Voto: 6.5/10 Titolo originale: John Carter , uscita: 07-03-2012. Budget: $250,000,000. Regista: Andrew Stanton.
Dossier | John Carter di Andrew Stanton: una saga Disney morta su Marte
03/06/2020 recensione film John Carter di William Maga
Nel 2012, Taylor Kitsch e Lynn Collins erano i protagonisti dell'adattamento cinematografico dei racconti fantasy di Edgar Rice Burroughs, rivelatosi un disastro epico per lo studio
Con i suoi elementi narrativi derivativi, la grande ambizione (era stata progettata una trilogia e investiti 350 milioni di dollari tra costi produttivi e marketing) e l’orientamento all’azione pura e semplice, John Carter arrivava nei cinema nel 2012 con l’intento di riportare gli spettatori indietro a un’epoca più ‘semplice’, in cui era sufficiente avere un eroico protagonista alle prese con ogni tipo di mostri alieni e uomini malvagi. Gli effetti speciali messi sul piatto dalla Disney erano di prim’ordine, ma non più sufficienti.
La storia, liberamente ispirata ai racconti pulp scritti da Edgar Rice Burroughs (lo stesso di Tarzan) e filtrata attraverso la lente di Star Wars e Avatar (che, per inciso, si ispiravano essi stessi per primi a quegli stessi romanzi di inizio ‘900), soffre di una trama piuttosto contorta e compressa e di una risoluzione ben poco epica, ma lungo la strada regala momenti sufficientemente buoni da risultare una oltre due ore piacevoli e ‘diverse’ da quanto Hollywood stava offrendo al tempo.
In molti tra chi sta leggendo avrò collezionato fumetti (almeno) in gioventù e qualcuno ricorderà le mattine estive trascorse sdraiato a letto, rapito dalle gesta mitiche di Conan il Barbaro. John Carter è uno di quei rari film che, durante la sua visione, offre il medesimo senso di avventura. Non ci sono dubbi che si tratti di un’opera difettosa, ma punta in alto e, il più delle volte, colpisce nel segno. Come il materiale originale, che proprio nel 2012 festeggiava i 100 anni (Sotto le lune di Marte – A Princess of Mars, in cui il personaggio del titolo fa la sua prima apparizione, veniva dato alle stampe nel 1912), John Carter parla di ragazzi mezzi nudi e muscolosi, donne avvenenti, creature extraterrestri bizzarre e atti di eroismo impossibili.
Si tratta, molto semplicemente, del classico Bene che trionfa sul Male. E, se il finale sembra un po’ ‘casuale’ perché ci sarebbero altre storie da raccontare, almeno si conclude in un modo accettabile per gli spettatori, che – come presto avrebbero scoperto – non avrebbero mai visto materializzarsi un sequel. Al contrario del disastroso La bussola d’oro del 2007, ad esempio, qui non siamo tenuti in ostaggio da un risultato al botteghino incerto (postilla: Joh Carter si è rivelato uno dei più sanguinosi bagni di sangue commerciali della storia del cinema, con soli 284 milioni di dollari raccolti nel mondo).
John Carter è una storia delle origini e parla di come il protagonista (Taylor Kitsch), un capitano confederato della Virginia post Guerra Civile americana, viene ‘trasportato’ sul pianeta Marte (chiamato “Barsoom” da coloro che vivono lì). Le differenze di gravità conferiscono al terrestre maggiore forza e agilità sul Pianeta Rosso, che si trova a sua volta nel bel mezzo di tumulti interni. L’incontro iniziale di John Carter con gli indigeni locali è con un gruppo di Thark, esseri con quattro braccia, pelle verde e corna guidati da Tars Tarkas (Willem Dafoe). Le circostanze portano quindi al suo salvataggio della principessa Dejah Thoris (Lynn Collins), che suo padre, Tardos Mors (Ciaran Hinds), ha promesso in sposa al signore della guerra Sab Than (Dominic West) per garantire la pace tra gli umanoidi “blu” e quelli “rossi”.
Dejah Thoris vuole però che John Carter si unisca al suo popolo nella loro lotta contro le forze di Sab Than; in cambio, gli offre il segreto di come tornare sulla Terra. Le cose non sono così semplici come sembrano, tuttavia. Sab Than è infatti controllato da una razza di creature immortali il cui divertimento deriva dalla manipolazione dell’ascesa e della caduta di imperi e pianeti nell’universo. Così, per salvare Marte, John Carter deve stringere alleanze impensabili e sabotare i malvagi piani di Matai Shang (Mark Strong).
John Carter è frenetico, quasi eccessivamente frenetico. Mette sul piatto un sovrabbondanza di sottotrame per la sua durata di ‘soli’ 132 minuti e, al fine di stipare tutto in questo tempo, il retroscena della vicenda è appiccicato con impareggiabile rapidità e la politica di Marte diventa un mero guazzabuglio. Non ci vuole molto per capire chi sono i buoni, ma non è sempre chiaro perché siano proprio loro i ‘bravi ragazzi’.
Definire John Carter “fantascienza” sarebbe improprio; è “fantasy” oppure una “space opera”. Solo perché si svolge su un altro pianeta non significa che sia “fantascienza”. La Terra di Mezzo de Il Signore degli Anelli non è meno aliena di Barsoom. Forse, può aiutare con la sospensione dell’incredulità il non provare a capire perché ci siano così tanti combattimenti con le spade in un film con gigantesche astronavi in cielo. Un momento … Star Wars aveva le spade laser!
John Carter era il primo (e rimasto poi l’unico …) lungometraggio in live action di Andrew Stanton, che dopo il flop avrebbe diretto solo Alla ricerca di Dory nel 2016; il regista arrivava a questo film con un curriculum saturo di eccellenti titoli Pixar, tra cui Alla ricerca di Nemo e WALL-E (la recensione). John Carter si basava fortemente su dettagli generati dal computer e ricordava in qualche modo i prequel della saga ideata da George Lucas nella misura in cui gli effetti speciali vennero ‘integrati’ col resto. Appare quindi impressionante dal punto di vista della CGI, con molti elementi in movimento sia in primo piano che sullo sfondo. Qualcuno potrebbe sostenere, non a torto, che non ci sia stato poi un grande ‘salto’ da WALL-E a John Carter. Qui, alcuni umani vengono infatti ‘aggiunti’ a ciò che equivale a un mondo prevalentemente animato. Anche i Thark sono il prodotto della motion capture.
La recitazione del cast è adeguata a questo tipo di prodotto per famiglie, con gli attori non necessariamente scelti per le loro qualità drammatiche. L’esempio più ovvio in tal senso è Taylor Kitsch, all’epoca ancora quasi un esordiente (ma già aveva all’attivo Snakes on a plane e X-Men le origini – Wolverine), tipico ‘belloccio’ dal fisico imperlinato dal sudore e dalle poche espressioni facciali che riesce comunque ad esprime i suoi dialoghi senza inciampare nelle sue battute.
Certo, manca quella muscolatura massiccia resa popolare dalle illustrazioni del personaggio realizzare dal maestro Frank Frazetta, ma porta ugualmente a casa il risultato senza grossi problemi. L’inusuale e semi-sconosciuta Lynn Collins, la cui carriera è stata probabilmente ‘decisa’ da questo insuccesso (anche se, curiosamente, avrebbe partecipato nel 2013 a un film sui mutanti, Wolverine – L’immortale) apporta forza e bellezza al ruolo di Dejah Thoris, e lei e Kitsch formano una buona coppia sullo schermo (anche se, molto probabilmente, è proprio lo scarsissimo appeal dei due presso il grande pubblico da imputare tra le maggiori cause dell’insuccesso commerciale del film).
I ruoli secondari sono invece ricoperti da caratteristi affermati. Mark Strong e Dominic West sono i veri cattivi (strano vero?), mentre Ciaran Hinds, come capo della città di Helium, offre la consueta prova di sostanza. Willem Dafoe, Thomas Hayden Church e Samantha Morton forniscono le voci originali (e il lavoro di motion capture) ai tre principali Thark.
Per chi lo avesse visto al cinema al momento dell’uscita, il più grande problema associato a John Carter non ha tuttavia nulla a che fare coi valori della produzione o la recitazione. Semplicemente, la conversione in 3D in post-produzione si rivelò spaventosa. In tal senso, John Carter si classifica agilmente tra i cinque esempi più indicibilmente osceni di questa tecnica, una resa che – come ampiamente dimostrato il box office – ha distrutto l’esperienza visiva per chiunque abbia scelto di guardarlo in questo modo (con relativo passa parola negativo …).
A farla da padrone erano infatti le immagini sfocate e le scene scarsamente illuminate. Come saprete ormai, spesso con i film 3-D, il 3-D è semplicemente superfluo. In questo caso, fu un evidentissimo impedimento all’immersione.
In ogni caso, la decisione della Disney di spostarne la data di uscita negli USA dal solitamente affollato mercato estivo al più tranquillo mese di marzo non aiutò comunque John Carter, i cui bassissimi incassi convinsero lo studio a cancellare i due sequel già pianificati (il primo dei quali intitolato Gods of Mars). Un vero peccato, considerato che, al contrario di Tarzan, che ha ispirato decine di serie e film, John Carter ci aveva messo quasi 100 anni ad arrivare per la prima volta sul grande schermo, tra false partenze e mezzi ripensamenti (si iniziò già nel 1931 a parlarne, con Bob Clampett intenzionato a farne un lungometraggio animato, passando per Ray Harryhausen negli anni ’50 e, a inizi 2000, Robert Rodriguez).
In definitiva, John Carter resta uno sfortunato divertente diversivo all’offerta stantia di Hollywood, purtroppo latitante sul piano della magnificenza necessaria (e di qualche altro ingrediente fondamentale, leggi almeno una star amatissima dal pubblico) al capitolo iniziale di quella che vorrebbe essere un’aspirante saga planetaria.
Di seguito il trailer internazionale di John Carter:
© Riproduzione riservata