Voto: 7/10 Titolo originale: Raya and the Last Dragon , uscita: 03-03-2021. Budget: $100,000,000. Regista: Carlos López Estrada.
Raya e l’ultimo drago | La recensione del film animato Disney di Hall ed Estrada
08/03/2021 recensione film Raya e l'ultimo drago di Gioia Majuna
I due registi si cimentano con un'opera dedicata alla tradizione e alla cultura dei paesi del su-est asiatico, avvalendosi di animazioni superbe ma canalizzando un messaggio un po' troppo infantile
L’ultimo progetto di animazione dei Walt Disney Studios, Raya e l’ultimo drago (Raya and the Last Dragon), non potrebbe arrivare in un contesto più appropriato. Dopo anni di sviluppo, la versione finale prevista per i cinema (chissà quando …) e per Disney+ Premier Access, è un’esplorazione di tematiche come la fiducia nel prossimo e la responsabilità sociale di ciascuno dal punto di vista di personaggi nativi del sud-est asiatico in un momento storico in cui il globo sembra più diviso che mai e in cui, negli Stati Uniti, stanno aumentando gli attacchi ai membri della comunità asiatico-americana. Vista attraverso questa lente, l’uscita del film è allora di buon auspicio, offrendo una barlume di speranza e di ottimismo mentre l’oscurità persistente nel cuore dell’uomo non sembra accennare a diradarsi.
D’altra parte, però, c’è qualcosa di così semplicistico, di così ingenuo, nell’impasto di Raya e l’ultimo drago da farlo apparire – se non altro agli occhi di chi ha più di 10 anni – troppo inverosimile per essere possibile (aka credibile). Sostenuto da performance vocali adeguatamente rappresentative e ambientato in un mondo di pura immaginazione, il film è allo stesso tempo sia una narrazione commovente e ricca di speranza che una visione capace di indurre frustrazione e rabbia in coloro che credono fin troppo nella fiducia nel prossimo e non ricevono neppure un grammo di autoconsapevolezza da coloro che non ne hanno.
La comunità di Kumandra è suddivisa in cinque territori: Coda, Artiglio, Dorso, Zanna e Cuore, ognuno con le proprie caratteristiche distintive uniche, ciascuno collegato da un fiume che li attraversa. Con un sentimento di sfiducia che cresce di giorno in giorno, l’ultimo guardiano rimasto della Gemma Drago, Raya (doppiata in originale da Kelly Marie Tran), è alla ricerca dell’ultimo drago perduto, Sisudatu (Awkwafina), il cui ritorno potrebbe porre fine ai venti di guerra e riportare la pace tra i popoli. Mentre Raya cerca i frammenti della Gemma Drago sparsi tra i vari leader di quelle terre, trovando un aiuto inaspettato lungo la strada, viene anche braccata dalla principessa di Zanna, Namaari (Gemma Chan), che vuole ricostruire l’intera Gemma Drago esclusivamente per la protezione dei suoi sudditi.
In un qualsiasi altro anno, un film con due registi, due co-registi, due sceneggiatori e ben otto nomi per la storia sembrerebbe destinato alla lunga pila dei fallimenti annunciati. Molte sono infatti le voci e le prospettive da incanalare in un’avventura animata di meno di due ore di durata che deve risultare soddisfacente visivamente e narrativamente. Ma – come sappiamo bene – il 2021 non è un anno come gli altri.
Anche se Raya e l’ultimo drago è stato in lavorazione per un bel po’ di tempo – ogni nuova testa aggiuntasi al progetto ha adattato e modificato un po’ la storia, fino a farla diventare la sceneggiatura scritta da Qui Nguyen (The Society, che ha anche fornito una coreografia aggiuntiva di riferimento per i combattimenti) e Adele Lim (Crazy Rich Asians) – la versione finale è stata costruita principalmente in remoto, a causa della pandemia. Le note di produzione non spiegano la necessità di due co-registi, ovvero Don Hall (Moana) e Carlos López Estrada (Blindspotting), ma è abbastanza facile ipotizzare che in questo modo sia stato più facile coordinare l’attività di un grosso team che ha lavorato da casa.
Qualunque sia la ragione, da Raya e l’ultimo drago non traspare mai l’idea che sia stato assemblato da più persone, offrendo un’avventura fantasy coesa tanto emotivamente premurosa quanto divertente. Simile per molti versi a Oceania (2016) e Frozen II (2019), l’avventura della giovane Raya scorre da un luogo all’altro senza particolari forzature o casualità, consentendo alla sua ricerca di avvinghiare lentamente lo spettatore prima di trascinarlo a briglia sciolta. Inoltre, in modo simile ai due film citati, l’effettiva portata della narrazione e l’approccio alla conclusione della storia sono differenti da tutto ciò che i trailer promozionali lasciavano intendere. Senza anticipare nulla, è proprio questo allontanamento dalle convenzioni che rende Raya e l’ultimo drago molto più interessante.
Prima della distribuzione, Raya e l’ultimo drago era stato pubblicizzato come una straordinaria fusione di culture del sud-est asiatico (o SEA). Le prime immagini mostravano un’ambientazione lussureggiante, mentre il primo trailer suggeriva qualcosa di mistico e di meraviglioso. Poi è uscito il Mulan live-action di Niki Caro (la recensione), un film che aveva lasciato intendere un atteggiamento rispettoso verso la Cina nei promo, salvo poi rivelarsi un prodotto che è sembrato fraintendere e, in alcuni casi, addirittura travisare, quella cultura. Raggiungere lo stesso livello di imbarazzo è più difficile con Raya e l’ultimo drago, specialmente perché la terra di Kumandra è del tutto fittizia, ma non sarebbe comunque del tutto impossibile. È chiaro, tuttavia, che Qui Nguyen e Adele Lim non solo hanno ‘studiato’ di più, ma che Don Hall e Carlos Estrada hanno ascoltato i loro sceneggiatori durante le fasi di creazione. Come mai lo si può affermare? I piccoli dettagli.
Ogni paese è distinguibile per quanto riguarda architettura, agricoltura, tessuti e genealogia. I cinque territori sono collegati dall’acqua, quindi hanno qualcosa in comune, ma ciascuno è abbastanza diverso da apparire unico. All’interno di queste distinzioni si avvertono i sapori del mondo reale, come mostrato nello stile di combattimento del Pencak Silat (tipico della Malesia e dell’Indonesia) di Raya opposto agli stili del Muay Thai e del Krabi Krabong di Namaari (squisitamente thailandesi).
Se gli stili di combattimento e le armi che li accompagnano parlano delle arti marziali del SEA e delle loro rispettive filosofie, ciò che rende veramente palpabile Raya e l’ultimo drago e che diventa anche la manifestazione fisica del tema centrale della narrazione è il cibo (un ruolo simile si può ritrovare nei film di Hayao Miyazaki). Un piatto specifico, preparato dal padre di Raya, Benja (Daniel Dae Kim), che richiede per poter essere realizzato un tipo di cibo da ciascuno dei cinque territori, è a sua volta ispirato alla zuppa Tom Yum thailandese. Questa zuppa viene trattata, in primo luogo, come un modo concreto per indicare l’importanza dell’unione (un’illustrazione ‘commestibile’ dell’armonia, se preferite), che poi si espande fino a includere ogni vettovaglia, poiché Raya diffida di qualsiasi cibo che non abbia preparto lei stessa.
Il cibo è nutrimento e, senza di esso, un corpo si indebolisce e muore. La sceneggiatura di Qui Nguyen e Adele Lim implica che lo stesso avvenga per lo spirito e il senso di comunità qualora non ci si possa fidare di un’altra persona per condividere qualcosa di semplice come un pasto. Senza questa semplice forma di fiducia, non si può costruire nulla di più grande. In definitiva, Raya e l’ultimo drago si presenta come del tutto puro, assolutamente conforme allo spirito delle culture a cui si ispira, creando qualcosa che esemplifica il meglio della cultura SEA evitando le mere concessioni simboliche.
Detto questo, c’è un aspetto in cui il film vacilla, ma può molto dipendere dal sentimento personale di ogni spettatore. Come i già citati Oceania e Frozen II, Raya e l’ultimo drago parla tanto di fallimento quanto di guarigione; in particolare, il fallimento dell’umanità nel mettere al primo posto noi stessi invece dei nostri vicini. Quando però tutto si riduce alla fiducia, offrire una conclusione in linea con l’approccio di quei due titoli sembra fin troppo ingenuo per gli standard odierni.
Confidare nel prossimo per fare la cosa giusta di fronte alle avversità è una buona lezione da imparare per le future generazione? Certo. Tuttavia, arrivati a marzo 2021, quasi un anno dopo che il mondo intero è entrato in lockdown a causa del COVID-19, e vedendo come una buona parte della popolazione ha reagito allo stato di calamità, film come Raya e l’ultimo drago appare inevitabilmente un po’ irresponsabile e ostinatamente disneyano. Laddove qualcuno può essersi ritrovato a commuoversi per alcuni momenti emotivi o per le battute dei personaggi, qualcun altro si sarà ritrovato a pensare al fatto che questo tipo di ottimismo è davvero ‘fuori dal mondo’.
L’ipotetica domanda filosofica del “Che aspetto avrebbe l’umanità di fronte a una crisi globale?” sollevato in passato da molti disaster movie e film di zombie ha ricevuto negli ultimi mesi una risposta ufficiale. A chi – di quelli che si sono attenuti rigorosamente alle regole – non sarebbe piaciuto condividere con amici e parenti cene e pranzi di Natale (e di Pasqua) o festeggiare compleanni e anniversari, ma non l’hanno potuto fare, mentre tutt’intorno – e in TV – vediamo persone che se ne vanno bellamente a sciare in gruppo, fanno aperitivi nei locali e cene in hotel conniventi, discutono dell’utilità delle mascherine e, in generale, si lamentano solo delle limitazioni alla loro quotidianità?
Un’argomentazione forse eccessiva visto che si parla di un film di animazione rivolto eminentemente ai bambini (e che ricalca la tipica struttura di quasi ogni film Disney, canzoni escluse), ma un adulto non può fare a meno di pensarci. Allora, l’idea che poter condividere un pasto sia sufficiente per annullare 500 anni di discordia è faciloneria da fiaba. Potrebbe essere un buon primo passo in tal senso, come suggerito da Raya e l’ultimo drago? Assolutamente. L’esecuzione del messaggio è davvero adorabile e commovente, anche se figlia di un’idealizzazioni estrema.
Al di là di questa cinica parentesi, Raya e l’ultimo drago è tutto ciò che aveva prospettato. È tanto una celebrazione della cultura SEA quanto il tipo di racconto commovente e avventuroso della Disney. Parte Dark Crystal (la recensione), parte I Predatori dell’Arca Perduta, è un racconto di formazione pieno di divertimento per tutta la famiglia. A stupire sono – comprensibilmente – le animazioni fotorealistiche, che addirittura mutano per un breve periodo a seconda della prospettiva. Anche se per poco, i cambiamenti nello stile visivo completano la tecnica principale, dimostrando ancora più chiaramente perché alcune storie sono destinate all’animazione mentre sarebbero inutili se trasposte in un live-action.
In definitiva, il mondo di Kumandra appare concreto e vivo, c’è una motivazione valida a spingere le azioni dei protagonisti e il messaggio di fondo è decisamente attuale e necessario. Viaggiare al fianco di Raya e dei suoi amici non dovrebbe essere comunque una questione di se (vedi il costo dell’acquisto in anteprima), ma di quando. Perché avventura e ristoro terapeutico dell’anima attendono coloro che cercano la Gemma Drago. Il viaggio, tuttavia, potrebbe non andare come ci si aspetta. Ma provateci ugualmente.
Di seguito trovate il full trailer italiano di Raya e l’ultimo drago, in streaming su Disney+ (via accesso VIP) dal 5 marzo (pare dal 4 giugno per tutti gli abbonati):
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