritta e diretta da Michael Cooney. Ha sviluppato presto un seguito nutrito di fan, proprio per essere il primo slasher ad avere per protagonista un pupazzo di neve assassino (oltre che per gli effetti speciali dozzinali e le ridicole scene di morte). La vicenda narra la storia di Jack Frost appunto (Scott MacDonald), un terribile psicopatico che terrorizza la cittadina fittizia di Snowmonton, ma viene catturato dalla polizia.

La settimana prima di Natale però, il furgone su cui viaggia Jack in direzione carcere va però a sbattere contro un altro mezzo che trasporta una sostanza misteriosa frutto di esperimenti genetici. Causa la copiosa neve e la scarsa visibilità, l’impatto tra i due veicoli è molto forte e quella sostanza finisce per inondare completamente il killer, che solo apparentemente muore, sciogliendosi. In realtà il suo sangue ormai mutato si è fuso con il liquido misterioso, creando una sorta di creatura che racchiude sempre l’indole dell’assassino ma ha l’aspetto di un innocuo pupazzo di neve.

La storia – evidentemente debitrice del Chucky di La Bambola Assassina – di per sé è piuttosto assurda, ma ci sono molti momenti in cui non accade proprio un bel nulla, risultando quasi noiosa per lo spettatore. Sequenze come la valanga mortale o quella della doccia riescono tuttavia a colpire nel segno, facendo rivalutare la pellicola agli amanti dello splatter più puro. Una horror comedy in definitiva godibile, che di certo non spicca per intelligenza, ma che fa trascorrere 90 minuti tutto sommato in modo diverso.

Da segnalare il debutto qui – in panni molto succinti – di Shannon Elizabeth, che diverrà famosissima un paio di anni dopo grazie ad American Pie. Nel 2000 lo stesso Conney si occuperà di Jack Frost 2: revenge of a Mutant killer Snowman, dove ritroveremo il nostro pupazzo di neve assetato di vendetta verso coloro che lo hanno arrestato. D’altra parte, se è vero che la neve si può sciogliere … può anche ritornare al suo stato solido! Nonostante la presenza nel cast di un Doug Jones agli albori del sodalizio con Guillermo del Toro, questo sequel non spicca di certo per il lato tecnico o la recitazione, ma Jack sa come arrivare al cuore dello spettatore appassionato di B-movie con scene davvero azzeccate come quella del party trasformato in massacro o i suoi primi omicidi.

Come dicevo in apertura, non c’è molto altro da segnalare, se non il meta-horror Santa Claws del 1996, scritto e diretto da John Russo e realizzato con appena 40 mila dollari, in cui un ragazzo trova la propria madre a letto con un uomo che indossa un cappello Babbo Natale e decide di ucciderli entrambi. Passano gli anni e lui (Grant Kramer) si convince di essere proprio Babbo Natale sviluppando una vera ossessione per Raven Quinn (la scream queen Debbie Rochon), un’attrice di film horror erotici, iniziando a tormentarla. Di per sé, il film – uscito naturalmente soltanto in home video – punta sulle scene di nudo per tenere alta l’attenzione, visto che il budget risicato congela gli attori in performance quasi amatoriali.

L’idea di affrontare un argomento come quello dello stalking violento e della faccia nascosta della celebrità è comunque interessante e, pur non essendo certo all’altezza di altri titoli dei decenni passati, Santa Claws si lascia guardare, specie se ci accontentiamo del quantitativo esiguo di slasher natalizi prodotti in questo periodo.

Chiudiamo allora la scarna panoramica con Satan Claus, frutto ella co-produzione tra Italia e Stati Uniti, uscito sempre nel 1996 e sempre in VHS diretto da Massimiliano Cerchi. Nel film, un Babbo Natale posseduto da un’entità maligna viene controllato mentalmente da una donna che lo ha colpito con un rito vudù, che lo costringe a massacrare persone innocenti in maniera casuale per poi usare pezzi dei loro corpi per abbellire il suo albero di Natale. Praticamente irreperibile e debitore di Natale di sangue del 1984, può contare su una fotografia (di John Gilgar) piuttosto approssimativa – sembra quasi che non sapessero dove posizionare le luci nelle varie scene – e la storia poi è piuttosto piatta, con dialoghi nemmeno troppo decenti e un finale assai confuso.

Insomma, poco più di un’ora di accozzaglia di brandelli da serie Z, una vera pellicola amatoriale che sfocia nel trash più o meno volontario. Il regista, con la sua casa di produzione ultra indipendente Round Entertainment, ha prodotto diversi lungometraggi a budget quasi zero, realizzati direttamente in video e venduti poi in VHS per posta. Questo Satan Claus rappresenta il suo secondo lavoro, la cui trama – personaggi e omicidi compresi – ha più di un punto in comune con un fumetto italiano del 1990 chiamato Black Jack e in particolare con una storia natalizia in esso apparsa dal titolo ‘Tanti auguri da Babbo Natale’.

Visto che abbiamo toccato l’argomento, qualcuno magari si chiederà se esistano film horror italiani legati al Natale. Se è vero che in Profondo Rosso di Dario Argento (1975) appare, disegnata e dal vivo, la celebre conifera addobbata, è forse L’ultimo treno della notte di Aldo Lado (curiosamente sempre del 1975) l’unica pellicola riconducibile a questo contesto festivo. Considerato – giustamente – tra i titoli più crudi e scioccanti degli anni ’70, importa nella penisola il sottogenere rape & revenge, di cui L’ultima casa a sinistra di Wes Craven (1972) è forse il più celebre rappresentante. Il film di Lado – che vanta un’atmosfera inquietante ostruita anche grazie alle musiche del maestro Ennio Morricone – narra di due giovani ragazze che partono da Monaco in treno direzione Verona per trascorrere le feste natalizie con le rispettive famiglie, ma che incontreranno due tipi poco raccomandabili e una signora alquanto strana … l’inizio per loro di un terribile incubo.

profondo rosso natale introIn Argentina, Canada, Germania e in Italia il film fu vietato ai minori di 18 anni e addirittura nel Regno Unito fu bandito. Se non lo possedete già nella vostra collezione, è stata editato in DVD dopo molti anni di latitanza nel 2011, comprensivo di alcune interviste al cast.

Non è semplice capire il perché dopo due decenni senza dubbio forieri di soddisfazioni, la produzione degli anni ’90 si sia limitata a così pochi titoli horror natalizi e soprattutto di così scarsa qualità. Si potrebbero additare la mancanza di idee dignitose, la difficoltà nello stare al passo con gli effetti speciali, o più semplicemente la mediocrità generalizzata dei titoli slasher del periodo, almeno fino al fatidico 1996, anno di uscita nei cinema di Scream, film capace di rilanciare tutto il filone.

Come vedremo, la situazione infatti migliorerà parecchio nel successivo decennio.

continua …