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Voto: 7/10 Titolo originale: Free State of Jones , uscita: 24-06-2016. Budget: $50,000,000. Regista: Gary Ross.

Free State of Jones: la recensione del film storico di Gary Ross

04/07/2020 recensione film di Martina Morini

Mattew McConaughey è il protagonista assoluto di un racconto più attuale che mai della continua lotta per l’uguaglianza e i diritti civili

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Libertà, dignità e uguaglianza. Queste parole sembrano squarciare Free State of Jones di Gary Ross. Sullo sfondo della guerra civile americana, uno dei periodi più bui e controversi di questa nazione, unita solo nominalmente ma dentro rabbiosa e razzista, si svolgono le vicende del soldato confederato Newton Knight (Mattew McConaughey).

Free State of Jones posterDisilluso dalle motivazioni di una guerra persa in partenza, combattuta dai poveri per l’uomo ricco, decide di disertare dopo la morte prematura in battaglia del nipote appena tredicenne. Tornato a casa nella contea di Jones in Mississipi, si deve scontrare contro gli ufficiali dell’esercito che depredano le fattorie, ormai presidiate solo dalle donne, di ben più del 10% della loro produzione come sarebbe stabilito dalla legge.

In un gesto eroico sfida apertamente il tenete Barbour, interpretato da Bill Tangradi, uomo spregevole e dalla dubbia moralità che non esita ad abusare del suo potere. Dopo questo episodio Newt diviene apertamente un ricercato ed è costretto a fuggire abbandonando il figlio infante e la moglie Serena, i cui occhi azzurri e malinconici appartengono ad una intensa Keri Russel.

Il fuggitivo si ritrova a nascondersi nelle paludi del profondo Sud, incontrando altri fuorilegge come lui capitanati dallo schiavo Moses Washington (Mahershala Ali). Ad aiutarli troviamo Rachel, la schiava di un ricco proprietario terriero che sogna a sua volta il riscatto, interpretata da Gugu Mbatha-Raw, che poi diventerà sua moglie.

Il tempo passa e la guerra ormai è al capolinea, la confederazione piegata dalle ingenti perdite, stringe maggiormente la morsa sulla popolazione ormai allo stremo. Il piccolo gruppo si espande divenendo un numero considerevole di disertori, bianchi e neri uniti, schierati ormai apertamente a favore dell’Unione sotto il nome della “banda di Knight”. Tra questi ultimi Newt ritrova il commilitone Jasper Collins, portato sullo schermo da un magistrale Christopher Berry, che lo appoggia e ammira da sempre.

Il colonnello Elias Hood, che ha il volto di Thomas Francis Murphy, contrasta in ogni modo questa ribellione quasi fosse lo Sceriffo di Nottingham contro la banda di Robin Hood. Il paragone sorge spontaneo perché Knight e i suoi paralizzano letteralmente la riscossione delle tasse della Confederazione dichiarandosi indipendenti sotto il nome di “Stato libero di Jones”.

Nella seconda parte del film, forse la più intensa e pragmatica, la resa del generale Lee segna la fine della guerra civile, la vittoria dell’Unione e l’inizio della Ricostruzione. Newt e la sua comunità si trovano a dover gestire la tanto agognata libertà, contro i sudisti incalliti che non si arrendono alla cessione delle terre ai neri, grazie alla nuova legge dei “40 acri e un mulo”.

TheFreeStateofJonesIl diritto di voto ai neri è minacciato dalle azioni terroristiche del nascente Ku Klux Klan e dalla discriminazione dei politici democratici. L’eco degli sforzi di questo coraggioso protagonista che rimane nel Mississipi e si batte per i diritti di tutti e per una comunità mista senza odio razziale, rimbomba tutt’ora nella contea di Jones e in tutto il sud degli Stati Uniti.

Parallelamente, catapultati negli anni cinquanta, 85 anni dopo le vicende narrate, ritroviamo il pronipote Davis Knight (Brian Lee Franklin), imputato per aver sposato una donna bianca nonostante la sua discendenza nera per la presenza del DNA di Rachel. Anche lui ha lo sguardo fiero e si batte per i suoi diritti proprio come il suo antenato.

Ci troviamo davanti a una ricostruzione cruda dei fatti, senza perbenismi o prese di posizione, frutto di un impegno decennale del regista Gary Ross (PleasantvilleSeabiscuit), che si è minuziosamente documentato e appassionato alla vicenda di Newton Knight. «C’è un motivo per cui sono stati scritti più libri sulla Guerra civile che su qualsiasi altro periodo della storia americana. E c’è un motivo per cui Abramo Lincoln ha avuto più biografie di qualsiasi altro personaggio della storia, a parte Gesù. Quel periodo è una cesura profonda nella storia della coscienza americana.

È una ferita nella nostra storia dai danni incalcolabili. Morirono seicentomila persone. Ci sono volute varie generazioni e più di un secolo perché si potesse trovare un senso a tutto questo. Newton Knight restituisce l’essenza della Guerra civile, che è stata fondamentalmente uno scontro sul piano morale».

Queste le dichiarazioni del regista di Free State of Jones, che è anche studioso di storia e politica americana, e ha voluto raccontare soprattutto il dopoguerra, mostrando come non ci fosse una reale unione in tema di schiavitù tra gli stati Confederati, ma che al contrario molti sudisti si ribellassero moralmente ad essa.

free-state-jonesL’intento è quello di fornire un nuovo punto di vista sul periodo attraverso la lungimiranza di un uomo che combatte anche dopo la guerra per i diritti civili. Ad aiutarlo nel suo lavoro di ricostruzione, troviamo lo storico Jim Kelly, professore di storia americana presso il college della contea di Jones; David Blight che insegna Storia Americana a Yale e John Stauffler, professore di Studi Americani presso Harvard.

Lo stesso Kelly è stato contagiato dall’entusiasmo di Ross e ha voluto riscattare la figura rimasta in ombra di Newt esaminando archivi, leggendo corrispondenze e ascoltando registrazioni riguardanti la sua vita.

Con Stauffler è nata una vera e propria collaborazione anche fuori dal set di Free State of Jones, di propaganda nelle scuole sui temi trattati dal film. La visione dettagliata della guerra e del Sud passano dai testi ad una scenografia spettacolare. La Louisiana funge da sfondo all’accampamento medico confederale in cui ci troviamo all’inizio del film. Per rendere più realistiche le amputazioni hanno utilizzato anche veri chirurghi, impressionante la scena in cui segano una gamba ad un povero soldato ferito. Per le riprese della battaglia hanno chiesto l’aiuto al veterano Garrett Warren, noto stuntman di Avatar e Transformers, che ha utilizzato armamenti e tattiche militari dell’epoca.

Personalmente mi ha molto colpito la palude, le famose “swamps”, acquitrini verdeggianti tipici degli stati del Sud, non riesce difficile immaginare di potersi nascondere in luoghi così inospitali e difficili da percorrere. Gary Ross ha inoltre visitato le famiglie dei discendenti dei soldati, osservando foto e cimeli del periodo. Le caratteristiche divise grigie dei Confederati risultano molto dettagliate in Free State of Jones, manca forse la presenza della Bonnie blue flag, probabilmente per sottolineare la scarsa coesione ideologica degli stati del Sud che caratterizza tutto il film. Forse unica pecca è la lentezza e la lunghezza della pellicola, i tempi risultano troppo dilatati, quasi a voler riprendere la staticità dei pomeriggi assolati del Mississipi.

free state jones matthewMatthew McConaughey si è molto immedesimato nel ruolo ed il suo accento texano conferisce un realismo sublime al personaggio. Sicuramente col doppiaggio italiano si perderà l’intensità e la ruvidezza di questi personaggi. Newt impugna la terra per cui combatte con mani ferme e con ideali di uguaglianza molto lungimiranti per il suo tempo. La stessa terra di Tara impugnata da Rossella in Via col vento (1939), ma con la cocciutaggine di una ragazzina ricca e viziata che vuole tornare al glorioso Sud, guardando il tramonto e pensando al domani.

Lo stesso suolo sporco di sudore e sangue calpestato dal nero Solomon in 12 anni schiavo (2013). Medesimo periodo storico differenti prospettive, questa senza dubbio interessante che tocca il tema sempre delicato e attuale dell’emancipazione razziale dal dopoguerra. Il lavoro di Gary Ross per Free State of Jones ci spinge ad andare oltre, ad attualizzare la tematica trattata, viene quasi da domandarsi se tutte queste lotte e questi sacrifici ci abbiano realmente portato all’uguaglianza.

Dal gesto coraggioso di Rosa Louise Parks del 1955, il mondo ma soprattutto l’America ha imparato ad essere veramente tollerante? Negli anni cinquanta troviamo il pronipote alle prese con le leggi razziali del Mississipi, quasi un secolo dopo le vicende di Newton Knight ancora si combatte. Anche ai giorni nostri assistiamo a episodi di violenza razziale, con l’insorgere della comunità afroamericana contro la polizia in seguito alle violenze subite.

Cito fra tutti la sparatoria di Dallas di luglio 2016, in cui sono rimasti uccisi 5 agenti di polizia, durante la veglia commemorativa contro l’uccisione da parte delle forze dell’ordine, di due ragazzi neri in Louisiana e Minnesota. Ban Ki-moon riguardo all’episodio ha ribadito l’urgenza di affrontare i temi della discriminazione razziale. La guerra civile è diventata una guerra fredda, combattuta a suon di dichiarazioni mediatiche e di sparatorie nelle strade. Dalle baionette alle pistole la bandiera americana si macchia ancora di sangue. La strada da Selma insomma è purtroppo ancora lunga e tortuosa.

Ultima prova dell’odio per il diverso, per tutto ciò che non è “americano” è la recente elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, dichiaratamente razzista e misogino, pessimi ingredienti per il dichiarato e raccapricciante make America great again, con il quale distrugge anni di lotta per l’emancipazione e per i diritti di eguaglianza.

Di seguito il trailer ufficiale italiano di Free State of Jones: