Visita al Parco Walt Disney Studios di Parigi (parte II)
09/11/2016 news di Martina Morini
Si chiude il nostro giro tematico, tra meraviglie della tecnica e live-show
Finito un primo giro esplorativo all’interno del Art of Disney Animation, il nostro percorso continua attraverso le altre attrazioni: meno coese e “filmiche”, queste vorrebbero dare l’idea di trovarsi in un enorme set cinematografico, in cui le postazioni dovrebbero fungere da varie scenografie, ma risulta piuttosto un insieme di diverse esperienze senza un filo conduttore. Se si abbandonano le velleità di critici, però, e ci si vuole semplicemente divertire, allora il parco svolge perfettamente la sua funzione. Va detto a onor del vero che in origine la Walt Disney Feature Animation volle uno studio satellite in ogni parco a tema nel mondo, quest’ultimo era situato proprio dove oggi sorge il Disney Studios e prima di essere eliminato, collaborò alle lavorazioni di produzioni famosissime come La Sirenetta, il Re Leone e Pocahontas. Tuttavia il complesso ha ormai perduto la sua funzione originaria. Strutturalmente molto ampio, questo si estende su una superficie di 270.000m² ed è suddiviso in 4 zone: Front lot, Toon studio, Production courtyard e Backlot. Il Front lot comprende l’ingresso, con una piazzetta in cui si trova la fontana dedicata al film Fantasia, e lo Studio 1, un capannone con varie boutique e negozi tematici con ambientazioni che ricordano la Hollywood anni ’50. Usciti dalla passeggiata si accede al Toon studio che comprende varie attrazioni ispirate a personaggi dei film Disney e Pixar come Aladdin, Alla ricerca di Nemo, Cars, Toy Story (con un playground dedicato) e Ratatouille. Per lo più si tratta di montagne russe, giostre rotanti et simili per grandi e bambini, come detto in precedenza consistono solo in un vago riferimento tematici al cartone animato, nulla di più.
Abbiamo voluto provare il percorso al chiuso di Ratatouille, che si trova in una deliziosa piazzetta stile parigino e riproduce fedelmente la facciata del ristorante dove cucinava Remy. All’ingresso vengono consegnati un paio di occhiali 3D, poi si sale su dei topi-vagoncini e l’intento dell’esperienza è quello di catapultarti nelle cucine del cartone animato, in veste di roditore non ben accetto, quindi ci si ritrova a scappare per i cunicoli del ristorante onde evitare di farsi catturare. Questo è un ottimo esempio di proiezioni tridimensionali, tendenza recentemente in voga anche nelle produzioni cinematografiche che escono nelle nostre sale. In effetti il vagone è fermo o sobbalza appena ma sembra veramente che si muova e che mani frenetiche cerchino di afferrarti in ogni momento.
Dopo tale avventura tridimensionale, ci siamo diretti nell’area denominata Production Couryard, dove subito si nota la Twilight Zone Tower of Terror, un edificio che si sviluppa verticalmente e vuole rappresentare un vecchio hotel abbandonato dentro cui si cela il portale per la quinta dimensione. L’attrazione si basa sul celebre telefilm di stampo fantascientifico degli anni ‘50-‘60 che vanta Ray Bradbury tra i suoi sceneggiatori. La “zona d’ombra”, quella senza spazio e senza tempo, è qui che si perdono le tracce degli sfortunati avventori. Il tutto avviene su un ascensore, dove ti fanno prendere posto raccomandandosi di allacciare le cinture. Per chi, come me, non se lo aspetta è abbastanza traumatico, si sale di un piano e una volta aperte le porte si assiste alla scena di alcune persone che vengono risucchiate dal portale interdimensionale. Dopo una veloce salita e una pausa che dura massimo 5 secondi, si precipita letteralmente verso il basso, 60 metri di puro terrore, il tutto continua per altre due volte togliendo il fiato ad ogni giro. Se siete amanti del brivido, in tutti i sensi, allora lanciatevi in quest’avventura al cardiopalma.
Proseguendo la nostra visita abbiamo voluto provare lo Studio Tram Tour, un percorso su un trenino che porta dietro le quinte dei set cinematografici e che intende spiegare alcuni segreti degli effetti speciali, il tutto guidato dalla voce di Jeremy Irons. Dopo un breve tragitto in cui si vedono riproduzioni di vari aerei usati per Pearl Harbor e Dinotopia, nulla di realmente utilizzato in precedenza su un set purtroppo, si giunge in quello che sembra il fianco di un canyon, in cui si trovano un estrattore di petrolio e un camion abbandonato. Per mostrare al pubblico come vengono realizzate le scene con pirotecnici effetti speciali, viene simulata dapprima un’esplosione, con tanto di fuoco, poi un’inondazione. Si viene letteralmente investiti da 276 litri d’acqua, con una forza che riuscirebbe a lanciare un uomo a 100 metri di distanza. Il tutto ovviamente tenendo in sicurezza gli spettatori. Tornando alla partenza si passa per dei grandi posteggi dove si possono ammirare le macchine realmente utilizzate per vari film. Troviamo le auto d’epoca di Pearl Harbor, alcune vetture utilizzate per La Carica dei 101 e altre ancora. Nel complesso l’esperienza a mio parere potrebbe essere gestita meglio, con più memorabilia e informazioni – o scoop – più accattivanti della semplice didattica sugli effetti speciali e sulla creazione dei vari costumi. Peccato perché potenzialmente sarebbe davvero interessante.
Da ultimo ci siamo recati nel Back Lot, per provare l’attrazione a tema Armageddon. Nel pre-show, un filmato, presentato da Michael Clarke Duncan (Bear nel film), spiega la storia degli effetti speciali e ci annuncia che saremo noi i protagonisti del remake della scena 85 A del film. Infatti veniamo condotti nella riproduzione della stazione spaziale Mir. Quando si chiudono i portelloni, apprendiamo dallo speaker che stiamo per venire inondati da una pioggia di meteoriti. Man mano che il pericolo si avvicina, subiamo dei danni, cedono pezzi della struttura e si accendono svariati allarmi. Il tutto, con l’aggiunta di vari scossoni, diventa sempre più verosimile, per arrivare al gran finale in cui prende fuoco il centro della stazione e le fiamme vive appaiono nella stanza. Se si pensa che gli attori di film di azione devono sottoporsi a scene del genere, in cui anche se si è in sicurezza potrebbe sempre succedere qualcosa, si comprende appieno l’utilità degli stuntman.
Con quest’ultima esperienza si è concluso il nostro viaggio, ne usciamo sicuramente arricchiti in merito alle varie tecniche di animazione e alle realizzazioni degli effetti speciali, ma con anche molta insoddisfazione perché questo parco avrebbe davvero molto potenziale e avrebbe potuto, se meglio sfruttato, regalarci molto di più.
© Riproduzione riservata