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Voto: 6.5/10 Titolo originale: Cloud クラウド , uscita: 27-09-2024. Regista: Kiyoshi Kurosawa.

Cloud (2024): la recensione del film diretto da Kiyoshi Kurosawa

16/04/2025 recensione film di Francesco Chello

L’ultimo film del regista nipponico si rivela un’opera asciutta e perturbante, che riflette sul peso dell’odio online e sul confine ormai sottilissimo che separa vita reale e mondo virtuale. Una visione interessante al netto di un meccanismo narrativo non sempre all’altezza dell’intelligente messaggio che intende recapitare

cloud film kurosawa

L’aprile cinematografico del 2025 potrebbe essere curiosamente ricordato come il mese di Kiyoshi Kurosawa in Italia. Dopo anni di film mai arrivati nel nostro paese o, nella migliore delle ipotesi, distribuiti poco e male, ecco che nelle sale italiane giungono addirittura due titoli del regista nipponico nel giro di appena quattordici giorni. Lo scorso 3 aprile era stata la volta di Cure (la recensione), thriller/horror psicologico del 1997 distribuito con merito e coraggio da Double Line a quasi trent’anni dall’uscita.

Il 13 dello stesso mese è la volta di Cloud, cyber thriller del 2024 che aveva fatto una capatina alla 81ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, che è stato presentato in anteprima a Roma in occasione dell’Asian Film Festival per poi uscire al cinema a partire dal 17, grazie alla prode distribuzione di Minerva Pictures.

Per la serie opinioni inutili e probabilmente non richieste devo dire che, tra i due, Cloud è quello che ho preferito meno. Che non significa sia un brutto film, anzi, diciamo che rispetto a Cure mi ha colpito in misura minore, anche (soprattutto) in termini di coinvolgimento. Opinione inutile, dicevo, perché chiaramente l’unico termine di un paragone forzato tra i due è il fatto di essere opere dello stesso regista distribuite in Italia nello stesso periodo, non ha senso nemmeno un confronto all’interno di una filmografia inevitabilmente più vasta per questa coppia di titoli che di base differiscono sia per sottogenere che per collocazione temporale nella carriera di Kurosawa.

Cloud (2024) film kurosawa poster itaMa Cloud, appunto, è un film interessante, specie per le tematiche attualissime che affronta. Un thriller che veicola una riflessione sul potere distruttivo del mondo virtuale, l’aspetto tossico del web, che esplora il tema dell’odio online, della disconnessione tra individui e dell’impatto che il virtuale può avere sulla psiche.

Partendo da un presupposto semplice, che quasi sei portato a pensare che Kurosawa abbia avuto problemi pesanti con qualche reseller – e, diciamocelo, i reseller che diventano veri e propri scalper si stanno moltiplicando peggio dei gremlins in piscina, ora non dico di prenderli a sprangate, ma una qualche lezione quanto meno metaforica non sarebbe da buttar via, ma qui sono io che sto livorosamente parlando d’altro quando il focus evidentemente è altrove.

La storia racconta di Ryosuke Yoshii (Masaki Suda), un giovane che lascia un lavoro tradizionale ed un posto fisso come può essere quello da operaio per dedicarsi completamente al commercio online, rivendendo prodotti a prezzi notevolmente più alti rispetto a quelli di mercato.

Sarà la sua indifferenza e spietatezza nei confronti di clienti e fornitori ad incrinare il rapporto con quello spazio virtuale che credeva essere il suo rifugio. Tra nemici in rete e critiche ferocissime sui social media, scatenando una reazione a catena di odio e disprezzo tali da travalicare il confine del mondo digitale.

Kiyoshi Kurosawa si conferma regista capace di scandagliare le zone d’ombra della psiche, ii confine tra reale ed irreale, in Cloud esplora in maniera inquietante il modo in cui la violenza virtuale, alimentata da anonimato ed impunità dei social media, può facilmente sfociare in violenza fisica, reale, tangibile.

Yoshii diventa il bersaglio di una vera e propria caccia all’uomo, che culmina in una serie di eventi che mettono in discussione la sua stessa esistenza, una escalation di violenza che gradualmente si rivela essere il carburante del film e che fornisce al regista l’occasione per invitare lo spettatore a riflettere su come e quanto ci si possa sentire più liberi di agire e di esprimere sentimenti di rabbia, odio o disprezzo quando ci si nasconde dietro uno schermo, senza la concretezza di quelle conseguenze che comporterebbe il mondo reale.

Il rapporto tra il mondo digitale e quello fisico, e come quest’ultimo sia stato profondamente influenzato e segnato dalle dinamiche virtuali. Il confine ormai labilissimo tra ciò che accade online e ciò che accade nel mondo reale. Il plot di Cloud ragiona sulla capacità di permeare dei social media, su quanto abbiano cambiato il nostro modo di interagire, sulla pericolosità di vivere in una bolla digitale in cui la realtà è manipolata, distorta e spesso ridotta ad una facciata.

L’anonimato di internet alimenta il disprezzo reciproco, l’indifferenza e la violenza. L’intenzione di Kurosawa ha tutta l’aria di essere un avvertimento sul potere distruttivo che i commenti e le opinioni online possono avere sulle vite reali, il web che stringe il cappio intorno agli utenti che ne diventano dipendenti. Yoshii, non è solo un personaggio che si perde in un mondo di contratti commerciali online, ma anche un uomo che diventa schiavo delle opinioni altrui, del giudizio dell’utenza cybernetica, meccanismi che arrivano a condizionarne la sorte.

Cloud vuole essere una riflessione sulla società contemporanea e le sue contraddizioni, sul rapporto morboso che instauriamo con la tecnologia e sul modo in cui la tecnologia stessa può distorcere la percezione della realtà. Il malinconico paradosso di un mondo sempre più connesso, ma in cui solitudine e alienazione sono sentimenti capillarmente diffusi al punto da andare oltre la singolarità dell’individuo ed intossicare interi sistemi sociali e culturali. La violenza che deflagra nel film non è solo fisica, ma anche psicologica, frutto della discrepanza tra quello che si è agli occhi degli altri e ciò che si è veramente.

Masaki Suda in Cloud (2024)Insomma, se restiamo in ambito di metafore, significati, critica sociale, Cloud è piuttosto pregno di cose da dire. Il fatto è che quello che intende raccontare è forse più interessante del modo in cui te lo racconta, un po’ come se la teoria superasse la pratica anziché andarci di pari passo.

Ovvero quello che a cui mi riferivo quando in apertura parlavo di minor coinvolgimento, in particolare in una fase centrale che sembra slegare un primo atto intrigante da un terzo brutalmente efficace. Una narrazione imperfetta che magari non compromette irrimediabilmente la visione ma che potrebbe inibire un bis successivo.

La regia di Kurosawa è sobria, niente effetti invasivi o drammaticità sopra le righe, si mantiene realistica e misurata. Dal punto di vista visivo, Cloud sfrutta il potenziale del media moderno per alimentare la tensione. La fotografia di Yasuyuki Sasaki è determinante nella costruzione di un’atmosfera svuotata ed opprimente attraverso toni grigi e freddi che enfatizzano il distacco emotivo, un quadro generale a cui contribuiscono location spoglie e desolate, stanze vuote, paesaggi urbani anonimi e strade spettrali che sottolineare il vuoto emotivo ed esistenziale dei personaggi.

Un mix di ansia e minaccia accentuato dallo score musicale di Takuma Watanabe che opta per musiche moderate ma penetrantemente tensive. Masaki Suda fornisce un’interpretazione pertinente, che esplicita il passaggio e l’evoluzione psicologica del suo personaggio da disperato e frustrato ad essere accecato da odio e paura; il suo Yoshii vive una sorta di tragedia emotiva, non trova pace né nel mondo virtuale né in quello reale.

In definitiva, Cloud ha dalla sua una serie di argomentazioni valide e soprattutto attuali, al netto di un meccanismo narrativo non sempre funzionale allo scopo ed all’intenzione. Questo non toglie a Kiyoshi Kurosawa la capacità di dire qualcosa attraverso il cinema di genere, e di farlo col suo stile volutamente straniante, capace tanto di inquietare quanto di destabilizzare. Un film che offre più di uno spunto di riflessione post visione, per certi versi (e per assurdo) anche più solido della visione stessa, a suo modo comunque un merito.

Di seguito trovate il trailer doppiato in italiano di Cloud, nei cinema dal 17 aprile: