Voto: 6.5/10 Titolo originale: Oblivion , uscita: 10-04-2013. Budget: $120,000,000. Regista: Joseph Kosinski.
Oblivion: la recensione del film sci-fi diretto da Joseph Kosinski
22/05/2020 recensione film Oblivion di William Maga
Nel 2013, Tom Cruise, Andrea Riseborough e Olga Kurylenko erano i protagonisti di un'opera ambiziosa e imperfetta, ma originale e fuori dai canoni di Hollywood
Negli ultimi anni, non solo abbiamo visto pochi film di fantascienza ad alto budget (il nostro dossier sull’andamento del genere nel 2019), ma quasi nessuno è scaturito da una sceneggiatura originale, quindi, quando ne appare uno, rappresenta inevitabilmente un gradito scossone nello status quo imperante. Nonostante sia rivestito da una patina action tale da evitare agli spettatori più ‘superficiali’ di annoiarsi, Oblivion del 2013 mette sul piatto un’offerta sci-fi più ‘vera’ del 90% di ciò che Hollywood ormai prova a spacciarci come tale.
Non è una fantascienza “difficile”, di quella della scuola di Isaac Asimov per intendersi, ma sembra più genuina di gran parte di ciò che normalmente ottiene 120 milioni di dollari di finanziamenti da parte di un grande studi. Una montagna di soldi che – paradossalmente, vista l’idea ‘sbagliata’ veicolata – potrebbero proprio essere ciò che lo ha danneggiato in ultima istanza al botteghino (‘appena’ 285 milioni globalmente). Nonostante varie sparatorie, risse, inseguimenti e incidenti, Oblivion non è certo un film particolarmente adatto a un pubblico di adolescenti. La trama è troppo densa e il ritmo troppo irregolare rispetto al blockbuster medio.
È facile cavillare a oltranza su Oblivion. Ci sono molti piccoli buchi e incongruenze. Il problema è legato al rapporto tra contenuti e durata. C’è troppo materiale per essere stipato in 126 minuti. Il retroscena da solo basterebbe a riempirli. Pertanto, su alcune cose si sorvola, e le spiegazioni vengono omesse. È abbastanza facile razionalizzare la maggior parte di ciò che non è chiarito, ma è un po’ fastidioso che tali ragionamenti siano necessari.
Al suo cuore, riguarda la natura dell’identità – un tema piuttosto ricorrente nelle opere di fantascienza più colte. Un individuo è definito dal suo DNA? È la somma dei propri ricordi? Cosa costituisce l’essenza della “umanità”? Star Trek (in particolare la serie The Next Generation) ha spesso affrontato questa domanda, così come il reboot di Battlestar Galactica. Oblivion si appoggia anche su altri temi cari alla sci-fi (che non menzioneremo per evitare si rovinare alcune sorprese di trama).
L’anno è il 2077. La Terra è un deserto arido, il risultato di un conflitto con gli alieni accaduto 60 anni fa. L’umanità ha vinto la guerra, ma ha perso il pianeta – i sopravvissuti sono fuggiti su Titano, dove hanno stabilito una colonia. I resti contaminati del “mondo natio” sono però sorvegliati da una serie di droni e dai loro custodi umani e sono state create enormi stazioni di conversione sospese per trasformare l’acqua in energia a vapore e incanalarla su Titano per fornire energia alla colonia. Nel frattempo, il nemico non è stato completamente sradicato. Gruppi di sopravvissuti isolati si aggirano tra le rovine delle vecchie città e occasionalmente attaccano e disattivano i droni.
Jack (Tom Cruise) e Vic (Andrea Riseborough) sono una “squadra” vicina alla fine di un turno di servizio come osservatori della Terra. Con la memoria cancellata prima della missione, nessuno dei due vanta ricordi dei giorni precedenti all’arrivo nell’appartamento ipertecnologico dove vivono con vista sulla costa orientale. Non sono sposati effettivamente, ma è come se lo siano.
Vic rimane in contatto con Sally (Melissa Leo), la loro comandante in remoto, e Jack vola a bordo di un velivolo ad alta velocità, localizzando e riparando i droni danneggiati. Ma, mentre Vic non è interessata al passato e vuole solo tornare su Titano il più presto possibile, l’uomo sogna una bella e misteriosa donna di nome Julia (Olga Kurylenko), e afferma che tali sogni siano più dei ricordi. Inoltre, si è innamorato della Terra e vuole rimanere lì. Ha persino costruito una baita in una zona tranquilla dove a volte atterra per fare un po’ di ‘ricerca e sviluppo’.
Come forse ricorderete, negli anni 2000, Tom Cruise ha sviluppato una propensione per i film di fantascienza, sebbene Oblivion sia il primo realizzato dopo il rifacimento di La guerra dei mondi del 2005. L’attore apporta ciò che è necessario a un ruolo del genere: la stessa resistenza e la stessa fisicità messe in mostra durante la saga action spionistica di Mission: Impossible.
Andrea Riseborough si cimenta con un personaggio emotivamente vacuo; la superficialità del ritratto è probabilmente più un riflesso delle intenzioni della sceneggiatura piuttosto che un’indicazione delle sue abilità attoriali. Mentre lei e Tom Cruise non si ‘connetto’ mai, lo stesso non si può dire di Cruise e dell’eterea Olga Kurylenko. La sua esibizione qui è più “terrena” rispetto a quella offerta in To the Wonder l’anno prima, ma la grande espressività del suo viso è tutta a vantaggio del film, come lo era stata in quello di Terence Malick e lavora bene con il partner. Nel casta compaiono in ruoli minori, ma fondamentali, anche Morgan Freeman (alle prese con un grosso sigaro) e Nikolaj Coster-Waldau (Il Trono di Spade).
Il lavoro sugli effetti visivi è di prim’ordine. La maggior parte dello sforzo dei tecnici finisce nella creazione di una New York e di una Washington post-cataclisma, inclusi monumenti come l’Empire State Building, il Pentagono, il Monumento a Washington, la Statua della Libertà e il Ponte di Brooklyn. Ovviamente, questa non è la prima volta che vediamo questo genere di scenari – Il Pianeta delle Scimmie del 1968 ha ampiamente fatto scuola – ma ciò non ne diminuisce il fascino o l’efficacia. Gli effetti sonori, inclusa la colonna sonora palpitante degli M83, sono “sparati” così da rimanere impressi nell’udito, anche se ci sono momenti in cui attirano un po’ troppa attenzione su di loro.
Va anche detto che Oblivion rappresenta solo il secondo sforzo registico di Joseph Kosinski, che aveva debuttato nel 2010 con TRON: Legacy. Qui, ha lavorato a una sceneggiatura che ha co-scritto basandosi sull’omonima graphic novel del 2010 (sempre da lui curata), quindi le eventuali lamentale e critiche per il risultato finale, in particolare per le carenze narrative e i problemi di ritmo, sono tutte da attribuire a lui soltanto.
Allo stesso tempo, può comunque rivendicare il merito di aver portato sullo schermo una storia sufficientemente intrigante da coinvolgere gli spettatori maggiormente interessati alle storie futuristiche che alle semplici esplosioni e alle battaglie spaziali. Proprio come il quasi coevo Cloud Atlas delle Wachowski e Tom Tykwer, Oblivion è imperfetto, ma alcune delle sue imperfezioni derivano dall’essere eccessivamente ambiziose. E, mentre si potrebbe sostenere che i personaggi sono secondari rispetto alle idee e alla trama, è difficile non ritrovarsi a preoccuparsi di ciò che accade alle persone alla fine e di ciò che quell’ultimo momento indica riguardo al concetto di identità.
Di seguito una scena di Oblivion:
© Riproduzione riservata