Voto: 6.5/10 Titolo originale: Warlock , uscita: 01-06-1989. Budget: $7,000,000. Regista: Steve Miner.
Dossier: Warlock, lo stregone satanico di Julian Sands
03/07/2023 recensione film Warlock - Il signore delle tenebre di Francesco Chello
Ricordiamo l’attore britannico scomparso quest’anno attraverso uno dei suoi ruoli menzionati con maggiore affetto dai fan dell’horror e dintorni. Steve Miner dirige un piacevole dark fantasy a marcate tinte orrorifiche, che alterna leggerezza a momenti più cupi e qualche punta di splatter
In questi giorni è arrivata la conferma della scomparsa di Julian Sands. Se parliamo in termini di conferma, lo dobbiamo al fatto che si tratta di una notizia che purtroppo era nell’aria da quasi sei mesi. Come ricorderete, a partire dal 13 gennaio scorso, l’attore britannico era stato dichiarato disperso nel corso di un’escursione in solitaria sul Monte Baldy (a nord-est di Los Angeles, California); le ricerche erano state ostacolate dalle pessime condizioni climatiche che avevano causato anche valanghe nell’area. Che la situazione fosse più che disperata era chiaro fin da subito, tuttavia si è dovuto attendere il 24 giugno data del ritrovamento di resti umani in un luogo selvatico nei pressi di quella stessa zona, resti che tre giorni dopo sono stati riconosciuti come appartenenti a Sands.
Nato a Otley, nel West Yorkshire (Inghilterra), nel 1958, Julian Sands completa i propri studi presso il Lord Wandsworth College. Il primo contatto con la recitazione avviene attraverso produzioni scolastiche, ne nasce una passione che lo porta ad iscriversi alla prestigiosa Central School of Speech and Drama di Londra.
Nella prima metà degli anni 80 inizia a lavorare in patria dove infila una serie di partecipazioni sia al cinema che in tv; la svolta arriva nel 1985 col ruolo da protagonista in A Room with a View (Camera con Vista, di James Ivory) che raccoglie candidature e premi (tra cui tre Oscar per scenografia, costumi e sceneggiatura non originale), a cui segue quello in Gothic di Ken Russell l’anno dopo. Riscontri che lo convincono a trasferirsi a Hollywood per dare alla propria carriera quel taglio internazionale tipico del cinema americano. Versatile, aristocratico, dal fascino algido.
L’apertura mentale gli permette di passare con disinvoltura dal cinema d’autore a quello di genere, come nel caso degli horror Arachnophobia del 1990 e Il Fantasma dell’Opera del 1998, o l’action comedy The Medallion del 2003. Lavora con David Cronenberg in The Naked Lunch (Il Pasto Nudo, 1991), Jennifer Lynch in Boxing Helena (1993), Paul Schrader Witch Hunt (1993), Mike Figgis in Leaving Las Vegas (Via da Las Vegas, 1995), Steven Soderbergh (Ocean’s Thirteen del 2013), due volte con Roland Joffé (The Killing Fields – Urla nel Silenzio nel 1984 e Vatel del 2000).
Giusto per fare qualche esempio di un curriculum che l’ha visto muoversi indistintamente tra grande e piccolo schermo, e senza mai dimenticare il teatro. Tra le svariate esperienze televisive anche il kinghiano Rose Red ed i ruoli di Jor-El in Smallville, Vladimir Bierko in 24, William Jagger in Crossbones, oltre ad una miriade di partecipazioni da uno o due episodi a serie come Dexter, Chicago Hope, Castle, Ghost Whisperer, Law and Order: Special Victims Unit, Stargate SG-1, Elementary, senza menzionarle tutte. Persino doppiatore di cartoni animati, dai 26 episodi di Jackie Chan Adventures alla guest star in Biker Mice from Mars e The Real Adventures of Johnny Quest.
Un curriculum che dimostra come non abbia mai disdegnato – anzi – quei prodotti di genere che piacciono tanto a quelli con i nostri gusti. Ed è proprio pescando in quel tipo di cinematografia che ho scelto il titolo attraverso cui omaggiare Julian Sands. Mi riferisco a Warlock – Il signore delle tenebre, del 1989. Probabilmente il ruolo dell’attore inglese che viene ricordato con maggiore affetto tra i fan dell’horror e dintorni.
Gli anni 80 sono stati un decennio creativamente prolifico per il cinema orrorifico. Una delle tendenze più diffuse ed incisive è stata quella di cercare di continuo nuovi villain. Boogeyman di ogni sorta da mettere al centro di un film alla stregua di un vero e proprio protagonista, intorno al quale costruire un minimo di mitologia tra le tipologie più disparate. Warlock si incastra in questo meccanismo.
Un progetto che passa per le mani di due nomi familiari agli appassionati di un certo cinema. Sto parlando di David Twohy alla sceneggiatura e Steve Miner alla regia. Twohy aveva esordito l’anno precedente con lo script di Critters 2 – che per inciso è il migliore dell’intera saga – e successivamente firmerà il copione di titoli come Il Fuggitivo o Waterworld prima di esordire anche alla regia col cult Pitch Black.
Lo screenwriter prende il suo spunto in una tematica non eccessivamente sfruttata sul grande schermo come quella della stregoneria, invertendo la consuetudine della strega attraverso un genderswap che porta alla figura di uno stregone. Il Warlock, appunto. Che per conto di Satana, ha lo scopo di rimettere insieme il Grand Grimoire, un libro capace di invertire nientemeno che la Creazione.
La sceneggiatura iniziale prevedeva un approfondimento maggiore del Warlock perseguitato durante la caccia alle streghe del 17° secolo, un lavoro che per circa sei/otto settimane aveva impegnato un David Twohy che dirà di aver visto sprecato quel tempo (ed aver provato più o meno lo stesso senso di persecuzione del suo personaggio) nel momento in cui la produzione, per motivi di budget, gli chiede una revisione della storia con conseguente accantonamento di alcune idee.
Del 1691 resta solo il prologo (girato a Plimoth Plantation, nel Massachusetts), con lo spostamento temporale che permette di sfruttare una più economica ambientazione contemporanea (tra Boston – prevalentemente – e le Bonneville Salt Flats nello Utah, oltre ad alcune sequenze girate in studio come quella del cimitero completamente ricostruito).
Alla regia viene scelto Steve Miner, uno dal curriculum a tema che al tempo aveva già diretto due Venerdì 13 (il secondo ed il terzo) ed il primo House (Chi è sepolto in quella Casa?) e che in seguito lavorerà su Halloween (il settimo, H20) ed il primo Lake Placid. La sua è una regia funzionale al racconto, che costruisce un’atmosfera adeguata, cerca di capitalizzare i fondi a disposizione, sfruttando l’aura del proprio mefistofelico protagonista.
Una scorrevole caccia allo stregone in cui Miner trova il modo di compiacere tendenze e stilemi del periodo, oltre ad alternare leggerezza a momenti più cupi e qualche punta di violenza splatterosa. Warlock – Il signore delle tenebre è un dark fantasy con marcate venature horror, la struttura sembra quasi mutuare quella di Terminator con due individui contrapposti provenienti da un’altra epoca che per l’occasione è il passato così come vengono scambiati i ruoli di preda e cacciatore, sempre affiancati in qualche modo dalla presenza della donna locale che viene coinvolta suo malgrado nella vicenda.
E’ lo stesso Steve Miner a volere che i due personaggi maschili venissero interpretati da attori britannici che per accento, dizione ed impostazione recitativa potevano essere più affini al profilo di due persone provenienti dagli Stati Uniti coloniali della fine del 1600. Per la parte del Warlock vengono presi in considerazione svariati nomi del calibro di Ian McKellen, Peter Greene, John Cleese, Sam Elliott, Jeremy Kemp, Lance Henriksen, William Hurt, James Maxwell, James Caan, Willem Dafoe, Richard White, Brian Cox, Rupert Everett, Stephen Fry e Patrick Stewart; a proporre quello di Julian Sands è il produttore Arnold Kopelson che pensa a lui per il ruolo di Redferne, Miner accetta di buon grado il suggerimento sull’attore, ma ha l’intuizione vincente di coglierne quelle potenzialità carismaticamente malefiche ideali per il Warlock del titolo.
In quel periodo Sands aveva già ricevuto diverse offerte per horror e simili, rispedite sempre al mittente in quanto poco interessato; stessa cosa che avviene inizialmente con lo script di Warlock, messo da parte pensando non fosse il suo genere, salvo poi concedergli una lettura quasi casuale e scoprire che si trattava di una specie di commedia nera piuttosto che uno slasher, motivo che lo convince ad accettare con entusiasmo insieme alla possibilità di poter lavorare con Steve Miner.
Inutile dire che Julian Sands ripaga la fiducia con un personaggio capace di reggere da solo la visione, unisce eleganza e cattiveria, sfrutta il proprio screentime che a naso (non ho verificato) potrebbe addirittura essere leggermente inferiore a quello di Redferne, in pratica da spettatore sei portato a tifare per lui al punto che più che vederlo sconfitto (come inevitabilmente pretende il copione) vorresti vedere qualche uccisione in più.
Anche perché negli omicidi c’è un tocco di sadismo niente male, come il tizio a cui viene prima tagliato di netto il dito (per sfilargli un anello) e poi strappata la lingua a morsi nel mentre di quello che ha l’aria di essere un bacio della morte. Da citare altri momenti, come la seduta spiritica in cui Mary Woronov viene posseduta (e trasformata) da un demone prima di vedersi cavare gli occhi, oppure il bambino ucciso (fuori campo rispetto ai programmi iniziali che prevedevano una scena più esplicita) per prenderne il grasso necessario a una pozione per volare – sequenza incriminata che nel 1995 porterà a un inquietante episodio di emulazione, con un bambino di otto anni ucciso da due adolescenti per poi tagliarli strisce di carne dal corpo, bollirle e berle nella speranza di ottenere gli stessi poteri del Warlock.
Più che dignitosi gli effetti speciali prostetici e il make-up, mixati ad effetti digitali (legati a poteri magici e misticismo) ingenuamente primordiali e per questo a loro modo tollerabili, per i quali era stata inizialmente ingaggiata la Dreamquest Images poi sostituita (per i noti motivi di budget) da Perpetual Motion che non aveva nessun membro del proprio team presente sul set a supervisionare. L’accompagnamento musicale di Jerry Goldsmith completa degnamente il quadro.
Tornando al cast, Julian Sands viene affiancato da Richard E. Grant, che era stato approcciato inizialmente proprio per il Warlock, l’attore porta in scena il suo Redferne col giusto mix di caparbietà e ironia legata allo spaesamento di chi proviene da tre secoli prima. La Lori Singer di Footlose è la spalla femminile utile al meccanismo narrativo, meno sereno il dietro le quinte con l’attrice che (nonostante dei test precedenti regolarmente approvati) crea più di un grattacapo al truccatore Carl Fullerton in quanto rifiutava sessioni di make-up e protesi troppo invasive, non a caso i vari stadi dell’invecchiamento del suo personaggio sono una delle cose meno riuscite del film.
Girato nel 1988, Warlock – Il signore delle tenebre ha affrontato un tribolato percorso distributivo prima di poter finalmente arrivare in sala. Prodotto dalla New World Pictures che non riesce a farlo uscire in patria (nonostante un trailer mostrato nella prima metà del 1989, narrato da Percy Rodrigues, includeva alcune sequenze poi tagliate dal cut finale perché ritenute eccessivamente violente) ma solo in qualche copia all’estero a causa di problemi finanziari che la portarono al fallimento, nel 1990 viene acquistato (insieme ai diritti su eventuali sequel) da Trimark Pictures che a gennaio del 1991 lo porta nei cinema statunitensi.
In Italia ci arriva soltanto dopo, direttamente in home video (tra VHS e circuito televisivo) dove trova un immancabile sottotitolo come Il Signore delle Tenebre, attualmente sul nostro mercato non esiste in dvd o blu ray. I nove milioni di dollari di incasso in giro per il mondo (senza contare l’home video) garantiscono alla Trimark un rientro sufficiente che porta a sequel ed opere derivate.
Nel 1993, Julian Sands riprende il ruolo in Warlock: The Armageddon, che presenta una storia differente ed un collegamento poco più che nominale. Arriva anche un terzo capitolo nel 1999, con Bruce Payne che sostituisce Sands nel ruolo da protagonista in Warlock III: The End of Innocence. Nel 1995, l’Acclaim Entertainment realizza un videogame ispirato al secondo film della serie, disponibile su Super Nintendo e Sega Genesis, mentre nel 2009 è la volta di una serie a fumetti pubblicata da Bluewater Productions.
Qualora vi venisse (giustamente) voglia di dargli un’occhiata mi tocca dirvi che Warlock non sembra semplicissimo da reperire attraverso vie canoniche, ma se siete appassionati di idraulica potrebbe farvi piacere sapere che nel momento in cui vi scrivo si trova per intero sul tubo in lingua originale – che come versione è pure meglio, vista la possibilità di apprezzare maggiormente l’interpretazione del suo protagonista.
Qualcuno potrebbe ritenerla una pratica eticamente scorretta e francamente non mi sento nemmeno di contraddire, ma per l’occasione sono sicuro che Satana approverebbe lo strappo alla regola. Se la visione serve per omaggiare Julian Sands, possiamo considerarla una giusta causa.
Di seguito trovate il trailer internazionale di Warlock – Il signore delle tenebre:
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