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Titolo originale: El laberinto del fauno , uscita: 10-10-2006. Budget: $19,000,000. Regista: Guillermo del Toro.

Dossier | Il labirinto del Fauno: guida al significato esoterico del film di Guillermo del Toro

17/03/2020 recensione film di Sabrina Crivelli

Esaminiamo la simbologia e i riferimenti arcani che pervadono l'opera del regista messicano del 2006, in cui straziante ambientazione storica e fantastico coesistono in perfetto equilibrio

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Il labirinto del Fauno (El laberinto del fauno), scritto e diretto da Guillermo del Toro è un film stratificato, visionario, commovente e straziante insieme. A un primo livello, il capolavoro fantasy del regista premio Oscar per La forma dell’acqua (la nostra recensione) sembra incentrato sulla drammatica vicenda di una ragazzina, Ofelia (Ivana Baquero), che cerca di sfuggire alle crudeltà del fascismo spagnolo. Tuttavia, la narrazione contiene anche un messaggio allegorico costruito su simboli occulti e archetipi che rimandano a significati ben differenti: quella del cammino per l’illuminazione esoterica attraverso prove tese a testare l’indole della protagonista.

Infatti, il film spagnolo, considerato da molti critici il migliore del 2006, costruisce anzitutto uno strano e ambiguo mondo fantasy, sospeso tra descrizione drammatica di un momento cupo della storia iberica e un immaginario ‘fatato’, fanciullesco e a tratti terrificante. Come per il patrimonio folkrorico e la favolistica classica, la fiaba dark di Guillermo del Toro può essere interpretata in molti modi e su diversi piani che si compenetrano l’un l’altro, dando vita a un messaggio complesso che si fonda insieme su fatti storici liberamente reinterpretati, su un percorso esoterico di crescita dell’individuo e su plurimi rimandi al mito classico.

Ne discendono plurime letture, quella psicologica, sociologica e politica, ad esempio, che nel corso del tempo sono state proposte sulla rete e altrove. Eppure, una strada è stata meno esplorata, quella relativa al simbolismo occulto e all’iniziazione esoterica; ciò nonostante Guillermo del Torro stesso abbia descritto Il labirinto del Fauno come una “parabola” e a scapito dei numerosi riferimenti a misteri occulti lo confermino.

Addentriamoci dunque nell’oscuro simbolismo di cui è intriso Il labirinto del Fauno, esplorandone la relazione con la ricerca interiore della giovane e coraggiosa Ofelia.

Uno dei motivi per cui il film ha un impatto così forte sui suoi spettatori è, tra le altre cose, la presenza di miti e simboli archetipici, che risuonano profondamente con l’inconscio del singolo, come della collettività.

Tanto tempo fa nel Regno Sotterraneo, dove la bugia, il dolore non hanno significato, viveva una principessa che sognava il mondo degli umani…

Così si apre Il labirinto del Fauno, ed è un incipit perfetto. È infatti, prima di tutto, una fiaba, peraltro una particolarmente oscura, che contiene tutti quegli archetipi classici e mitologici propri dell’inconscio collettivo di Carl Gustav Jung. Pensiamo, ad esempio, al re malvagio, all’eroina in difficoltà, agli universi paralleli, alle creature chimeriche e alla battaglia tra il bene e il male e al modo in cui vengono rappresentati nella storia. Questi sono tutti temi, modelli e tipi di personaggi universali che ritroviamo più volte nelle fiabe classiche; il tipo che ha portato l’analista junghiano Donald Kalsched ad affermare che “quando non sono a disposizione risorse umane, si presenteranno risorse archetipiche“. Lo stesso si può dire della nostra principessa, Ofelia. Una ragazza spogliata della sua umanità, schiacciata da una truce realtà e costretta ad attingere a miti archetipici dell’immaginazione umana collettiva.

Il labirinto del faunoSe osserviamo più da vicino la trama del film, è innegabile. Il labirinto del Fauno è ambientato nella Spagna fascista, in un dispiegamento militare franchista sulle montagne in lotta contro i ribelli. Ofelia, una ragazza dall’immaginazione fervida e ossessionata dai libri e dalle fiabe, si reca nel luogo con la sua madre (Ariadna Gil), debole e incinta, per raggiungere il nuovo patrigno, lo spietato capitano Vidal (Sergi López). Al suo arrivo a destinazione, s’imbatte in un misterioso labirinto e incontra un fauno (Doug Jones) che le dice che è una principessa del Regno Sotterraneo e, in verità, si chiama Moana. Le promette anche che potrà andarci e ricongiungersi con il suo vero padre, purché completi tre prove, in cui sarà costretta a confrontarsi con la realtà della morte, l’assurdità della guerra e il significato del sacrificio di sé.

Come è possibile desumere dalla breve sinossi, Il labirinto del Fauno è contraddistinto da una duplice e problematica essenza. La natura aspra e opprimente del mondo reale coesiste e al contempo stride con un mondo magico e talvolta inquietante delle fiabe fanciullesche. In tale contrasto, il Fauno ha una funzione fondamentale, di passaggio: la divinità dei boschi dotata di corna caprine guida Ofelia attraverso le fasi del suo rito di iniziazione e le mostra la via per allontanarsi dall’assurdità del mondo materiale e ritornare alla (originaria) gloria del piano spirituale, dove vivono esseri illuminati, ovvero il già citato il Regno Sotterraneo da cui lei proviene.

Avere “Occhi per vedere”

Il labirinto del fauno -2In una delle sequenze iniziali del film, Ofelia è in viaggio con la madre per raggiungere il campo militare dove si trova il patrigno, insieme alla loro scorta. La madre, in gravidanza avanzata, non si sente bene e fa fermare la macchina per prendere un po’ d’aria. Nel frattempo, anche la bambina scende dalla vettura e esplora la zona circostante, imbattendosi per caso in quello che sembra un sasso, ma che ha incisa sopra la forma di un occhio. Lei lo prende in mano e, quasi senza accorgersene, viene attratta davanti a un arcana scultura in pietra, a cui manca proprio il pezzo che lei ha trovato qualche minuto prima; così lo rimette al suo posto.

Subito dopo, un piccola fata dalle sembianze di un insetto esce dalla bocca di pietra: così ha inizio l’iniziazione occulta della protagonista. Dunque, sin dalle prime sequenze di Il labirinto del Fauno, è manifesta l’importanza conferita all’organo della vista e allo sguardo… uno sguardo però diverso da quello che discende prettamente dai sensi, più profondo, che permetta di vedere quel mondo invisibile oltre alla superficie e di avanzare nella ricerca esoterica che attende Ofelia.

Se consultiamo l’articolo Psycho-Critical Analysis of “Pan’s Labyrinth”: Myth, Psychology, Perceptual Realism, Eyes & Traumatic Despondenc, ne troviamo un’interessante chiave di lettura:

Avendo menzionato la vista, Il labirinto del Fauno ha molto da dire al riguardo. Guillermo del Toro sembra quasi supporre che lo spettatore abbia bisogno di un terzo occhio “Zen” per catturare le verità quintessenziali sepolte in profondità nei margini archetipici del film. Come sosteneva Derrida, i significati più importanti non sono nel testo stesso, ma “nei margini” o nel sottotesto. In altre parole, scienziati e materialisti devono lasciare la sala. Quando Ofelia rimette l’occhio della statua al suo giusto posto, inizia immediatamente il suo viaggio fantastico. I suoi occhi le permettono di percepire ciò che è sia visibile che invisibile, reale e irreali, creando un netto contrasto con il villain fascista, il capitano Vidal, uno che trafigge gli occhi altrui e non crede in ciò che non può essere percepito coi sensi.

Il Labirinto del Fauno - 4L’occhio è altrettanto importante nel simbolismo occulto di Il Labirinto del Fauno, che ha non pochi precedenti. Le sue radici arrivano all’antico Egitto, a cui risale il mito dell’occhio di Horus restaurato da Toth. E c’è un ulteriore dettaglio da approfondire: Ofelia ricolloca nella posizione originale della statua l’occhio destro, che ha un ben definito valore nella mistica. Infatti, esso è associato alla percezione di informazioni concrete e dei fatti reali e, tradizionalmente, rimanda alla parte maschile. L’occhio sinistro di Horus, invece, è in grado di captare il lato mistico, spirituale e intuitivo, che rimanda al principio femminile.

Riposizionando quindi l’occhio della statua, Ofelia innesca così la sua trasformazione alchemica. Tuttavia, solo lei viene a contatto di questa dimensione poiché, come presto si rende conto, gli adulti che la circondano non credono in ciò che non possono percepire attraverso i sensi. La madre, ad esempio, più volte le dice che le fate non esistono, mentre il capitano arriva a sgridare duramente la moglie poiché riempie la testa della bambina di stupidaggini. Subito dopo, brucia nel fuoco la mandragola, radice ritenta magica sin dai tempi antichi, che la bambina aveva messo sotto il letto della madre per un incantesimo di protezione. Poco dopo le condizioni della donna precipitano.

Il padre / dittatore oppressivo e il complesso di Crono

Una volta arrivata al campo militare, Ofelia incontra il suo nuovo patrigno, il sadico capitano Vidal. Si tratta anzitutto della perfetta incarnazione del fascismo spagnolo, ma ha un’ulteriore e meno immediata lettura. Oltre al patriarcato proprio di un sistema dittatoriale, rimanda a un secondo livello di oppressione: quella del mondo materiale in cui (e all’insegna del quale) la maggior parte degli individui conduce la propria esistenza senza fare domande. Ciò, ovviamente, impedisce la piena emancipazione dell’essere umano. Tale fenomeno è noto come il “Complesso di Crono”, che rinvia per l’appunto a Crono, divinità pre-olimpica – e padre di Zeus – appartenente alla mitologia greca che rappresenta la fertilità, il tempo e l’agricoltura.

Il Labirinto del Fauno - 13Secondo quanto riportato nel saggio di John W. Crandall intitolato per l’appunto “The Cronus Complex”:

Il Complesso di Crono non è una tendenza omicida per se, dal momento che Crono non si è semplicemente sbarazzato della sua prole, ma [ha messo in moto] un processo ingestivo distruttivo che impediva al proprio figlio di esistere separatamente e autonomamente dal genitore. Nel consumare suo figlio, Crono non mira solo ad annientarlo, ma lo fa rendendolo parte di lui stesso. Secondo Bolen, sin dai tempi antichi, il Complesso di Crono è una tendenza attraverso cui le culture maschiliste hanno mantenuto il potere. È evidente in sistemi come il fascismo, una delle mutazioni più radicali del patriarcato.

Proseguendo invece nel nostro parallelo con il fantasy di Guillermo del Toro, Crono è anche noto come il “Padre del Tempo”. Non è una coincidenza quindi che il capitano Vidal, suo corrispettivo filmico, venga spesso mostrato mentre osserva e pulisce il proprio orologio da taschino. Ereditato dal padre, morto eroicamente in guerra – a quanto ci viene fatto sapere in una delle frequenze -, tiene l’oggetto con il massimo riguardo perché è il simbolo di tutto il suo insieme di valori, in cui pragmatismo e militarismo vigono. Un segno quindi denso di possibili significati semantici, l’orologio rimanda al tempo, che è il limite più stringente del mondo materiale.

È quindi comprensibile che Ofelia si trovi a scontrarsi con l’uomo, insieme incombente figura paterna per antonomasia e incarnazione del materialismo nella sua declinazione ‘cronologia’. Quindi, il personaggio – e ciò a cui rinvia – terrorizza tutti coloro che lo circondano e insieme costituisce la principale forza antagonista nella trasformazione alchemica della nostra eroina. Infatti, finché non riesce ad emanciparsene, le sarà impossibile mettersi in contatto con il proprio lato femminile e magico oppresso, per poi ripristinare l’equilibrio della dualità e riconquistare finalmente il Regno Sotterraneo.

Il Labirinto del Fauno - 16Il Fauno e il suo labirinto

Una volta arrivata a destinazione, la sua nuova vita disgusta e sconcerta Ofelia. La madre, alla morte del padre, si è risposata con un uomo freddo e disumano, che la tratta con sufficienza. La donna, completamente succube, non capisce la bambina, pur amandola, e la obbliga a chiamare il nuovo marito “padre”. La situazione sembra intollerabile, tuttavia la notte riappare ad Ofelia la fata – insetto e la conduce al centro di un labirinto, poi a un’entrata che porta a zona segreta sotterranea. Qui, l’aspetta un il Fauno. La ragazzina osserva incuriosita la strana creatura che emerge dalle tenebre e, sospettosa, gli domanda “Chi sei tu?”. Lui, enigmatico risponde: “Io… Oh io ho avuto tanti nomi così vecchi che solo il vento e gli alberi lo ricordano. Sono la montagna, il bosco e la terra. Sono … un fauno“. Poi aggiunge una manciata di battute dopo:

Non siete figlia dell’uomo, la luna vi generò sulla vostra spalla sinistra c’è un segno che lo dimostra. Il vostro vero padre ha fatto aprire varchi in tutto il mondo affinché poteste far ritorno. Questo è l’ultimo rimasto, ma dobbiamo assicurarci che la vostra essenza non sia andata perduta, che non siate diventata una mortale…

Torniamo quindi per un attimo alla mitologia classica. I fauni, come i satiri e il dio greco Pan, erano creature dalle zampe e le corna di una capra che abitavano i boschi. In particolare, l’ultimo dei tre (richiamato direttamente dal titolo inglese Pan’s Labyrinth) è la concreta manifestazione della forza stessa della naturale ed è senza dubbio una divinità fallica, che rappresenta il potere impregnante del sole. Dunque, è essenziale il fatto che ricopra il ruolo di guida spirituale di Ofelia, aiutandola a orientarsi nel labirinto nella realtà fisica, che sul piano magico, spiegandole come affrontare ciascuna prova. Qui abbiamo infatti un’incarnazione opposta del principio maschile rispetto a quella del tutto negativa rappresentata dal capitano Vidal.

Difatti, nonostante l’aspetto un po’ minaccioso del fauno, che istintivamente porterebbe a crederlo un’entità maligna, non è così, anzi, aiuta la nostra eroina a realizzare il suo desiderio di “diventare qualcosa di più”, a raggiungere il suo pieno potenziale. Ciononostante, come Mercedes (Maribel Verdú) sottolinea, “i fauni sono creature ambigue” e “non ci si può fidare di loro”. Ofelia lo scopre sul finale, quando la creatura le tende un tranello: le chiede infatti di versare qualche goccia di sangue del fratellino innocente per aprire il portale che la ricondurrà al Regno Sotterraneo. Lei però rifiuta, mostrandosi pura e superando la prova. Tuttavia, a parte questo piccolo inganno, necessario per per saggiare la vera natura della principessa, per il resto si tratta di una figura positiva.

Il Labirinto del Fauno - 18Il labirinto e i suoi significati

Il labirinto è un archetipo condiviso da molte civiltà antiche. Nei riti di iniziazione, ad esempio, simboleggiavano le prove necessarie che l’anima dell’uomo doveva superare nella sua ricerca della Verità. Allo stesso modo il labirinto del fauno ha la duplice valenza: di luogo fisico vicino al campo militare dove viene condotta Ofelia – lo troviamo all’inizio del film – e il luogo simbolico, generato cioè dalla somma delle prove e insidie che la ragazzina deve affrontare per essere riammessa nel Regno Sotterraneo e riunirsi al suo vero padre. I tranelli, in questo caso, sono rappresentati dagli errori dovuti alla sudditanza umana alla percezione sensibile. Il mondo materiale, in altre parole, inganna anche la giovane eroina con le sue lusinghe, mettendo a rischio il suo cammino interiore, come vedremo in seguito.

La prima prova: liberare il Femminino Sacro

Il primo compito assegnato dal Fauno ad Ofelia è quello di recuperare una chiave dalla pancia di un rospo gigante che abita le radici di un antico fico. L’albero secolare sta seccando poiché la viscida creatura le sta succhiando la vita. La prima tappa del suo cammino corrisponde quindi a un ritorno alle origini, un “ritorno in un utero” primordiale, resa visivamente dalla forma dell’albero, che richiama quella dell’organo di riproduzione femminile. Inoltre, il suo interno dove il rospo abita, è umido, uterino. E l’allegoria prosegue. La protagonista, dopo aver sconfitto il rospo grazie a un’ambra magica e aver recuperato la chiave – come le aveva detto il fauno – riemerge in superficie, come da un grembo materno in un processo di rinascita.

Tuttavia, la nascita, come molto altro in Il Labirinto del Fauno, ha un corrispettivo anche opposto, negativo. Se da una parte è un passaggio fondamentale del percorso di rinascita di Ofelia, dall’altro corrisponde al trauma legato alla gravidanza a rischio della madre. La donna, debole e sofferente, è costretta a letto. Il parto non è allora solo il poetico arrivo su questa Terra di una nuova vita, ma anche qualcosa di rischioso, perfino letale. Un’immagine piuttosto scioccante sul Libro dei Crocevia ne concretizza gli aspetti più cruenti. Il grosso volume magico donato a Ofelia dal fauno (su cui appaiono per magia indizi sul futuro) d’improvviso si tinge di rosso, come se le sue pagine si colorassero di sangue, predicendo così le complicanze della madre. La donna perderà difatti la vita, mostrando anche il lato oscuro e drammatico della femminilità e della nascita, visto come estremo sacrificio.

Il Labirinto del Fauno - 7La seconda prova: l’Uomo Pallido

Dopo aver completato con successo il primo compito, il fauno dà a Ofelia una seconda missione: recuperare il pugnale magico custodito dall’Uomo Pallido. Nel descriverle l’impresa, però, le intima che non deve assolutamente mangiare nulla di ciò che troverà nella sua dimora. Ma perché l’ammonizione? Per comprenderla dobbiamo soffermarci sulla creatura che la ragazzina si trova ad affrontare e sul suo significato allegorico.

L’Uomo Pallido è una mostruosa entità antropomorfa. Il suo corpo è rosa, flaccido e deforme e il suo volto è privo di occhi, facendo pensare, erroneamente, che sia cieco. In verità, i suoi bulbi oculari, due sfere gelatinose, si trovano in un piattino d’argento posto davanti a lui su una tavola imbandita con ogni bene. Quando Ofelia entra nella stanza, trova davanti a lei pile di scarpette, mentre sul soffitto degli affreschi ritraggono la creatura mentre divora dei bambini, richiamando il quadro Saturno divora i figli di Francisco Goya (Saturno difatti è il corrispettivo di Crono nell’Olimpo Romano.)

Tondando quindi all’Uomo pallido di Il Labirinto del Fauno, potrebbe essere raccapricciante materializzazione delle forze oscure che agiscono nel mondo di Ofelia, di cui il capitano Vidal, il fascismo spagnolo e la Chiesa cattolica sono tre espressioni. A conferma di questo parallelo, la scena in cui Vidal invita a cena alcune delle personalità del luogo, tra cui il sindaco e un rappresentante del prelato, riproduce parecchi dettagli competitivi della scena con protagonista l’Uomo Pallido. Nella fattispecie, il capitano è seduto a capotavola davanti a mille pietanze, in una posizione assai simile alla creatura mostruosa confermandosi come suo doppio. Forse non divorerà fisicamente bambini, ma certo ne condivide la malvagità.

Il Labirinto del Fauno - 14Tornando invece alla prova di Ofelia, la bambina riesce a recuperare il pugnale utilizzando la chiave magica recuperata nella tana del rospo, ma nella fuga non riesce a resistere alla tentazione di mangiare un succoso acino d’uva. Anche questo piccolo gesto ha importanti implicazioni semantiche: simboleggiare la ricchezza accumulata dalle figure di Crono, al richiamo della quale lei non riesce a resistere. Questa sua debolezza risveglia infatti l’Uomo Pallido, che mette immediatamente i bulbi oculari nelle sue mani e inizia a inseguirla, famelico. Il mostro riesce a divorare due fate, ma la bambina per un pelo riesce a sfuggirgli. La trasgressione, però, (sembra) costarle l’accesso al Regno Sotterraneo.

Il terzo compito: il sacrificio estremo

Il Fauno è furioso con Ofelia perché ha ceduto al richiamo dei beni materiali e quindi è ritenuta indegna di diventare immortale. La condanna quindi alle miserie del mondo reale, dove deve sopportare guerra, tormenti, tristezza e morte. Tuttavia, non è una situazione incontrovertibile. Poco dopo la scomparsa della madre, la creatura viene di nuovo in suo soccorso dandole una seconda opportunità. Le permette infatti riprendere il suo percorso di iniziazione, ma le chiede totale obbedienza, stavolta.

Il Labirinto del Fauno - 19Come ultima prova, la ragazza deve portare il suo fratellino appena nato nel labirinto, di notte, al sorgere della luna piena nel cielo. Questo è un momento ideale per completare la propria trasformazione spirituale. Ofelia quindi rapisce il bambino dalla culla che il capitano Vidal tiene nella sua stanza, dopo aver drogato l’uomo, e corre nel luogo prestabilito, dove la sua guida la attende. Il fauno, quindi, le chiede di dargli il lattante in modo che possa pungerlo con il pugnale e ottenere una goccia del suo sangue per aprire il portale.

La protagonista però si rifiuta seccamente. Lui allora perde la pazienza e le ricorda che è necessaria la sua ha piena dedizione, ma lei non cede. Nel frattempo, il capitano Vidal trova Ofelia nel labirinto. Lui però è incapace di vedere la creatura magica, anzi, gli sembra che lei stia parlando da sola. Quindi, le strappa il neonato dalle braccia, indietreggia di qualche passo e le spara. Lei si accascia sulla pietra, mentre il sangue sgorga dal suo corpo esanime. Questa, però, è la prova finale: non ha voluto sacrificare un innocente al suo posto ha preferito sacrificare se stessa.

Un rito di iniziazione

Ofelia giace a terra insanguinata, stacco. Nell’inquadratura immediatamente successiva vediamo la protagonista in una immensa sala dorata. L’intero spazio ha la forma di una vescica piscis, un antico simbolo occulto che rappresenta l’organo riproduttivo femminile, oltre che essere l’accesso a un altro mondo. Al centro della stanza ci sono tre pilastri altissimi, su cui poggiano altrettanti troni; uno è occupato dal re, uno dalla regina, il terzo vuoto, lasciato libero per Ofelia, o meglio Moana. Il padre, la madre e la futura principessa ricompongono infatti la trinità degli Inferi.

Il Labirinto del Fauno - 12Ad accogliere la protagonista c’è anche il fauno, che dopo essersi inchinato, le dice che andando contro i suoi ordini e sacrificando la sua vita per proteggere il suo fratellino ha preso la decisione giusta. Difatti, per completare il proprio percorso interiore e raggiungere la sua rinascita, è necessaria una totale abnegazione, fino al sacrificio estremo. Non esiste però una lettura univoca del finale, come in tutto il resto del film s’altra parte.

Il Labirinto del fauno si chiude con un’inquadratura su Ofelia, sdraiata senza vita in una pozza di sangue. Sarà davvero riuscita ad accedere al Regno Sotterraneo? O forse si tratta solo della fantasia di una bambina che cerca di sfuggire una realtà intollerabile creandosi una dimensione alternativa? Vi lasciamo con questo interrogativo.

Di seguito trovate il trailer ufficiale:

Fonte: DMS