Home » TV » Sci-Fi & Fantasy » Alice in Borderland (stagione 1): la recensione della serie giapponese di Netflix

Voto: 7/10 Titolo originale: ???????? , uscita: 10-12-2020. Stagioni: 2.

Alice in Borderland (stagione 1): la recensione della serie giapponese di Netflix

02/01/2021 recensione serie tv di Gioia Majuna

Il regista Shinsuke Sato dirige la versione live action del manga fanta survival scritto da Haro Aso, un adattamento esagerato con molti difetti e qualche pregio

Alice in Borderland serie netflix

Sono passati più di 150 anni da quando Lewis Carroll ha dato alle stampe Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie, ma tracce di quella storia, originariamente raccontata come mera ‘distrazione’ temporanea, si possono trovare ancora oggi un po’ ovunque, coi suoi personaggi, gli eventi o le singole citazioni diventati ormai parte integrante della nostra cultura pop. In Giappone, in particolare, si trovano non di rado riferimenti in anime e manga che ne attingono a piene mani, come Serial Experiments Lain, Angel Sanctuary o Miyuki nel paese delle meraviglie. Per non parlare poi della serie Alice nel paese delle meraviglie, trasmessa nella seconda metà degli anni ’80, che ha ampliato i libri non esattamente mastodontici dello scrittore britannico fino a oltre 50 episodi per la TV. Un’opera(zione) molto divertente, anche se aveva poco a che fare con l’originale. E ora è il turno della serie in live action Alice in Borderland (今際の国のアリス Imawa no kuni no arisu), diretta da Shinsuke Sato (I am a hero) per Netflix.

Alice in Borderland netflix poster 2020Un momento prima i tre amici Arisu (Kento Yamazaki), Karube (Keita Machida) e Chota (Yûki ​​Morinaga) sono ancora a Tokyo, nascostisi in un bagno pubblico dalla polizia che li sta cercando, quello dopo è tutto diverso. Quando decidono di uscire, ritenendo che la situazione sia più tranquilla, l’ambiente circostante appare quello di sempre, ma dove sono finite tutte le persone che brulicavano nella zona dell’incrocio di Shibuya (una scena che omaggia la Londra di 28 giorni dopo)? Dove c’era il solito trambusto quotidiano della metropoli, improvvisamente ci sono soltanto silenzio e vuoto.

Mentre i tre si chiedono ancora cosa possa essere successo, incappano subito in un’altra strana esperienza: vengono costretti a prendere parte a un gioco in cui devono trovare l’uscita da un complesso di stanze. Se apriranno la porta sbagliata, pagheranno l’errore con le loro stesse vite. E questo è solo l’inizio di una maratona a cui prenderanno parte sempre più individui e che si farà sempre più letale …

Come intuibile, Alice in Borderland non si limita ad ammiccare nel titolo al classico della letteratura inglese, ma presenta – auspicabilmente – anche svariate somiglianze col materiale di partenza. Per prima cosa, abbiamo dei ragazzi ‘normali’ che si ritrovano loro malgrado improvvisamente catapultati in un mondo bizzarro e con le sue proprie regole. La presenza delle carte da gioco, che la protagonista Alice incontrava regolarmente durante le sue avventure, è qui inoltre altrettanto importante.

Ci sono poi personaggi che mutuano il nome da quelli ideati da Lewis di Carroll, come il Cappellaio. Eppure, nonostante questi riferimenti palesi e diretti, lo spirito di fondo dello show dal vivo è da subito chiaramente diverso. Se all’epoca il libro si era posto come un confronto surreale con la società vittoriana, essa stessa zeppa di allusioni e di giochi di parole intelligenti, qui la trama si riduce sostanzialmente a una sanguinosa lotta per la sopravvivenza in cui saranno moltissimi a lasciarci le penne.

A conti fatti, Alice in Borderland è un mischione di Cube – Il cubo, Escape Room, As gods will (la recensione), Gantz e Battle Royale – solamente uno potrà farcela, combinando misteri, combattimenti e pericolose trappole con un’avventura survival in cui i ‘giocatori’ introdotti a un certo punto perdono completamente ogni connotato di sobrietà abbastanza gratuitamente. All’inizio potrebbe apparire un po’ senza senso l’affastellarsi di rompicapo oppressivi e di carneficina gore, aspetti non necessariamente compatibili tra loro. Fondamentalmente, però, l’esperimento funziona perché sono il risultato di una escalation degli eventi abbastanza rapida.

Alice in Borderland netflix 2020Alice in Borderland inizia in modo ‘contenuto’ e poi espande via via la posta in gioco, fino a quando lo spettatore non viene totalmente stordito da quello che appare sullo schermo. Quanto ciascuno si potrà divertire guardando l’adattamento diretto da Shinsuke Sato dell’omonimo manga del 2015 di Haro Aso(ancora inedito in Italia e già al centro di tre OAV) dipende in gran parte da quanto siete avvezzi alle storie esagerate ‘alla giapponese’ (sia cartacee che videoludiche).

Soprattutto negli ultimi episodi è necessario possedere un limite di tolleranza molto alto, in quanto è lì che Alice in Borderland si crogiola ancor di più nella propria isteria. Come se non fosse abbastanza estenuante che un po’ di dramma venga inserito a forza per compensare l’assoluta mancanza di caratterizzazione dei personaggi (non basta certo qualche veloce flashback …), gli attori viaggiano quasi tutti sul binario del costante overacting (volutamente o meno). A volte è apprezzabile e adeguato, altre troppo fuori luogo. Alla fine risulta una scelta solo fastidiosamente – e involontariamente – strana che non va a braccetto con la tensione inscenata e che, soprattutto, non fa che risaltare all’ennesima potenza la pochezza dei dialoghi, che sovente fanno rizzare i capelli.

In tutto questo, manca pure una certa coerenza di intenti, visto che laddove avremmo potuto avere un prodotto sopra le righe in tutto e per tutto fin dal minuto uno c’è invece un ammasso di idee slegate che, in definitiva, non fanno che far rimpiangere il molto potenziale sprecato. Un peccato specie sul versante mistery, piuttosto preminente all’inizio, ma che poi si perde sempre di più. E lo stesso vale per i giochi stessi, praticamente in secondo piano dopo l’intrigante introduzione d’atmosfera.

Alice in Borderland corre inutilmente attraverso le sue regole arbitrarie, senza mai prendersi il tempo per costruire una base ragionevole su cui applicarle. Questo contribuisce a non creare alcuna tensione reale e non ci importa mai davvero dei protagonisti. Anche se sul finale viene – prevedibilmente – annunciato un nuovo livello in vista della seconda stagione, questi 8 derivativissimi episodi non ci fanno davvero desiderare ardentemente di volerne vedere altri della stessa risma (ma moderatamente forse si).

Di seguito il trailer internazionale di Alice in Borderland, nel catalogo di Netflix dal 10 dicembre 2020: