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Voto: 6/10 Titolo originale: 인랑 , uscita: 25-07-2018. Budget: $16,723,043. Regista: Kim Jee-woon.

Illang – Uomini e lupi | La recensione del film di Kim Jee-woon (su Netflix)

21/10/2018 recensione film di William Maga

Il regista coreano si cimenta con la versione live action (distribuita da Netflix) del celebre Jin-Roh di Mamoru Oshii, ma il risultato è un'opera senza una precisa direzione e con protagonisti appena abbozzati nonostante i 140' di durata

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L’adattamento per il grande schermo di un lavoro preesistente è un processo intrinsecamente difficile. Se il film è troppo fedele al materiale di partenza, rischia di essere etichettato come un rigurgito banale; se si prende troppe libertà, rischia di alienarsi la fan base. Quasi sempre, si opta per una via di mezzo che finisce per scontentare un po’ tutti. Si tratta di trovare un difficile equilibrio tra la creazione di qualcosa di fresco e originale, mentre si tenta di mantenere intatti i concetti alla base di un’opera amata. Le grandi trasposizioni solitamente riescono a issarsi da qualche parte nel mezzo di questi due estremi dello spettro. Sfortunatamente, Illang – Uomini e lupi (Inrang) fallisce piuttosto miseramente sotto entrambi gli aspetti.

Nono lungometraggio di Kim Jee-woon (il nostro incontro con il regista coreano dello scorso anno), è un adattamento cinematografico live action della celebre saga manga giapponese Kerberos Panzer Cop, poi con successo divenuta già nel 1999 un lungometraggio animato, dal titolo Jin-Roh – Uomini e lupi, entrambi scritti da Mamoru Oshii. Illang – Uomini e lupi in qualche modo riesce sia a non preservare lo spirito del materiale originale che a deludere come semplice film autonomo e con un qualche significato, finendo per limitarsi a sguazzare nella mediocrità. Le tipicità che hanno reso Kim Jee-woon uno dei nomi più interessanti del panorama asiatico degli ultimi 10 anni (si pensi a A Bittersweet Life, I Saw the Devil o The Age of Shadows) non si trovano da nessuna parte in questa pellicola.

Illang – Uomini e lupi prende l’originale e lo ricontestualizza in Corea e in un diverso periodo. Mentre l’originale Jin-Roh si svolge negli anni ’50 del Novencento, mostrando una storia alternativa col Giappone che è stato conquistato dalla Germania, qui ci troviamo nel futuro distopico del 2029, dove Sud e Nord Corea sono sul punto di riunificarsi (curioso, visto quando successo nella realtà proprio negli ultimi mesi). La premessa di base è la seguente: Gang Dong-Won interpreta Joong-Kyeong, un membro della Wolf Brigade / Brigata dei Lupi, una squadra di assassini segreta che opera all’interno di un’Unità delle Forze Speciali autorizzata dal governo che è stata creata per contrastare un gruppo terrorista anti-unificazione noto come “La Setta / The Sect”.

Le conseguenze dei danni collaterali derivanti dalle attività della Brigata dei Lupi hanno scatenato disordini civili e un aumento delle proteste pubbliche, che chiedono lo scioglimento della divisione delle forze speciali.

Un incidente durante il prologo, nel quale Joong-Kyeong non riesce a fermare in tempo il suicidio esplosivo di una giovane membro della Setta, getta altra benzina sul fuoco. L’uomo si ritrova così a combattere contro il trauma di ciò che ha visto mentre si prepara a incontrare la sorella maggiore della ragazza, Yoon-Hee (interpretata da Han Hyo-Joo). Nel frattempo, l’organizzazione governativa delle forze speciali rivale, il Dipartimento di Pubblica Sicurezza, cospira per screditare e smantellare l’Unità delle Forze Speciali e stabilire così il proprio dominio nella sfera politica sfruttando questa instabilità.

Kim Jee-woon – autore anche della sceneggiatura – rende inspiegabilmente ingarbugliata una trama di base che non sarebbe nemmeno così complessa come cerca di sembrare, optando oltretutto per inutili spiegoni, voci fuori campo e inserti animati casuali. Lui stesso ha descritto la sua ultima fatica come come un “thriller d’azione di fantascienza”, ma è davvero arduo trovare elementi genuinamente sci-fi lungo gli eccessivi 140 minuti di narrazione. Per un film che si svolge in un futuro distopico straziato dalla violenza, l’intero aspetto visivo è sconcertantemente scialbo. Oltre alle armature nere della Brigata dei Lupi (che, grande merito, sono un’accurata rappresentazione di quelle viste nell’anime), tutto il resto rispecchia quella che è tranquillamente la Corea contemporanea, con ben pochi riferimenti a indicare un’ambientazione dark e / 0 futuristica.

E comunque, anche quelle corazze sono fin troppo lucide e plastiche per trasmettere in modo appropriato un’atmosfera cupa e da guerriglia urbana. Il mondo all’interno di questa pellicola è semplicemente troppo vuoto e disabitato per restituire allo spettatore un senso di vissuto. Non bastasse, l’azione distillata in Illang – Uomini e lupi è … generica. Le sequenze action, per quanto ben coreografate, sono immediatamente dimenticabili, il che è fastidioso dal momento che questo film è stato diretto da qualcuno che è stato precedentemente lodato per i suoi ispirati momenti movimentati. Senza contare che alcune sono eccessivamente e inutilmente dilatate. È solo un collage confuso di personaggi che si picchiano, si prendono a calci o che sparano, puro rumore visivo.

Questa mancanza di sostanza sotto la superficie delle scene d’azione è anche indicativa di un problema molto più grande: lo sviluppo dei personaggi. Le motivazioni sono o troppo vaghe o solo accennate, il che rende quasi impossibile curarsi di quello che sta accadendo sullo schermo. Non c’è nessuna preoccupazione da parte del regista di fornire una qualche ragione allo spettatore per sentire un minimo di vibrazione quando qualcuno viene colpito; serve una reale connessione per soffocare nel dolore insieme ai protagonisti.

Per una storia che cerca così tanto di ottenere una risposta emotiva, la mancanza di profondità è sorprendente. Naturalmente, un personaggio è decente quanto l’attore che lo impersona, e il livello recitativo in Illang – Uomini e lupi è quantomeno sospetto. Forse gli interpreti hanno fatto il meglio che hanno potuto con quello che gli è stato dato dallo script, ma per un film che vanta così tanti pezzi grossi coreani, c’è una sovrabbondanza di esibizioni fin troppo imbalsamate sul piatto.

Gang Dong-Won non ha molti dialoghi, quindi si limita sostanzialmente a sguardi intensi, mentre Han Hyo-Joo pigia troppo sul drammatico e Jung Woo-Sung, che interpreta l’ufficiale addetto alla formazione della Brigata, non ha un ruolo abbastanza ampio da lasciare un ricordo duraturo. L’unico punto luminoso che merita di essere menzionato è Kim Mu-Yeol, che dà vita a un alto ufficiale nel Dipartimento di Pubblica Sicurezza e funge da principale antagonista, portatore della giusta dose di zelo per renderlo abbastanza improbabile da distinguersi tra gli innumerevoli archetipi.

Detto questo, la ragione principale per cui questo film non funziona è che non ha una precisa idea di cosa voglia essere. Cerca di comportarsi come un thriller d’azione politico-cospirativo, ma suona piuttosto come un melodramma romantico (che sarebbe stato persino accettabile – più o meno – se solo gli elementi romantici fossero stati correttamente messi a punto, invece si scade nel ridicolo grazie alla totale mancanza di chimica tra i due protagonisti … vedere la scena del bacio).

Per coloro che non avessero familiarità con l’originale Jin-Roh, la storia dovrebbe fungere da un’oscura allegoria della fiaba del Cappuccetto Rosso. Sebbene questo adattamento tenti di riprodurre quegli stessi paralleli (con riferimenti visivi così netti da risultare stucchevoli), alla fine Kim Jee-woon fallisce nel mantenere qualsiasi parvenza di intenti metaforici dell’originale a causa dei cambiamenti narrativi (uno in particolare influenza pesantemente le connotazioni fondamentali della trama originaria). Prendersi delle libertà con il materiale di partenza non è un problema, fintanto che tali modifiche abbiano un senso all’interno della nuova versione. Qui, tuttavia, non solo viene diluita l’integrità del messaggio del capostipite, ma addirittura si nega alla fine il significato del suo sottotesto e dei suoi temi.

Nell’approcciarsi a questa trasposizione, la più grande paura di un amante del manga e /o del lungometraggio animato avrebbe potuto essere il trovarsi davanti a un prodotto edulcorato dei loro toni cupi e deprimenti, così da attirare – auspicabilmente – un pubblico mainstream. Tale preoccupazione si rivela purtroppo non infondata, quindi non resta che interrogarsi sul perchè il regista – visti i suoi trascorsi – abbia deciso di accettare un suo così largo coinvolgimento nel progetto. Forse è stato vittima delle solite interferenza dello studio, o forse non ha ben capito come gestire al meglio il materiale di partenza. In entrambi i casi, il prodotto finale è un’epitome dolente di un’occasione mancata, che non soddisferà lo spettatore occasionale che lo troverà la sera nel menù di Netflix (che lo distribuisce in esclusiva), né tanto meno placherà la rabbia dei devoti di Jin-Roh.

Di seguito il full trailer internazionale (senza sottotitoli inglesi) di Illang – Uomini e lupi, nel catalogo di Netflix dal 19 ottobre: