Voto: 6.5/10 Titolo originale: Wait Until Dark , uscita: 26-10-1967. Budget: $4,000,000. Regista: Terence Young.
Dossier: Gli Occhi della Notte di Terence Young, agli albori dell’home invasion
26/11/2022 recensione film Gli occhi della notte di Carmine Marzano
Nel 1967 Audrey Hepburn era artefice di una performance da candidatura all'Oscar in un thriller hitchockiano che rifletteva sulla percezione della realtà
Il nome di Terence Young forse non dirà nulla al giorno d’oggi. In effetti, è stato un regista di mestiere, che girava pellicole prettamente su commissione e dalla carriera molto altalenante.
Però, a questo mestierante molti devono infinita riconoscenza per aver posto le basi cinematografiche dell’agente 007 /James Bond, trasformando l’anonimo e ‘rozzo’ sempliciotto scozzese come Sean Connery in una figura elegante e con un aplomb unico, che ancora oggi – dopo decenni – non smette di interessare alle nuove generazioni di spettatori.
In ogni caso, gli anni 60’, furono per Terence Young il periodo creativo più fervente: oltre ai tre film dell’agente segreto più famoso del mondo, si colloca infatti anche Gli Occhi della Notte (banale traduzione del più evocativo originale “Wait Until Dark”, che dice tutto sul senso ultimo a cui mirava l’operazione), uscito nei cinema nel 1967.
Il film, che è tratto da un’opera teatrale scritta da Frederick Knott – già sceneggiatore di Delitto Perfetto di Alfred Hitchcock (1954), verso il quale presenta alcuni debiti -, è ambientato nell’unica location della casa di Suzie Hendrix (Audrey Hepburn), una donna cieca che deve difendersi da tre malviventi – tra cui un mefistofelico Alan Arkin e un discreto Richard Crenna, nel ruolo di poliziotto corrotto -, che inventano un piano astruso e contorto teso ad ingannarla, per recuperare senza alcun sospetto una bambola contenente della droga finita causalmente lì.
Il problema è che Suzie, oltre ad essere ignara del contenuto dell’oggetto, non sa dove si trovi nell’appartamento.
Dapprima fu contattato Alfred Hitchcock, a cui sarebbe piaciuto dirigere Gli Occhi della Notte – visti i numerosi topoi narrativo-tematici a lui cari presenti -, ma purtroppo l’ingaggio non si concretizzò, causa impegni contrattuali pregressi in atto con la Universal, e così alla fine la spuntò appunto Terence Young, che veniva dal successo di 007 – Operazione Thunderball (1965), che accettò l’incarico con estremo entusiasmo.
Il regista costruisce un thriller dal forte senso di oppressione e claustrofobia tramite campi ristretti e piccoli accorgimenti tecnici, che conducono lo spettatore poco per volta nel mondo di Suzie, grazie a un lavoro eccellente nella costruzione delle inquadrature e nell’uso del sonoro, senza mai far percepire la derivazione teatrale dell’opera.
L’abile perizia nella costruzione della tensione, che risulterà latente per la maggior parte della durata, sfocerà in un climax finale dal grande impatto.
Ci si trova innanzi a un’opera che volutamente gioca sulla personale percezione della realtà, basandosi su un forte contrasto tra quella oggettiva dello spettatore e quella dei tre criminali, che hanno piena cognizione della situazione in scena, mentre di contro si ha il ‘relativismo conoscitivo’ di Suzie Hendrix, che pur essendo non vedente vive in perfetta simbiosi con l’ambiente del suo appartamento, percependo ogni piccola cosa attorno a lei.
Oltre ad essere quindi un ottimo thriller di genere, Gli Occhi della Notte affronta in modo intelligente l’handicap della protagonista, senza concedersi ad alcun patetismo forzato nei suoi confronti. La malattia, seppur ben presente (un vero peccato quegli eccessi di primi piani sul volto di Audrey Hepburn, utili solo a mostrare la bravura dell’attrice, senza altre finalità narrative), non viene mai messa in evidenza in quanto tale, come spesso accade in molti film odierni, tesi invece ad accattivarsi il pubblico e la critica dei premi.
La cecità di Suzie, pur essendo fortemente invalidante – tanto da essere oggetto di lamentela a inizio film – viene sempre tartteggiata da Terence Young con un risvolto umano.
In ciò viene aiutato anche dalla graziosa e magistrale interpretazione di Audrey Hepburn, qui alla prova recitativa più difficile della carriera, per la complessità tecnica richiesta dalla performance, in vista della quale l’attrice frequentò per un mese una vera scuola per ciechi.
La prova della star risulta quindi calibrata, sofferta, umana e al limite della fragile leziosità, senza mai tuttavia scadere in essa, mostrando un’indubbia capacità di non andare mai sopra le righe o arruffianarsi lo spettatore suscitando compassione; a tal proposito, c’è da dire che sia il marito, sia la bambina vicina di casa, la trattano come se fosse perfettamente ‘normale’, e per questo lei ne è in parte risentita.
La tensione seminata dalla laboriosa e sapiente costruzione narrativa, pur a costo di incespicare in buchi o problemi di verosimiglianza sparsi qua e là, esplode inesorabile in tutta la sua forza negli ultimi 20 minuti, quando da semplice film con derive hitchcockiane si vira verso un climax di grande originalità, che riesce a far sì che Gli Occhi della Notte che non risenta ancora oggi troppo dello scorrere del tempo.
Terence Young ci conduce nel mondo di Suzie Hendrix, fatto di tenebre ed oscurità, dove la donna è in vantaggio e sono i ‘normali’ a finire per l’avere un handicap, compiendo in tal modo una riflessione interessante sul rapporto tra sonoro e immagine, poiché in Gli Occhi della Notte viene completamente eliminata l’importanza della seconda, riducendo tutto alla percezione del primo.
Ci si sente allora spaesati e senza alcun punto di riferimento, cechi ed impotenti.
Si auspica quindi l’accensione di una ‘luce’ che, ribaltando ogni concezione iconografica (in questo caso sancirebbe la probabile sconfitta per l’eroina), possa darci un riferimento almeno temporaneo.
Il merito di questo risultato va dato anche al decisivo contributo del direttore della fotografia Charles Lang, che crea un’atmosfera plumbea e soffocante per gran parte del tempo, per poi raggiungere il suo picco visionario nelle battute finali tramite un’estetica che rinnova ancora una volta l’eterno scontro tra immanenza e trascendenza.
In definitiva, Gli Occhi della Notte risulta un perfetto thriller vecchia scuola, uno dei primi titoli del genere ‘home invasion’, che cattura il clima che si stava respirando improvvisamente nell’America di fine anni 60’, contribuendo a fare a sua volta scuola per i tanti epigoni successivi, in primis Terrore Cieco di Richard Fleisher (1971).
Critiche più che buone negli USA (in Italia piacque poco, anche se Dario Argento recepirà molto attentamente il finale di Gli Occhi della Notte per il suo di L’Uccello dalle Piume di Cristallo del 1970), con degli incassi lusinghieri arrivati a oltre 17 milioni di dollari grazie al fatto di aver attirato nei cinema una marea di giovani spettatrici per via dell’iconica protagonista.
Un inedito per il genere da riscoprire, tenendo conto dell’anno di uscita, che garantì inoltre a Audrey Hepburn la quinta e ultima nomination agli Oscar.
Di seguito trovate il trailer internazionale di Gli Occhi della Notte:
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