Voto: 6/10 Titolo originale: Black Mirror , uscita: 04-12-2011. Stagioni: 8.
Black Mirror, stagione 7: la recensione dei 6 episodi della serie ex fanta-profetica di Brooker
11/04/2025 recensione serie tv Black Mirror di Gioia Majuna
L’orrore non è più il futuro, ma il presente

Una nuova stagione di Black Mirror una volta era un evento culturale, un rituale collettivo in cui ci si interrogava con trepidazione su quale tecnologia disturbante Charlie Brooker avrebbe messo in scena. Chi sarebbero stati gli special guest? Quale incubo sociale ci avrebbe mostrato con spietata lucidità? Ma qualcosa è cambiato. La settima stagione è arrivata su Netflix in sordina, senza clamore, e forse — dopo quattordici anni — abbiamo iniziato ad annoiarci della sua visione non più così tanto distopica.
Ed è fin troppo facile capirne il motivo. Le predizioni si sono avverate, e ciò che una volta ci sembrava futuribile, oggi è già cronaca. Ma la questione è più profonda: la serie sembra a corto di idee nuove, al punto da proporre due episodi derivati da storie passate, rompendo una delle promesse implicite del formato antologico — quella della sorpresa assoluta.
Il primo, “Plaything / Come un giocattolo”, si colloca nell’universo narrativo di Bandersnatch (2018), e riprende il personaggio del game designer interpretato da Will Poulter. Questa volta il gioco si chiama “The Throng”, e il protagonista è Cameron (Lewis Gribben), un giornalista incaricato di accudire buffe creaturine digitali e senzienti, che si moltiplicano se ben trattate. L’episodio, pur sostenuto da ottime performance di Gribben e Peter Capaldi, che interpreta Cameron come sospettato di omicidio in un futuro non troppo distante, risulta tra i più deboli della stagione. Nonostante la durata ridotta di 45 minuti, la rivelazione finale non giustifica davvero l’attesa.
Il secondo revival è “USS Callister: Into Infinity”, sequel diretto dell’amatissimo episodio della quarta stagione. Torna l’intero cast (tranne Michaela Coel), giustificata come deceduta nel frattempo. All’inizio la trama è difficile da seguire, soprattutto per chi non ha memoria dell’originale, ma basta lasciarsi trascinare per trovarsi in un’avventura spaziale action-ironica, perfettamente orchestrata e di puro fan service. Nulla di necessario, ma divertente e impeccabile nella forma.
I restanti quattro episodi sono inediti, ma accomunati da motivi ricorrenti. In “Hotel Reverie” e “Eulogy”, i protagonisti usano un dispositivo circolare da applicare alla tempia, capace di trasportarli all’interno di una fotografia o di un film. In uno, Emma Corrin interpreta una star tormentata dell’Old Hollywood, con accento da Diana incluso. Nell’altro, Paul Giamatti è straordinario nel ruolo di un uomo che tenta di rivivere i ricordi di un amore perduto. La tecnologia qui è solo uno sfondo, un meccanismo per far emergere l’intimità, la malinconia, l’irrevocabile.
Lo stesso approccio è evidente in “Common People / Gente comune”, l’episodio d’apertura, in cui Mike (Chris O’Dowd) salva la vita della moglie Amanda (Rashida Jones) grazie a un abbonamento mensile che consente di impiantare un chip organico nel cervello. A un costo iniziale di 300 dollari al mese, Amanda può tornare in vita, ma con restrizioni crescenti e “upgrade” obbligatori: non potrà allontanarsi troppo, dovrà dormire più ore al giorno, e chissà cos’altro ancora. È una metafora amara dei servizi in abbonamento e del capitalismo predatorio, una satira che colpisce anche Netflix, e che imposta un tono cupo, disperato e pertinente per tutta la stagione.
Ma è questo ciò che vogliamo da Black Mirror?
È vero: alcuni degli episodi più amati della serie sono stati quelli più emotivi — San Junipero, Hang the DJ, Torna da me — ma i più memorabili e innovativi sono stati spesso anche i più cupi, spietati e disturbanti, come Orso Bianco, difficile da dimenticare.
La stagione 7 propone invece una versione più accessibile, più tenera, più romantica e meno inquietante di Black Mirror, molto distante da quella che, undici anni fa, ci aveva scossi e costretti a guardare allo specchio. L’unico episodio che si avvicina davvero al buio originario è “Bête Noire / Bestia Nera”, in cui una sviluppatrice alimentare viene tormentata da una ex compagna di scuola che bullizzava. Ma anche qui, il tono vira verso un’ironia camp che smorza l’impatto.
Presi singolarmente, i sei episodi sono solidi, ben scritti, ben diretti. Ma come raccolta, la stagione è lontana dall’intensità, dalla visionarietà e dalla forza innovativa che avevano fatto di Black Mirror un punto di riferimento culturale assoluto. È ancora possibile fare buon cinema all’interno di questo universo, ma forse non è più il contenitore giusto per storie che hanno smesso di essere distopie, e sono diventate semplicemente cronaca.
Di seguito trovate il trailer doppiato in italiano della stagione 7 di Black Mirror, nel catalogo di Netflix dal 10 aprile:
© Riproduzione riservata