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Voto: 8/10 Titolo originale: 劇場版モノノ怪 第二章 火鼠 , uscita: 14-03-2025. Regista: Kiyotaka Suzuki.

Mononoke – Il film 2: le ceneri dell’ira, recensione del film animato di Kenji Nakamura

17/08/2025 recensione film di Gioia Majuna

Un trionfo visivo e narrativo, un sequel che unisce splendidamente folklore, horror e critica sociale

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Mononoke – Il film 2: le ceneri dell’ira è il raro caso in cui un seguito non solo consolida un linguaggio autoriale, ma lo rende più leggibile senza smussarne la radicalità. Kenji Nakamura, dopo il più straniante Lo spirito nella pioggia, ritrova nell’Ōoku – i quartieri femminili del castello dell’Imperatore – un microcosmo che è insieme teatro politico e camera dell’orrore, trasformando l’anime in un saggio sulla combustione delle passioni: desiderio, ambizione, maternità, potere.

Due prospettive diverse convergono sullo stesso esito: chi si lascia attirare dall’“uncanny” e dalla tavolozza ukiyo-e resta ipnotizzato; chi arriva dall’originale serie del 2007 e dal primo film avverte come la scrittura di Yasumi Atarashi abbia asciugato le sbavature, mettendo a fuoco un racconto più teso, preciso, necessario.

La scelta di ripartire a un mese dagli eventi del film precedente e di saltare quasi ogni spiegazione è un atto di fiducia nello spettatore. Le ceneri dell’ira dà per noto l’ecosistema dell’Ōoku, i suoi codici e le sue rivalità, e si concentra su ciò che lo alimenta: la partita senza esclusione di colpi per l’erede maschio. L’ascesa di Lady Botan, l’attenzione dell’Imperatore per Lady Fuki, l’ansia di casate che misurano il proprio destino nel grembo di una concubina: qui la politica dinastica non è scenografia, è la miccia. Nakamura ne coglie l’essenza in un’immagine ricorrente – il “seme di fuoco” – e la fa circolare in segni visivi che stringono in un unico flusso la cronaca di corte e l’irruzione del soprannaturale.

In questo quadro irrompe l’Hinezumi, yōkai della protezione materna che devia verso il furore vendicativo quando i desideri vengono piegati e soffocati. È una creatura perfettamente incastonata nell’idea di film: maternità come promessa e minaccia, cura che diventa brace, calore che si fa incendio. Se Lo spirito nella pioggia lasciava a lungo sospese piste e personaggi, qui la messinscena mantiene la densità del mistero ma la dirige, con una pulizia che potremmo definire musicale. Lo speziale – detective metafisico più che esorcista – non smonta il mostro per compiacere il giallo, ma per riportare alla luce la catena di decisioni, imposizioni e omissioni che lo hanno generato. Il Male non è un’entità esterna: prolifera dove l’istituzione schiaccia i corpi, dove gli affetti vengono negoziati come capitale.

Mononoke Il film 2 le ceneri dell'ira 2025La regia si fa allora partitura. L’animazione, che già nel primo film stupiva per audacia, qui diventa struttura del pensiero: transizioni come arazzi illustrati, pattern che scorrono da un’inquadratura all’altra, fili di fumo che cambiano tono dal grigio al nero e marcano il passaggio dall’avvertimento alla condanna. Il colore non è mai decorazione: è sintassi emotiva. Ogni gesto è pesato – l’aspirazione d’aria, il sudore che scivola, il labbro che si irrigidisce – e il terzo atto esplode in un confronto che non concede ripari allo sguardo, senza mai cedere alla pornografia del movimento. Quando il fuoco finalmente dilaga e lascia solo carcasse annerite, la visione resta paradossalmente cristallina: ciò che brucia non è “il male”, è un sistema.

Questa lucidità è resa possibile da una scrittura sorprendentemente senza orpelli, capace di comprimere questioni complesse – patriarcato, classe, casta, autonomia del corpo – in snodi di azione che non rallentano mai. La critica non è declamata: è incorporata negli attriti tra donne a cui la struttura toglie alleanze e restituisce soltanto ruoli in conflitto, nella figura di un Imperatore ridotto a macchina per eredi e di una corte maschile che orchestra, reprime, distorce. È proprio qui che Le ceneri dell’ia supera il capitolo precedente: non rinuncia al labirinto, ma ne sigilla le vie di fuga; non rinuncia all’ambiguità, ma la piega a un’idea chiara di mondo.

Sul piano sensoriale, l’opera rasenta l’abbacinante. Il montaggio taglia come una lama di carta di riso, la musica tiene il battito sotto la pelle delle immagini, e soprattutto le voci – fuse in modo da cancellare il confine tra attore, personaggio e spazio – fanno ciò che l’animazione migliore sa fare: incarnare. È raro che un doppiaggio non “scavalchi” mai il disegno né che il suono non si isoli come virtuosismo; qui ogni elemento è parte di una stessa respirazione. Si capisce allora perché, per alcuni, la folgorazione sia arrivata come una conversione improvvisa e, per altri, come un ritorno dopo lo spaesamento del primo film: Nakamura non ha ammorbidito lo stile, lo ha accordato.

L’Ōoku, più di qualsiasi figura, è il protagonista silenzioso: una città-stanza con una coscienza di classe propria, a metà tra teatro Nō e casella di shōgi, dove ogni spostamento dei pezzi è gravato da conseguenze. La macchina da presa ne conosce ogni angolo e ogni cucitura; lo spazio non è solo mappa, è morale. Per questo lo spettacolo della crudeltà non ha nulla di compiaciuto: la violenza più indigeribile non è lo slancio pirotecnico dell’Hinezumi, ma l’ordinarietà con cui le vite vengono amministrate, scambiate, sacrificate. La fantasia serve a vedere meglio il reale, non a fuggirlo.

Se Mononoke – Il film 2: le ceneri dell’ira risulta superiore a Lo spirito nella pioggia è perché riesce a tenere insieme l’ipnosi e la logica, la vertigine e il rigore. È un film di stanze che diventano abissi, di fiori che sono fiamme e di fumi che scrivono destini. È anche un gesto politico che non teme l’allegoria e non teme il bello; anzi, affida proprio alla bellezza – alla sua capacità di ferire e curare – la responsabilità dell’ultimo giudizio. Chi arriva per i colori resta per le crepe; chi arriva per il mito resta per l’analisi; chi arriva per il brivido resta per la tristezza che segue, lenta, come brace sotto la cenere.

Nel percorso verso il terzo capitolo, annunciato per il 2026, questo secondo film stabilisce lo standard: non imitabile, non negoziabile, non addomesticabile. In un panorama dove anche l’animazione più audace rischia di diventare formula, Le ceneri dell’ira ricorda che il linguaggio può ancora bruciare – e che, quando lo fa, illumina.

Per chi cerca una recensione di Mononoke – Il film 2: le ceneri dell’ira che vada oltre la superficie, la risposta è semplice: è un trionfo visivo e narrativo del 2025, un anime che trasforma il folklore in critica sociale e l’horror in etica, confermando Kenji Nakamura come una delle voci più radicali del cinema d’animazione contemporaneo.

Di seguito trovate il trailer di Mononoke – Il film 2: le ceneri dell’ira, in esclusiva per Netflix dal 14 agosto:

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