I diari dal 49° Festival di Sitges: il Cineocchio in Catalogna – Giorno 9 – I Vincitori
16/10/2016 news di Redazione Il Cineocchio
Giornata finale della manifestazione, ma non per questo meno laboriosa. Ultime proiezioni e incontri anche oggi, per chiudere in bellezza
Ebbene, siamo arrivati alla fine. E come giusto che fosse, Sitges è stata finalmente baciata dal sole. Non che sia stata una giornata più tranquilla delle scorse, sia chiaro.
Primo film della giornata, dopo la lunga maratone della notte scorsa, è stato The Limehouse Golem di Juan Carlos Medina (scelto anche come film di chiusura del Festival), thriller in costume ambientato nella ferale Londra di fine ‘800 in cui un ispettore di polizia deve fare luce su una serie di sconvolgenti omicidi che vedono coinvolti un’attrice di vaudeville e altri membri della compagnia. A metà tra il whodonit e l’horror investigativo, si ricorda per le ottime prove i tutti gli attori, da Olivia Cooke a Eddie Marsan e Bill Nighy, per la suggestiva ricostruzione scenografica e per la fotografia molto curata.
Nel pomeriggio abbiamo invece avuto modo di intervistare Brian Yuzna, qui in veste di giurato, che ci ha parlato dei suoi prossimi progetti dopo alcuni anni lontano dalle scene, con Juan C. Mediana, con i giovani ed entusiasti Dan Berk e Robert Olsen, in Spagna per presentare The Stakelander ma anche sceneggiatori di Don’t Kill It, il cui protagonista Dolph Lundgren – in gran forma e molto simpatico e disponibile – è stato al centro del nostro ultimo incontro. Come sempre rimanete sintonizzati da queste parti per leggere nei prossimi giorni cosa ci hanno detto.
Prima di passare ai vincitori di questa 49a edizione, breve carrellata sui due film a cui abbiamo assistito in serata. Il primo è stato Yoga Hosers di Kevin Smith, divertissement buono per un corto/mediometraggio al massimo, in cui la figlia del regista Harley Quinn Smith e Lily-Rose Depp interpretano due giovani commesse – cantanti in erba e maniache del cellulare – che si trovano loro malgrado a dover affrontare improvvisamente un’orda di piccoli bratwurst nazisti. Sconclusionato e con diversi punti morti (nonostante la breve durata), prova a giocare la carte dei camei, da Johnny Depp ad Adam Brody e Stan Lee, e delle prese in giro al Canada e ai canadesi (paese in cui è ambientato il film), ma non lascia traccia una volta arrivati ai titoli di coda. A chiudere la serata – e le nostre visioni festivaliere – è stato quindi The Mermaid di Stephen Chow, sorta di Sirenetta in salsa orientale (e con tutti gli elementi del cinema del regista di Shanghai), che colpisce per il suo essere estremamente semplice e diretta, una parabola ecologista che non ti aspetti per niente dalla Cina, dove ha frantumato meritatamente ogni record di incassi.
Vi lasciamo con i vincitori di tutte le categorie principali, a nostro parere meritatamente:
Award per Miglior Film: Swiss Army Man di Daniels
Premio Speciale della Giuria: The Autopsy of Jane Doe di André Øvredal (QUI la recensione)
Award per Miglior Regista: Yeong Sang-ho per Train to Busan (QUI la recensione)
Award per Migliore Attrice: Sennia Nanua per The Girl With alla The Gits (QUI la recensione)
Award per Migliore Attore: Daniel Radcliffe per Swiss Army Man
Award per Migliore Sceneggiatura: Jeremy Slater per Pet (QUI la recensione)
Award per Migliori Effetti Speciali: Jung Hwang-su per Train to Busan
Award per Miglior Fotografia: Hong Kyung-pyo per The Wailing
Gran Premio del Pubblico: The Handmaiden di Park Chan-wook (QUI la recensione)
Nella sezione Orbita vince invece Lo Chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti
Non ci resta che congedarci con un caloroso hasta luego!
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