Voto: 6.5/10 Titolo originale: The Mandalorian , uscita: 12-11-2019. Stagioni: 4.
The Mandalorian, stagione 1: la recensione delle serie di Star Wars (per Disney+)
22/03/2020 recensione serie tv The Mandalorian di William Maga
Pedro Pascal, Gina Carano, Carl Weathers e Baby Yoda sono i protagonisti dello show live-action che ci riporta nel migliore dei modi nella galassia lontana lontana
È un periodo di guerra civile; i fan di Star Wars sparsi per tutta la galassia sono divisi e nessuno è d’accordo con gli altri su nulla … tranne per il fatto che la nuova serie TV in live-action prodotta da Disney+ intitolata The Mandalorian sia qualcosa di davvero incredibile, al di là di tutte le possibili diffidenze iniziali.
Sicuramente in molti ricorderete quando, oltre un anno fa, Jon Favreau improvvisamente annunciò che stava realizzando un nuovo show originale – e in live action – ambientato nel mondo di Star Wars. La saga degli Skywalker si è ora ormai conclusa, non troppo in bellezza a dire il vero (la recensione di L’Ascesa di Skywalker di J.J. Abrams), quindi i tempi sono ancor più decisamente maturi per qualcosa di nuovo, magari azzardato, ma soprattutto in grado di far tornare il sorriso sui volti di tanti. Va detto che forse, a monte, nemmeno Disney stessa avrebbe potuto sperare in cotanto successo per un prodotto ‘sperimentale’ (ricordiamo che negli USA è già stata trasmessa per intero da mesi), ma le critiche quasi unanimi per gli ultimi film usciti al cinema hanno probabilmente giocato in suo favore.
Oltretutto, il regista dei primi due film di Iron Man ha unito per l’occasione le forze con un grande conoscitore – molto più di J.J. Abrams o Rian Johnson – dell’universo di Star Wars, Dave Filoni (al timone delle rispettate serie animate The Clone Wars, Rebels e Resistance), tanto che sarebbe interessante vederli assieme all’opera su un lungometraggio dopo le prove generali di questa prima stagione da 8 episodi complessivi.
The Mandalorian, a dirla tutta, riesce a catturare le atmosfera del primissimo film di George Lucas, Guerre Stellari, del 1977. Abbiamo bar malfamati pieni di tipacci, Jawa, cacciatori di taglie, soldati Imperiali e molto altro, quindi sembra immediatamente familiare allo spettatore, ma piuttosto che essere semplicemente alimentato dalla nostalgia viene infuso si nuovi contenuti, come i cenni alla semisconosciuta cultura mandaloriana e i motivi per cui la galassia sia sprofondata nel caos dopo la caduta dell’impero.
Ambientata dopo gli eventi narrati in Il Ritorno dello Jedi, non bisogna preoccuparsi troppo che questa serie rovini i ricordi infantili del classico del 1983, regalandoci invece dei personaggi completamente inediti ma adeguatamente plasmati per sembrare noti da sempre. Lo stesso mandaloriano senza nome del titolo è fondamentalmente il Clint Eastwood della Trilogia del dollaro di Sergio Leone. Si tratta di un protagonista di poche parole, spietato ed efficiente, eppure insospettabilmente possiede – e qui mamma Disney ci cova … – una grande umanità, che emerge quando gli viene assegnato il compito di raccogliere “un prezioso pacco”.
È una figura immediatamente accattivante e Pedro Pascal (Narcos) fa un lavoro fantastico nel dargli vita, specie perché non è semplice donare una personalità a qualcuno che indossa per tutto il tempo un casco che impedisce di vedere qualsiasi tipo di espressione facciale (qualora optiate per una visione in lingua originale con sottotitoli, ovviamente consigliata, sorriderete per tutte le volte che compare ‘il mandaloriano sospira’). È leggermente stanco del suo modo di vivere, ed è tutt’altro che invincibile. Fa spesso la cosa sbagliata, ma la sua forza è non arrendersi e rialzarsi sempre … questo porta alla vittoria finale dopo tutto.
Ma siamo onesti, questa serie dovrebbe davvero essere intitolata “Baby Yoda e il resto del cast“, poiché il piccolo esserino verde ruba ampiamente l’attenzione (e i cuori di molti) fin dalla sua prima comparsa sullo schermo, diventando una delle creature più carine dai tempi di Gizmo dei Gremlins (va bene, dai, dal Baby Groot di Guardiani della Galassia).
Tuttavia, per quanto lo si possa amare, rimanere focalizzati in futuro soprattutto sul misterioso pistolero mandaloriano e non farlo addolcire troppo sarebbe quanto meno auspicabile. La relazione tra i due personaggi in The Mandalorian è comunque uno dei tanti punti salienti e la spinta emotiva della trama, poiché questa ‘sorpresa’ costringe il burbero protagonista a essenzialmente diventare una figura paterna, mentre metà della galassia sta cercando lui e ‘il bambino’. Star Wars ha sempre parlato di padri e figli e delle scelte che siamo chiamati a fare, quindi questa scelta ha senso. Tra l’altro, ricorda moltissimo il manga Lone Wolf & Cub, senza le fontane di sangue (la nostra riflessione sulle evidenti influenze del capolavoro di Kazuo Koike e Goseki Kojima), anche se una qualche dose di violenza ‘per famiglie’ non viene lesinata.
Non bisogna poi dimenticare tutti gli azzeccati personaggi di contorno di The Mandalorian, come il Kuill di Nick Nolte, che ottiene alcuni dei dialoghi più memorabili, IG-11 (Taika Waititi), Greef Carga (Carl Weathers), Cara Dune (Gina Carano) o Il Cliente di Werner Herzog, terribilmente minaccioso nelle sue scarne apparizioni.
Il cazzuto personaggio interpretato da Gina Carano non compare prima dell’episodio 4, Sanctuary / Il Santuario (diretto da Bryce Dallas Howard), ma l’attesa è sicuramente ripagata; senza contare che ritornerà negli episodi della seconda stagione.
Sappiamo inoltre che ciascun episodio ha potuto contare su un budget di circa 15 milioni di dollari e ogni singolo centesimo speso è ben visibile sullo schermo, con effetti pratici e CGI che si mescolano splendidamente per un effetto meraviglioso.
Anche la colonna sonora – affidata allo svedese Ludwig Göransson (Creed, Venom, Black Panther) – suona diversa da qualsiasi altra cosa che abbiamo ascoltato prima all’interno del canone di Star Wars. Proprio come The Mandalorian, attinge dalle sonorità dello spaghetti western, aggiornandole retrofuturisticamente in modo parimenti arcano e bizzarro. I puristi potrebbero storcere il naso, ma è piacevole non essere più vincolati alle storiche musiche di John Williams.
Parlando delle scene d’azione, necessarie almeno quanto il resto, sono ampiamente paragonabili a quelle viste nei lungometraggi recenti per messa in scena e spettacolarità, ma momenti come quello in cui IG-11 e ‘Mando’ si uniscono nel primo episodio (diretto da Dave Filoni) per spaccare un po’ di teste facilmente diverranno per molti affezionati della saga un ‘instant classic’, grazie anche a quel pizzico di umorismo ed emozioni che rendono tali sequenze del genere. Immaginate il corrispettivo spaziale – e disneyano – di un incontro tra Il Mucchio Selvaggio di Sam Peckinpah e Django di Bruno Corbucci. La sequenza di apertura vede il nostro anti-eroe in un bar mentre si sbarazza di alcuni furfanti, tesa a farci capire subito quanto sia cool, seguita da una scena tipicamente starwarsiana in cui cerca di lasciare il pianeta ma si ritrova ad affrontare alcuni problemi sul ghiaccio.
Il secondo episodio, The Child / Il Bambino (diretto da Rick Famuyiwa), si concentra invece sul lato più oscuro dei Jawa, con ‘Mando’ che si ritrova ad affrontarli mentre cerca di riparare la sua astronave. Sono piccoli e malvagi bastardelli del deserto, e anche se questo episodio sembrava più un filler, è stato estremamente divertente e ha avuto alcuni momenti divertenti.
L’episodio 3, The Sin / Il Peccato (diretto da Deborah Chow) vede ‘Mando’ tirar fuori tutta la sua grinta, con gli ultimi minuti che vi vedranno in piedi a fare il tifo per lui come quando eravate bambini. Il quarto sembra una propaggine di Il Ritorno dello Jedi. Nel quinto, The Gunslinger / Il Pistolero, si va sul pianeta natale di un certo fondamentale personaggio della saga.
Nel settimo – The Reckoning / La resa dei conti – viene introdotto un altro grande villain, il Moff Gideon di Giancarlo Esposito. Insomma, senza rivelare molto altro, ogni episodio è a suo modo avvincente e ricco di fini citazioni ed Easter Egg, e forse l’unico appunto che si può muovere a questa prima stagione di The Mandalorian è che i circa 35 minuti di ciascuno siano un po’ pochi. Ma forse è meglio così.
Insomma, l’evoluzione e la badassaggine (italianizzazione orrenda, ma passatela) del personaggio principale, il classico duro dal cuore tenero, scoprire i retroscena della sua corazza e vedere qua e là riferimenti più o meno espliciti alla vasta tradizione porterà molti a gioire, specie chi ha amato The Clone Wars, che già aveva davvero approfondito certi aspetti di questo immenso universo.
Nel complesso, quindi, la prima stagione di The Mandalorian è quanto di meglio Disney potesse mettere in cantiere per farsi perdonare o sviluppo e la chiusura della terza trilogia cinematografica. Introduce personaggi memorabili, vanta alcuni dialoghi fantastici e condisce il tutto con sequenze d’azione a orologeria. Ah si, e c’è Baby Yoda, che coi suoi occhioni e le orecchiette appuntite riuscirà sempre e comunque a far sembrare ogni cosa tenerella e pucciosetta. Ho parlato.
Di seguito il trailer internazionale di The Mandalorian, dal 23 marzo nel catalogo della neonata Disney+ (da segnalare che il 22 marzo Italia1 trasmetterà in esclusiva in chiaro il primo episodio):
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