Titolo originale: Bees Make Honey , uscita: 01-01-2018. Regista: Jack Eve.
Recensione | Bees Make Honey di Jack Eve
09/07/2018 recensione film Bees Make Honey di Sabrina Crivelli
La fascinosa Alice Eve è protagonista di una dark comedy che fonde l'estetica noir anni '30 con una regia inventiva e visionaria
Tra i film in concorso per la Orbit Competition al BIFFF 2018 (dove noi abbiamo potuto vederlo in anteprima), Bees Make Honey, scritto e diretto da Jack Eve (Death of a Farmer), è un’elegante ed eccentrica black comedy con tocchi noir dal sapore retrò e uno stile di sicuro non banale.
Ambientata nel 1935, la storia è collocata in una sfarzosa magione britannica, durante una festa in maschera per celebrare Halloween. E’ stato commesso un omicidio l’anno precedente e la fascinosa padrona di casa, Honey (Alice Eve), ha assoldato l’ispettore Shoerope (Wilf Scolding) per scoprire chi siano i colpevoli della morte dell’amato marito, che lei è certa celarsi tra gli invitati.
Inno quindi all’estetica vintage, anni ’30, combinata con iperbolica ironia e dialoghi serrati, ad un primo sguardo Bees Make Honey contiene tutti gli ingredienti fondamentali del noir d’altri tempi: una bellissima femme fatale in abito da sera e rossetto scarlatto, un intraprendente detective che viene sedotto, un misterioso crimine da svelare, loschi individui e fiumi di champagne. Gli elementi chiave del genere si sommano poi a uno stile smaccatamente classico in termini di regia e fotografia, che immediatamente si nota in alcuni passaggi e inquadrature, come il primo piano del volto di Honey illuminato solo parzialmente da basso e poi tenuto per il resto in penombra. Un take che riprende perfettamente le convenzioni estetiche di pietre miliari quali Il Mistero del falco o Psyco. Scelta volontaria e arguta, Jack Eve gioca con i cliché, sia a livello di forma che di diegesi, per poi introdurre però degli inserti alienanti, che stonano con il complesso e lasciano chi guarda decisamente straniato. Tra il tributo cinefilo e la caricatura, il regista riesce quindi a mantenere un sapiente equilibrio che di certo potrà essere apprezzato dagli estimatori del cinema classico, ma che non ha il sapore di mero tributo nostalgico.
Al contrario, sull’impalcatura piuttosto tradizionale viene edificato un costrutto pirotecnico, che tange le eccentriche scelte registiche, il montaggio a tratti al limite dello sperimentale e i personaggi stravaganti. Da una parte, a caratteri – come detto – stereotipici in Bees Make Honey si alternano veri e propri voli pindarici: esempio perfetto è la sequenza in cui Russell (Ivanno Jeremiah), truccato da vera e propria diva, presenta il re e la regina della serata, ossia Honey e l’ispettore Shoeropei, a cui segue una sfida dei due al gioco in cui si devono trasportare con i soli denti più mele possibili in una bacinella piena d’acqua. In un visionario e velocissimo montaggio alternato vediamo i due che si cimentano nell’impresa, l’occhio della camera si muove frenetico sul soggetto, poi alcuni frammenti di rallenti a cui segue uno stacco, i tentativi dell’altro che con la mela in bocca, d’improvviso, è sprofondato su uno schermo nero, quasi precipitasse in un baratro, per tornare successivamente su di lei in turbinio d’immagini che dà la sensazione allo spettatore quasi d’affogare in quelle stesse bacinelle piene d’acqua e di mele. Il medesimo effetto è reso dai grotteschi flashback in cui i vari eccentrici personaggi sono introdotti via via lungo il minutaggio. Parentesi caricaturali spesso in flashforward, mostrano l’uno che caccia gli uccelli dal porticato, o un gruppo di nazisti (elemento chiave per lo sviluppo della trama) che cantano e fanno farsesche smorfie a tre donne che reagiscono con sdegno, il tutto con una musichetta comica di sottofondo.
Viene così delineata una galleria di tipi umani, un carnevale fatto di costumi e individui, con piglio degno de’ Il grande Gatsby (The Great Gatsby) post-moderno di Baz Luhrmann. L’approccio e il periodo sono assimilabili per più fattori, anche se il contenuto è ben diverso; in ambedue gli anni ’30 sono attualizzati in sequenze sincopate, balli sfrenati e uno stile filmico sfrontato. Manierista, fortemente estetizzante, in Bees Make Honey è però più marcato il lato dissacrante e, inseriti più o meno in bella vista lungo tutto il film, troviamo numerosi dettagli farseschi. Le battute, le azioni, alcuni particolari, molto concorre a dare l’idea che tutto sia sospeso tra il serio e il faceto; l’apoteosi è raggiunta quando in secondo piano si scorgono le silhouette di una coppia che copula mentre i protagonisti discutono in primo piano, oppure quando i preparativi di un efferato omicidio vengono interrotti da un ospite inatteso e i villain e quest’ultimo si dedicano a una funambolesca danza mentre sniffano cocaina, o ancora un’entrata ad effetto, resa ridicola dalla decisione dell’eroe di indossare abiti da donna.
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