Voto: 7/10 Titolo originale: The Witches of Eastwick , uscita: 12-06-1987. Budget: $22,000,000. Regista: George Miller.
La recensione concisa | Le streghe di Eastwick di George Miller
12/02/2021 recensione film Le streghe di Eastwick di William Maga
Nel 1987, Jack Nicholson, Cher, Susan Sarandon e Michelle Pfeiffer erano i protagonisti di una commedia soprannaturale che satirizzava sull'America reaganiana e i suoi vizi
II diavolo, probabilmente. Con quel mascherone ghignante di Jack Nicholson, alias Daryl Van Horne, che altro potrebbe essere? Non bastasse tanto, ci sono anche tre streghe, come nel Macbeth di scespiriana memoria. Anzi, il titolo del libro di John Updike, fonte prima di questa ‘storia americana’ un po’ eterodossa arrivata nei cinema nel 1987, e quello dell’omonimo film ricavato dal romanzo dal cineasta australiano George Miller (reduce dal possente Mad Max oltre la sfera del tuono) le citano esplicitamente come parte essenziale di casi, avvenimenti quantomeno fuori della norma.
Dunque, accertato che l’austero Robert Bresson non c’entra qui proprio per niente, va detto piuttosto che Le streghe di Eastwick (The Witches of Eastwick) risulta un’impresa animata soprattutto da concreti propositi di lucro. In tale senso, il regista, assemblando e modulando una materia narrativa che traduce (e tradisce) con disinibito slancio il testo originano di Updike, orchestra con buona mano quel quartetto d’istrioni che ha a disposizione – cioè Nicholson, Cher, Susan Sarandon e Michelle Pfeiffer – toccando presto il colmo di una divertente, divertita tirata parodistica.
Nel caso particolare, si tratta d’una favola ridondante di significati manifestamente simbolici. Contrariamente al romanzo da cui prende spunto e traccia, Le streghe di Eastwick appare infatti un racconto neanche troppo raffinato sulle imprese diaboliche – alla lettera – del tipico perbenismo americano, seminando immediatamente sconquassi a non finire. Specie nelle vite aride, nelle case apparentemente tranquille, di alcune signore un po’ troppo sole.
Trasparente, quasi didascalica, ma anche spiritosa allegoria sul maschilismo e sul sessismo più protervi, la vicenda reggerebbe poco se non ci fossero poi ad esaltarla, a galvanizzarla via via, i dialoghi smaglianti, le gag concitate e soprattutto, come si dicevo, quel ‘poker d’assi’ d’istrionici virtuosi dell’intrico farsesco (che garantirono al film di raccogliere quasi 70 milioni di dollari al botteghino a fronte di 22 di budget).
È ovvio, Le streghe di Eastwick punta più allo spettacolo d’immediato, trascinante intrattenimento che a qualsiasi altra forma o dimensione cinematografica di più elaborata, specifica fattura. E su questo specifico terreno iI film di George Miller assolve brillantemente il compito che s’era prefisso di divertire, castigando i costumi e le smanie non proprio edificanti di tre donne solinghe e, al contempo, smorzando astratti furori e ridicole presunzioni di un satanasso d’uomo di grandi appetiti e di scarso cervello.
Le streghe di Eastwick non viene a dire cose eclatanti, né tantomeno nuove. Se rapportiamo, peraltro, la fiaba ridanciana che il film propone a certe già allora abusate storiacce americane tutte grinta e violenza, vediamo subito che la morale che se ne ricava mostra uno sua specifica, preciso funzione demistificatrice.
Basterebbe riflettere un po’ su cosa potrebbe simboleggiare in Le streghe di Eastwick quella piccola comunità di pitocchi e mezze calzette sconvolta, rovesciata come un guanto dall’arrivo del luciferino Daryl Van Horne, per avere chiaro che il bersaglio cui mira George Miller (come già a suo tempo John Updike), risulta verosimilmente gli Stati Uniti reaganiani compiaciuti e paghi della propria grettezza, di un congenito culto del denaro, dello prevaricazione capitalista. Esagero? Forse. Sembra però gustosamente rivelatore che in questa stessa ‘America amara’, o agro-ilare che sia, anche il proverbiale emblema del vizio, appunto il Diavolo, si trovi presto a molpartito.
Di seguito una scena di Le streghe di Eastwick:
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