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Dossie: la saga dei Ghoulies, quando di 4 film se ne salva mezzo

08/08/2019 news di Francesco Chello

Riscopriamo gli strampalati capitoli dell'improbabile franchise horror nato nel 1984 incentrato sulle pestifere creaturine, adorabili e memorabili nonostante la pochezza dei titoli che le han viste protagoniste

Ghoulies (1984) film water

Se parliamo di un film con mostriciattoli del 1984, è quasi sicuro che il pensiero di tutti andrà inevitabilmente subito a Gremlins. Ed è giusto che sia così, un riconoscimento guadagnato sul campo dal cult diretto da Joe Dante. Ma, 35 anni fa, i Gremlins non furono le uniche creaturine a finire sul grande schermo. A far loro compagnia ci pensarono i Ghoulies che, successivamente, avrebbero dato vita a un loro personalissimo franchise.

Il mio intento, oggi, non è certo quello di intavolare un paragone improbabile che finirebbe solo per mortificare i Ghoulies, che ne uscirebbero con le ossa decisamente rotte. L’occasione è quella di raccontare di una saga che molti appassionati di filmetti horror di seconda (e terza) fascia ricordano in qualche modo con simpatia, al di là di meriti apparenti e demeriti oggettivi. Saga che dopo le VHS ha latitato per molto tempo in home video italiano (personalmente avevo optato per l’import tempo addietro), fino al 2017 per la precisione, quando sono arrivati nei negozi quantomeno i DVD dei primi due capitoli, editi da Quadrifoglio e distribuiti inizialmente dalla tenace Home Movies.

Michael Des Barres in Ghoulies (1984) filmIn molti sostengono che il primo Ghoulies venne realizzato proprio per sfruttare la fortunata scia del film di Joe Dante, a giudicare anche dalle date di uscita che vedono i Gremlins arrivare in sala qualche mese prima, un tempo comunque sufficiente a mettere in piedi in fretta e furia una produzione a basso costo. Secondo altri, invece, si tratterebbe di una fortuita coincidenza.

Pare infatti che l’idea risalisse già al 1983, periodo in cui Charles Band aveva in mente di dirigere un certo Beasties ed affidarne gli effetti speciali a Stan Winston, col quale aveva già collaborato in Mutanti del 1982. La stessa struttura di Ghoulies avvalorerebbe la seconda ipotesi (rivelandosi poi il suo difetto più grande), con la scelta di relegare i mostruosi esserini a semplice contorno anziché costruirci sopra l’intera vicenda come, appunto, aveva fatto Joe Dante.

I Ghoulies nascono nella scuderia di Albert e Charles Band, padre e figlio italoamericani (nati Alfredo e Carlo Antonini), entrambi con alle spalle un lungo curriculum di cinema di genere tra regia, sceneggiatura e soprattutto produzione, attraverso la Empire Pictures e la Full Moon. Una carriera fatta di esperienza, mestiere, furbizia e passione; la predilezione è l’horror, con una particolare e gustosa predisposizione per creaturine e mostriciattoli assassini; i Ghoulies non sono l’unico esempio in questo senso, ma si affiancano a titoli come Puppet Master (il franchise più lungo e longevo del lotto), Demonic Toys e Troll.

Ghoulies (1984) filmIl primo capitolo vede Charles Band executive producer, mentre papà Albert non compare in prima persona ma presenta e distribuisce con la sua Empire. Il film ha diversi problemi, di cui uno in particolare: un difetto di concetto a cui accennavo qualche riga più su. Il problema macroscopico è che Ghoulies non è costruito sui Ghoulies, come in realtà avrebbe dovuto essere.

Ed è un peccato perché, manco a dirlo, i piccoli mostri (opera di John Carl Buechler, visto che Stan Winston nel frattempo faceva Terminator con James Cameron e non era più disponibile) sono uno spasso e da soli valgono almeno una visione. La storia verte su stregoneria e riti satanici e, aspetto più grave, stenta a decollare a prescindere dal ruolo dei Ghoulies. Il tutto viene reso più pesante da un livello tecnico generale non propriamente eccelso, dalla regia acerba dell’esordiente Luca Bercovici e da uno script che tenta palesemente di allungare il brodo con il solo scopo di raggiungere una durata accettabile – e se avverti questa sensazione in soli 80 minuti, di sicuro non è un buon segno.

A mancare è proprio quella scorrevolezza che dovrebbe essere consona a prodotti di questo tipo, alle volte capaci di risultare godibili nonostante le imperfezioni. Negli ultimi 20 minuti, però, ci si diverte tra morti che tornano in vita, strani nani e una serie di efferatezze ad opera dei nostri mostriciattoli, ingredienti che rendono il terzo atto la porzione migliore di questo primo capitolo.

Mentre resta il rammarico per la scena del WC che rese celebre la locandina del film, ma che in realtà è appena accennata; sequenza che suscitò un po’ di clamore con decine di genitori che scrissero lettere di protesta a causa di figli terrorizzati dal proprio gabinetto, situazione che i Band furono bravi a sfruttare come pubblicità. Ghoulies debutta l’8 novembre 1984 nel Regno Unito ed il 18 gennaio 1985 negli Stati Uniti. Nelle sale americane non incassa tantissimo, ma globalmente riesce a raggiungere i 4 milioni di dollari a fronte di un budget di circa un milione. Nel cast anche una giovane Mariska Hargitay, al suo primo ruolo in carriera.

Fabrizio De André diceva che dal letame nascono i fiori ed è quello che succede con Ghoulies II – Il principe degli scherzi, che corregge (e non poco) il tiro del suo predecessore. Il discreto successo commerciale del Ghoulies originale spinge Albert e Charles Band a mettere in cantiere un sequel, che arriva puntuale nel 1987. Il duo gestisce la cosa con intelligenza, decidendo di rimediare agli errori del primo episodio e di fare tesoro della lezione di Gremlins.

Alla sceneggiatura viene chiamato Dennis Paoli, fresco dell’accoppiata gordoniana composta da Re-Animator e From Beyond, mentre lo stesso Albert Band si piazza in cabina di regia, oltre a figurare come produttore insieme al figlio Charles. Ghoulies II è saggiamente costruito questa volta intorno alle creaturine assassine, in una storia che non ha collegamenti col predecessore.

I Ghoulies sono finalmente protagonisti assoluti, ben realizzati, irresistibilmente cattivi, commettono delitti di ogni sorta, portando a casa un buon bodycount. La location in cui si muovono è azzeccatissima, il Luna Park si presta perfettamente allo scopo, una genuina atmosfera anni ’80 fa il resto. E viene resa giustizia anche alla famosa scena del WC, ora luogo di un divertente omicidio, che finisce nuovamente sulla locandina. Completa il quadro, nel finale, un delirante mostro gigante.

Il risultato, quindi, è quello di un film che non solo è chiaramente superiore al primo capitolo – oltre che titolo migliore della saga a mani basse -, ma di una pellicola riuscita e divertente di suo, a prescindere dai paragoni. Tra l’altro, trattasi di produzione americana con più di un pizzico d’Italia.

I Band sentono il richiamo della patria e decidono di girare agli Empire Studios di Roma, ingaggiando molti professionisti italiani, dal direttore della fotografia Sergio Salvati (storico collaboratore di Lucio Fulci) a Giovanni Natalucci per le scenografie, passando per una serie di caratteristi capeggiati da Romano Puppo, che aveva alle spalle una lunga carriera nel cinema di genere nostrano – da Sergio Leone a Sergio Sollima, dai Corbucci a Duccio Tessari, Fernando Di Leo, Stelvio Massi o Enzo G. Castellari, arrivando, per dirne uno tra tanti, al ruolo di Frankenstein in Fracchia contro Dracula, per finire con svariate comparse che sul set parlavano solo italiano senza capire una parola di inglese. Gigi ‘Filini’ Reder cura il doppiaggio della versione italiana.

Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, Ghoulies II venne distribuito direttamente in home video, ma è possibile che in qualche mercato minore possa aver goduto di una distribuzione in sala. Da segnalare nella soundtrack la presenza di Scream Until You Like It dei W.A.S.P.

Col secondo capitolo si chiude l’avventura della famiglia Band in ambito Ghoulies, con Charles costretto a venderne i diritti nel tentativo di salvare la Empire dal fallimento.

Il legame col passato viene rappresentato dall’esperto in effetti speciali – e occasionalmente regista (suo il già citato Troll I) – John Carl Buechler, scomparso nel marzo di quest’anno, che, dopo aver creato e realizzato a mano i Ghoulies, ha anche l’occasione di dirigerli quando viene appunto scelto per la regia dalla Vestron Video, la nuova casa di produzione, alla ricerca di qualcuno che conoscesse la materia, in vista di un terzo episodio che arriva infatti puntuale nel 1990 con l’uscita di Ghoulies III – Anche i Mostri vanno al College (Ghoulies III: Ghoulies Go to College).

Altro capitolo senza collegamenti col precedente se non per la presenza, ovviamente, dei Ghoulies, che stavolta sono evocati da un fumetto (!) ed improvvisamente vengono dotati dell’uso della parola. Il film prende la direzione della college comedy, non bilanciando però con la quota horror che, creaturine a parte, è quasi del tutto assente a favore di una comicità neanche troppo divertente. Perché dopo un po’ ci si stanca di scherzi tra confraternite e amori giovanili con i mostriciattoli – ancora una volta ben fatti – che compaiono con buona frequenza, ma quasi sempre per veicolare ulteriori siparietti comici.

Gli omicidi saranno due o tre, la parte più sfiziosa è il finale, ma ormai i giochi sono fatti. Nel cast anche il veterano Kevin McCarthy e due giovani agli esordi: il praticamente muto Matthew Lillard e Jason Scott Lee, nei panni del nerd. Cammeo per Kane Hodder, che cura gli stunt in veste di coordinator e che aveva già lavorato con John Carl Buechler nei panni di Jason Voorhees nel settimo film della saga di Venerdì 13.

Arriviamo quindi al 1994, anno di uscita del quarto ed ultimo capitolo: Ghoulies IV – Passioni Infernali, il peggiore della serie. I primi tre non erano collegati tra loro se non, come detto, nella presenza dei Ghoulies. Questo quarto episodio è l’unico che tenta di collegarsi (un po’ pretestuosamente) al primo, quasi volesse celebrarne il decennale, andando a ripescare il personaggio di Jonathan Graves (diventato, nel frattempo, un poliziotto), interpretato ancora da Peter Liapis.

Ma è anche l’unico del franchise a non avere i Ghoulies! O meglio, ci sono due nani in costume (dal look orribile …) che vorrebbero essere le famose creaturine del titolo, ma palesemente non lo sono, oltre a non avere il minimo peso all’interno della vicenda. In pratica, la CineTel, che produceva il film, non aveva i fondi necessari per potersi permettere la realizzazione dei (veri!) Ghoulies e rintracciare Peter Liapis per creare un punto di contatto con la saga deve essere stato evidentemente meno dispendioso.

Il lungometraggio tenta di barcamenarsi goffamente tra poliziesco, commedia, stregoneria e misticismo, fallendo però miseramente su tutti i fronti. Come del resto era prevedibile, non è un caso se la regia è di Jim Wynorski, prolifico mestierante con un lungo curriculum pieno di schifezze, in cui i film brutti superano di gran lunga quelli salvabili. E Ghoulies IV non è certo un’eccezione.

In definitiva, parliamo di una saga che nel complesso ha chiaramente più difetti che pregi, e – guardandola col senno di poi – risulta persino difficile comprendere come abbia fatto a mettere a segno ben quattro capitoli, di cui uno soltanto buono.

Eppure, i Ghoulies sono riusciti in qualche modo a conquistarsi un posticino tra i ricordi degli appassionati cresciuti in quel periodo, sarà per la nostalgia e per quei passaggi notturni sulle reti private. Personalmente trovo che il motivo sia da attribuire proprio ai mostriciattoli piuttosto che ai film che li hanno visti protagonisti, così come il pubblico probabilmente ricorda piacevolmente i Ghoulies all’opera piuttosto che i titoli stessi in cui compaiono.

Al di là di quali siano i vostri personali ricordi, vi raccomando comunque di fare attenzione ogni volta che andate in bagno … non si sa mai cosa potrebbe uscire dal water!!

Di seguito i trailer di tutti e 4 i film di Ghoulies:

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