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Voto: 6.5/10 Titolo originale: No Escape , uscita: 29-04-1994. Budget: $20,000,000. Regista: Martin Campbell.

Dossier: Fuga da Absolom di Martin Campbell, una rischiosa scelta di carriera per Ray Liotta

30/05/2022 recensione film di Francesco Chello

Ricordiamo l’attore statunitense recentemente scomparso attraverso uno dei suoi titoli magari meno mainstrem, ma ugualmente amati dal pubblico. Tra distopia e prison movie, un film d’azione diretto con ritmo e mestiere dal regista neozelandese

fuga da absolom film liotta

Cinematograficamente parlando, la notizia di questi giorni è certamente la scomparsa di Ray Liotta. Attore che non credo abbia bisogno di grosse presentazioni. Così come probabilmente non serve snocciolarvi il curriculum. Anche perché ad un sommario essenziale ci aveva già pensato la nostra puntualissima redazione. Che in quell’articolo citava anche l’Emmy vinto da Liotta per la sua guest star in ER – Medici in Prima Linea. E proprio quella partecipazione era una delle cose che ho subito pensato di menzionare nel momento in cui ho deciso di scrivere un pezzo per celebrare la memoria del buon Ray.

Sono stato un fan di ER, che se proprio me lo chiedete in my not so humble opinion è semplicemente il miglior medical drama di sempre. Ray Liotta aveva preso parte al sesto episodio dell’undicesima stagione, Time of Death del novembre del 2004 (da noi Il Viaggio, andato in onda a ottobre del 2005), finendo di diritto tra le migliori delle (non poche) guest star che la serie è stata capace di collezionare nel corso di quindici stagioni. Interpretazione che, appunto, gli era valsa un Primetime Emmy Award for Outstanding Guest Actor in Drama Series. Voglio dire, ci sarà un motivo per cui hanno inserito la parola ‘outstanding’ nella lunghissima dicitura del premio. Lasciare il segno in qualcosa che non è tuo non è esattamente cosa da tutti.

FugadaAbsolom.jpgEd è un piccolo grande esempio del talento di Ray Liotta. Attore dal carisma silenzioso, personalità forte ma discreta. Fascinoso, occhi di ghiaccio. Uno di quegli interpreti capaci di entrare in scena in punta di piedi, riuscendo ad occuparla senza fare rumore, senza oscurare chi era con lui. E di farlo con poliedricità, riuscire allo stesso modo in registri opposti tra loro, che fossero ruoli in cui infondere fiducia rassicurante o altri in cui trasmettere ambiguità ostile, intimidazione.

Scelte dettate dalla voglia di mettersi continuamente in discussione, specie nel periodo di maggiore successo quando anziché fossilizzarsi su un solo tipo di ruolo, preferì spaziare per non essere identificato dal pubblico esclusivamente con un’unica tipologia di personaggi interpretati. D’altronde cosa avrebbe potuto spaventare un uomo ed un professionista a cui la vita non aveva regalato niente, dall’abbandono in orfanotrofio (verrà adottato soltanto a 6 anni) agli anni del college a Miami quando si paga i corsi lavorando in un cimitero, passando per l’arrivo a New York dove inizialmente sbarca il lunario come barman.

A Miami, tra l’altro, conosce Steven Bauer che in seguito sposerà Melanie Griffith, grazie alla quale Ray Liotta ottiene un provino per Qualcosa di Travolgente di Jonathan Demme (Something Wild, 1986) con cui guadagna una candidatura ai Golden Globe come miglior attore non protagonista. Ambizione professionale che lo ha portato a districarsi tra i generi, che sia in ruoli da protagonista o da prezioso comprimario, arrivando a lavorare più volte con registi di un certo spessore.

E che mi offre un gancio praticamente perfetto per introdurre il film di cui voglio parlare quest’oggi per omaggiare Ray Liotta. Ovvero Fuga da Absolom del 1994, uscito in patria come No Escape ma conosciuto sul mercato internazionale anche come Escape from Absolom. Gancio perfetto, dicevo, perché Ray Liotta con grande entusiasmo sceglie il progetto in questione per realizzare un suo desiderio: interpretare quell’eroe d’azione che ancora mancava al suo curriculum e che qualcuno riteneva non fosse adatto a lui.

Motivo per cui, dopo appena tre anni dall’uscita (e dal successo) di quel filmone che risponde al titolo di Quei Bravi Ragazzi, ecco che l’attore statunitense si lancia in maniera convinta in quello che la critica con la puzza al naso potrebbe definire un B-movie. Che, per inciso, è una definizione che non amo e non tollero particolarmente, anzi tutt’altro – per me non esistono film di serie A o di serie B, al limite film belli o brutti, fatti bene o male, meritevoli o meno, ma qui andiamo ad infilarci in una questione che meriterebbe un approfondimento a parte; definizione detestabile che ho scelto di utilizzare proprio per enfatizzare una coraggiosa scelta professionale che a quel tempo poteva essere vista come impopolare.

fuga da absolom film 1994 ernieFuga da Absolom è un fanta-action ambientato in un futuro distopico in cui le prigioni sono gestite da imprese private che utilizzano i prigionieri come risorse produttive. Il bello è quel futuro è il 2022, come veniva immaginato al tempo, a saperlo che invece il nostro presente è in mano a tiktokers di dubbio intelletto che in un mondo giusto meriterebbero di finire proprio in un posto come Absolom.

Ovvero un’isola decisamente lontana dalla terraferma, sulla quale (all’insaputa dell’opinione pubblica) vengono inviati i prigionieri meno gestibili e meno compatibili con l’accezione di risorsa; un territorio in cui non c’è autorità e non vige nessuna regola se non quella di non poter abbandonare il posto in nessun modo, pena la morte. Ed in cui la ricerca della sopravvivenza tra uomini allo stato brado diventa la peggiore di ogni condanna.

In pratica, dopo un breve prologo futuristico che vede prigionieri trasportati a bordo di treni che tagliano il rosso del deserto per raggiungere Leviticus, un carcere di massima sicurezza livello 6 in cui predominano cemento e metallo, ci si sposta sulla location principale dopo appena 12 minuti, quando Ray Liotta viene accolto da un branco di ratti.

Uno di quei casi in cui l’ambientazione, quindi, diventa determinante per la riuscita del film. Ed è quello che accade con Fuga da Absolom, che prende vita grazie a un pratico mix che vede sfruttare il lato selvaggio dei paesaggi naturali di un’isola del Queensland del Nord (in Australia), unito ad un preciso e suggestivo lavoro scenografico che vede la perfetta ricostruzione del fortino da parte di artigiani e falegnami locali (che parteciperanno al film anche come comparse) utilizzando persino materiali di fortuna reperibili sul posto, nel tentativo di rendere più veritiero un contesto in cui gli uomini finiti in un esilio di fatto devono arrangiarsi con quello che possono.

Stesso discorso per costumi e armature, che includono molti componenti in legno lavorato alla buona. La collettività di Absolom è divisa in due schieramenti diametralmente opposti, oltre che sproporzionati in quanto al numero di membri di appartenenza. Da un lato gli Esterni, circa 600 individui (per i quali si ricorrerà a 400 comparse, tra gente del luogo e backpackers europei che pernottavano in ostelli a Cairs e dintorni, nel Queensland settentrionale) che dimorano nella foresta, barbari e cannibali che vivono in uno stato di anarchia semi animalesca rispettando un’unica gerarchia, quella del loro leader Marek.

fuga da absolom film 1994 lanceDall’altro gli Interni, quasi 100 uomini che hanno provato a riorganizzarsi in un villaggio fortino in cui costruire un barlume di civiltà, seguendo regole come rispetto, convivenza, divisione dei ruoli, cooperazione. Una divisione molto netta utile a veicolare alcuni dei contenuti di un film che è principalmente azione ma non solo, partendo da un messaggio innanzitutto di redenzione (gli stessi Interni sono comunque degli ergastolani), sull’espiazione e le seconde possibilità, ma anche sulla società civile che deve costantemente difendersi dal sopruso e della violenza – con l’uomo perbene perennemente in minoranza rispetto ai soggetti involuti e arretrati, oltre che dall’omertà di capitalisti senza scrupoli. Con un accenno al controllo occulto della popolazione, emblematica la frase di Robbins ‘c’è qualcosa lassù, ma non è Dio’, in riferimento al satellite con cui vengono controllati i prigionieri.

La sceneggiatura è tratta, in maniera piuttosto libera, dal libro ‘The Penal Colony’ di Richard Herley del 1987, che diventa script grazie ad un lavoro a quattro mani di Michael Gaylin e Joel Gross. L’idea è chiaramente derivativa, qualcuno la definisce una via di mezzo tra Mad Max (il nostro dossier) e La Fortezza (la recensione), con una spruzzata di Fuga da New York. Ma Fuga da Absolom è il tipico prodotto che pur prendendo spunti altrove ha il pregio di riuscire a vivere di vita propria, conquistandosi con dignità il suo posticino nei filoni di appartenenza.

Il merito è anche di Martin Campbell, regista neozelandese che grazie a questo film riuscirà a farsi notare da palcoscenici più prestigiosi, a partire da un tipetto come James Bond già l’anno dopo – ne firmerà due in due cicli diversi, con approccio e mood differenti, a mio avviso tra i capitoli migliori dell’intero franchise di 007.

Niente di strano se, come me, stimate Martin Campbell, non fosse che il suddetto merito per certi versi assume un sapore paradossale nel momento in cui si pensa che il regista aveva rifiutato il progetto per ben due volte prima di farsi convincere esclusivamente dall’offerta economica (in quel momento aveva necessità di acquistare casa) e come se non bastasse negli anni a venire continuerà a parlare del film in maniera molto critica.

Questo conferma che il cinema non vive di sole motivazioni (che sono importantissime ma non necessariamente imprescindibili) e che caratteristiche come serietà, professionalità, mestiere e competenza sono qualità fondamentali, nel superare eventuali limiti (in questo caso ideologici, di un professionista coinvolto in prima persona) e, soprattutto, nella riuscita di un progetto.

fuga da absolom film 1994Come nel caso di Fuga da Absolom, che riuscito lo è, a prescindere da cosa possa pensare un Martin Campbell forse troppo severo con sé stesso. La sua è una regia dinamica, che valorizza la location, bypassa alcune difficoltà logistiche come le piogge incessanti che affiggono la produzione. Il film ha ritmo, i 115 minuti scorrono.

L’azione prevede scontri con armi di vario tipo, momenti di guerriglia, diverse scene di massa che evidenziano programmazione e coordinazione, grosse esplosioni (tra cui, quella di uno dei Kamov KA-27 Helix, elicottero russo dotato di rotore coassiale, pressoché sconosciuto in occidente e quindi potenzialmente credibile come mezzo futuristico) e alcuni stunt niente male – come il tuffo che la controfigura di Ray Liotta viene chiamato a fare dall’altissima scogliera, con un’attrezzatura speciale che viene allestita per consentire alla telecamera di seguire lo stuntman mentre cade nel vuoto. Non mancano momenti di violenza che includono decapitazioni, una freccia infuocata infilata in bocca, gente impalata.

Ovviamente non saremmo qui se non dovessimo rendere merito al contributo di Ray Liotta, che si getta con entusiasmo (lui sì) in un ruolo da protagonista che finisce per calzargli alla perfezione. E’ stimolante vedere come un attore si cali in realtà differenti da quelle a lui abituali. Ray lo fa nel modo giusto, è in forma, gli viene richiesto un impegno innanzitutto fisico oltre che la personalità necessaria per il suo Robbins, un ex militare pluridecorato che ha ucciso a sangue freddo un suo superiore.

Un’esecuzione in piena regola che ci viene mostrata in apertura di Fuga da Absolom, non ci sono dubbi sulla sua colpevolezza per quello che si presenta come un gesto apparentemente sconsiderato quando tu spettatore sai benissimo che dietro c’è una spiegazione plausibile che arriverà soltanto alla fine. Robbins è un uomo di principi, i suoi valori morali si scontrano con un qualcosa del passato che ha dovuto fare suo malgrado e con cui non riesce a convivere in evidente stato di disturbo da stress postraumatico che finisce per rientrare nei molteplici temi trattati.

Freddo, taciturno, sorride soltanto quattro volte in tutto il film (inclusa una risata in stile Godfellas, che invece è un preludio a una scazzottata), avverso alle autorità (come confermano le analisi del DNA che rivelano anche comportamenti violenti). Tosto e cazzuto, firma un bodycount rispettabile. Ed ha qualcosa del suo interprete: quel carisma silenzioso di cui parlavo prima, gli Interni (e lo spettatore) lo percepiscono subito, non è necessario una dimostrazione eclatante, cercano un rapporto perché consci di potersi affidare a lui. Dal canto suo, lui si mostra apparentemente distaccato, concentrato sulla fuga e sulla sua causa personale, salvo poi far prevalere quei principi morali di cui sopra in nome di una causa ugualmente giusta ma forse pure più grande della propria.

fuga da absolom film wilsonIl cast di supporto di Fuga da Absolom (tutto al maschile per un film che non vede la presenza di nessuna donna) annovera una serie di volti affidabili, perfettamente compatibili con i ruoli assegnati. A cominciare da Stuart Wilson (che lavorerà ancora con Martin Campbell per La Maschera di Zorro e Vertical Limit) nei panni di Marek, il cinico leader degli Esterni, più erudito ed intelligente del suo popolo ma ugualmente brutale se non persino più sadico dei suoi sudditi, predilige la violenza come soluzione ai problemi.

La produttrice Gale Anne Hurd recluta Lance Henriksen (con cui aveva già lavorato in Terminator e Aliens), attore che ha quell’aura saggia e vissuta ideale per interpretare il Padre, capo della comunità degli Interni a cui è riuscito ad offrire una parvenza di vita normale; sembra essere l’unico realmente innocente, quando invece ha il suo scheletro nell’armadio che si ricollega al discorso sulla redenzione sincera ed effettivamente possibile.

Ernie Hudson prende parte al progetto con l’intenzione di allontanarsi un po’ dalla civiltà, ancora traumatizzato per la morte di Brandon Lee protagonista de Il Corvo, a cui aveva preso parte poco prima; interpreta Hawkins, il braccio destro del Padre, collide un paio di volte con Robbins prima di trovare un punto d’incontro di rispetto reciproco, a differenza del Casey di Kevin Dillon che ne subisce da subito il carisma arrivando a mettere in gioco la propria vita per seguirlo – in un combattimento breve ma emotivamente intenso che sembra guardare vagamente al finale di Spartacus (la recensione).

Kevin J. O’Connor è Stephano il rigattiere, il suo compito è recuperare qualsiasi tipo di oggetto dal mare, inclusa una mazza da baseball offerta a Robbins in quello che secondo me è un velato riferimento al bel L’Uomo dei Sogni, a cui Ray Liotta aveva preso parte nel 1989, mentre Don Henderson è Killian, l’anziano esperto di alcolici (e liquidi infiammabili) in una delle sue ultime interpretazioni prima della morte che avverrà nel 1997.

Uscito negli States ad aprile del 1994, Fuga da Absolom arriva in Italia l’agosto successivo. Non raccoglie gli incassi che avrebbe meritato, tant’è che il box office globale non arriva nemmeno a coprire totalmente un budget non proprio striminzito con i suoi 20 milioni di dollari. Dal film verrà tratto un videogame per Sega Genesis e Super Nintendo che non otterrà recensioni lusinghiere.

fuga da absolom filmAlcuni dialoghi di Fuga da Absolom sono presenti all’inizio della canzone Immune dei Godsmack del 1998. Come altre volte in questi casi, sarà il pubblico a rivalutare il film nel corso negli anni, contribuendo anche agli incassi home video. Anni in cui l’ho rivisto sempre con piacere nei suoi passaggi televisivi, fino all’acquisto del dvd uscito nell’ormai lontano 2003 e che ho rispolverato per l’occasione nella sua qualità non proprio entusiasmante ‘simil VHS’. Al momento, lo trovate anche gratuitamente su Chili, presumo in una qualità video più accettabile.

Piacere che ho ritrovato anche in quest’ultima visione, anche se stavolta il motivo del rewatch era decisamente più malinconico. Fuga da Absolom si conferma un divertente film di genere, fiero esponente del filone di appartenenza. Beh, nonostante Martin Campbell non sia d’accordo pur avendo dei meriti. Uno di quei film che mi vengono subito in mente quando si parla di Ray Liotta (no, non dimentico i grandi titoli di cui anche io sono fan, ma a citare quelli sono bravi un po’ tutti), che per l’occasione si toglie lo sfizio di dimostrare di essere credibile anche come eroe d’azione.

Film che, a quanto pare, viene ricordato con affetto anche da molti dei nostri lettori – il che dimostra che siamo sintonizzati sulle frequenze giuste, visto che avevo scelto il pezzo prima di scoprire questo vostro gradimento. Per la gioia di Ray, che quel ruolo lo aveva fortemente voluto in barba ai pregiudizi della critica.

Di seguito trovate il trailer internazionale di Fuga da Absolom: