Home » Cinema » Sci-Fi & Fantasy » Mary e il Fiore della Strega: la recensione del film animato di Hiromasa Yonebayashi

Voto: 5.5/10 Titolo originale: メアリと魔女の花 , uscita: 08-07-2017. Regista: Hiromasa Yonebayashi.

Mary e il Fiore della Strega: la recensione del film animato di Hiromasa Yonebayashi

29/05/2018 recensione film di Sabrina Crivelli

Lo Studio Ponoc - ispirato dagli insegnamenti del Ghibli - debutta con un film d'animazione capace di stupire a livello visivo, che ad una forma perfetta non riesce però ad abbinare altrettanta sostanza

Sono tempi duri per l’animazione, almeno se non si passa dai commerciali colossi americani (uno in particolare …), che sembrano quasi voler vigere sulla produzione mondiale con fare dittatoriale. Ancor più, da quando Hayao Miyazaki e Isao Takahata hanno annunciato il loro ritiro dalle scene nel 2014 (benché il primo dei due abbia poi cambiato idea), anche il destino dello Studio Ghibli, faro nella notte per tutti gli estimatori degli anime d’autore, ha visto vacillare il suo avvenire.

Per fortuna c’è ancora speranza qua e là nel globo terracqueo, qualche piccola fucina di sogni ancora all’opera in codesto medioevo filmico. Uno di questi luoghi eletti è lo Studio Ponoc (termine che deriva dal serbo-croato e significa “mezzanotte” e sta a indicare le prime luci dell’alba che anticipano il nascere del nuovo giorno), fondato nel 2015 da due eredi del notissimo Studio d’animazione nipponico, Yoshiaki Nishimura e Hiromasa Yonebayashi (Quando c’era Marnie) e il cui primo film, Mary e il Fiore della Strega (Mary to Majo no Hana), potrà non essere eccessivamente esaltante, ma certo indica una promettente dichiarazione d’intenti.

Protagonista del film animato è per l’appunto Mary, una ragazzina vivace dalla fulva capigliatura che si trova a trascorrere le vacanze estive da una vecchia zia. La piccola si sta annoiando parecchio, mentre vagola da sola per i boschi nel circondario, finché non s’imbatte in un gatto nero che la conduce a uno strano e sfavillante fiore azzurro, che le dona temporaneamente un potere magico, e a una scopa fatata che gode di vita propria.

Mary inizia a volare su di essa e d’improvviso si trova catapultata in un’altra realtà, una realtà incantata, e atterra farraginosamente davanti alle porte del’Endors College, una scuola di magia diretta dai singolari Madama Mumblechook e Dottor Dee. Inizialmente viene scambiata per una nuova allieva, ma presto si tradisce e attira l’attenzione dei due stregoni, che da anni sono alla caccia del fiore azzurro per le sue incredibili virtù…

Difficile è determinare con esattezza cosa non convinca pienamente di Mary e il Fiore della Strega, la cui storia è ispirata al romanzo La piccola scopa della britannica Mary Stewart. Forse il problema sta nell’estrema volontà di stupire lo spettatore che affligge in parte il film diretto da Hiromasa Yonebayashi.

Difatti, sin dalle prime sequenze assistiamo a una vera e propria profusione di creature fantastiche e oggetti incantati; ci sono perfino una sorta di piccoli inseguitori plananti che molto ricordano nelle forme arrotondate le bombe sganciate dalle macchine da guerra volanti del miyazakiano Il castello errante di Howl e dei magici aiutanti di Madama Mumblechook che somigliano assai ai portantini della Strega delle Lande Desolate.

Allo stesso tempo i voli spericolati sulla scopa rimandano alla passione del maestro giapponese 77enne per gli spazi aerei che in tanti suoi capolavori abbiamo potuto apprezzare e amare. In particolare la sequenza d’apertura subito richiama alla mente dei fan dello Studio Ghibli Laputa – Castello nel cielo, con il suo funambolesco inseguimento aereo con tanto di esplosioni e fiamme, mentre una giovane fuggitiva si allontana celere da un’isola sospesa nel cielo tra le nuvole. In generale, l’animazione, i disegni e i dettagli sono meravigliosi e immaginifici, con tanto di incursione in una accademia per maghi con diverse classi, dalle più basiche in cui insegnano a volare con la scopa, fino alla più avanzata, in cui i più dotati alunni, tutti da volto mascherato alla Rorschach (di Watchmen), praticano l’incantesimo dell’invisibilità.

Purtroppo però, se il comparto estetico sorprende, la narrazione e la protagonista di Mary e il Fiore della Strega non sono capaci del tutto di coinvolgere lo spettatore. L’incantevole immaginario ghibliano non è sufficiente a creare quell’empatia che definisce un grande film.

E’ come se invece, dopo un ottimo avvio, lo sviluppo perdesse gradualmente di mordente, sin dall’introduzione della personalità di Mary un po’ troppo stereotipata, delineandola come la ragazzina sola, insicura e ribelle, ossia l’eroina classica di un’avventura fantasy. Tuttavia, non ci sono quelle delicate sfumature nella sua rappresentazione, le stesse che invece rendevano unici i personaggi di Miyazaki e – forse ancora di più – del compianto Isao Takahata.

Allo stesso modo, l’intero anime, rifinito alla perfezione nella forma, pare quasi non avere un’anima. Gli eventi si susseguono sullo schermo, dando la sensazione d’esser in qualche modo gratuiti, sullo schermo, come se fosse la versione epidermica, solo estetizzata, di La città incantata.

I dialoghi, come le motivazioni ultime di Mary, di Madama Mumblechook e del Dottor Dee, perfino i loro sinistri piani, sono abbozzati e confusi, come se stessimo assistendo alla rappresentazione di una pellicola del Ghibli rifatta da un teatro di marionette e ci fosse possibile, ovviamente, riconoscere alcuni tratti generali, ma al contempo si perdessero tutti i meravigliosi dettagli dell’originale in una strana e variopinta stilizzazione. Curiosamente, le musiche, importantissime nei film Ghibli, non trovano qui degna reminiscenza col lavoro di Muramatsu Takatsugu, già compositore delle musiche del recente Lu Over the Wall (ma d’altronde, Takatsugu non è certo Joe Hisaishi).

Dunque non si può certo dire che Mary e il Fiore della Strega sia un brutto film d’animazione, soprattutto se paragonato all’estrema banalità della concorrenza. La forma sembra però aver preso il sopravvento sulla sostanza, dando l’impressione di essere davanti a un lavoro di un allievo che imita il maestro, ma che non è ancora in grado di possedere uno stile proprio. Innegabilmente lo sforzo è apprezzabile, e speriamo che il cammino intrapreso conduca Hiromasa Yonebayashi e lo studio Ponoc a trovare una propria significativa voce.

Di seguito trovate il trailer ufficiale in italiano del lungometraggio, nei nostri cinema dal 14 al 20 giugno: