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Voto: 6/10 Titolo originale: Sicario: Day of the Soldado , uscita: 27-06-2018. Budget: $35,000,000. Regista: Stefano Sollima.

Soldado: la recensione del film diretto da Stefano Sollima

21/09/2018 recensione film di William Maga

Il regista italiano nel suo esordio hollywoodiano dirige Benicio Del Toro e Josh Brolin senza far rimpiangere il suo predecessore, girando un sequel che non vuole dare giudizi, dalle scene d'azione brutali ma che difetta sul lato drammatico

Pochi film richiedevano un sequel meno di Sicario, il thriller muscolare del 2015 di Denis Villeneuve e di Taylor Sheridan su una agente dell’FBI coinvolta nella spirale di violenza tra le forze dell’ordine americane e i cartelli sul confine tra USA e Messico. Eppure siamo qui, con un sequel / spin-off di Sicario che si concentra ora su due dei tre personaggi principali del primo film: il misterioso killer interpretato da Benicio del Toro, Alejandro Gillick, e l’amorale agente della C.I.A. di Josh Brolin, Matt Graver.

Soldado (Sicario: Day of the Soldado) non rientra in quel tipo di investigazione morale mescolata al puro esercizio di stile inzuppato di terrore che era il suo predecessore, quanto piuttosto un efficace thriller d’azione che mette sul piatto una serie di tematiche più complesse di quanto lo siano i preconcetti sul tema trattato da parte degli spettatori.

Il film riunisce Alejandro Gillick e Matt Graver in un complotto teso a cominciare una guerra di bande tra cartelli rivali in Messico dopo che i cartelli stessi hanno trasportato al di qua del confine alcuni terroristi islamici che si fanno esplodere poco dopo in un negozio di alimentari a Kansas City causando molte vittime.

L’incidente consente convenientemente agli americani di collocare subito i cartelli nell’elenco delle organizzazioni terroristiche e di scatenare l’inferno al di là del confine con un’operazione sotto copertura segretissima volta appunto a mettere i cartelli l’uno contro l’altro. Il piano è quello di rapire Isabel, la figlia di un potentissimo boss (Isabela Moner) e far sembrare che siano stati gli acerrimi rivali come rappresaglia per un omicidio.

Sulla carta, la trama suona come il sogno bagnato di un neoconservatore paranoide, ma il film è ben più complicato del voler semplicemente assecondare il pubblico guidato da certe ideologie (salvo per il prologo con i tre jihadisti che si fanno saltare in aria in pubblico). Soldado agita le acque della comprensione di questi eventi mentre scava con uno sguardo intransigente dentro la mostruosità della guerra alla droga e al caos che piove sulle persone dai due lati del confine, così come su quelli che cercano di attraversarlo.

Il film diretto da Stefano Sollima (Gomorra, Suburra) ha poi avuto la (non) felice coincidenza di uscire – negli Stati Uniti (a fine giugno) – proprio nel bel mezzo di una crisi politica inerente al confine tra USA e Messico e agli immigrati senza documenti, rendendolo così un film incredibilmente attuale e che ammirevolmente ha un interesse vicino allo zero nel trarre conclusioni politiche facili.

A seconda di quanto ciascuno sia impegnato politicamente, è infatti probabile che chi lo guarda opti per due approcci completamente opposti alle due ore di durata e si preoccupi per elementi molto diversi. Per esempio, i conservatori progressisti non potranno che concentrarsi sugli attraversamenti illegali dei confini e sui riflettori posti sui pericolosi cartelli, che, nella mente degli americani medi, potrebbero oscurare culturalmente e sostituire le stesse culture che dominano e opprimono. Ai conservatori patriottici non piacerà invece la visione schietta di Soldado a proposito dell’arrogante forza militare americana e del suo disprezzo per il diritto internazionale.

Lo sceneggiatore Taylor Sheridan, che con Sicario, Hell or High Water e I Segreti di Wind River è probabilmente diventato non solo lo sceneggiatore più importante di western moderni, ma anche un acuto investigatore della mascolinità nel cinema, non ha certo qui deciso di semplificare la sua narrativa. Invece che condannare o assecondare, focalizza il film su Alejandro Gillick, sfidando l’etica di un individuo presumibilmente senza morale all’interno di uno scenario dalla complessità quasi impossibile.

Ridurre una lotta transnazionale sulla giustizia politica e criminale a un racconto personale sulla vendetta e la possibile redenzione non è sicuramente la più innovativa delle mosse narrative, ma Soldado possiede il tipo più diretto di narrativa di qualsiasi altra opera scritta da Taylor Sheridan. Inoltre, l’attenzione posta su Alejandro e Matt Graver permette allo sceneggiatore e a Stefano Sollima di esplorare la spietata efficienza dell’America imperialista attraverso scene d’azione brutalmente efficaci.

In particolare, una sequenza centrale che coinvolge un convoglio di veicoli nell’entroterra messicano richiama quella straordinaria di Juarez vista in Sicario, ma utilizza la conoscenza di quella stessa iconica scena da parte dello spettatore contro di lui. Il regista assapora infatti la tensione lì insita nelle costruzione della sequenza con la tecnica del campo-controcampo. Ad esempio, utilizza una serie di tagli tra, da un lato, le immagini di Alejandro, Matt, e Isabel dentro all’humvee e, dall’altro, la polizia federale messicana nel veicolo di fronte, così da costruire un’atmosfera opprimente e tesa. Lo spazio ristretto degli interni dell’humvee suggeriscono sicurezza e protezione, in contrasto con le armi da guerra ben visibili sul veicolo messicano attraverso il lunotto. I tagli percussivi tra i vari punti di osservazione amplifica la tensione fino all’inevitabile esplosione di violenza, ma riduce anche la tensione, facendoci temere che ogni colpo in arrivo potrebbe sancire l’inizio di quella violenza stessa.

In questa sequenza, Stefano Sollima rivela anche un debole per la manipolazione dei fondali, ricorrendo ad azioni sfocate e apparentemente incidentali, delle quali lo spettatore è solo parzialmente consapevole, per suggerire un’azione imminente. Questa tecnica è evidentemente presa a prestito dalla tradizione del cinema horror, spiegando così la grande ansia, a tratti il terrore, evocata durante le sparatorie. Se però Soldado sul fronte dell’azione è efficace almeno quanto il suo predecessore, ha meno successo come dramma.

Si avverte l’assenza della Kate Macer di Emily Blunt, che garantiva uno scheletro morale a Sicario e permetteva a Denis Villeneuve e a Taylor Sheridan di esplorare la misoginia e il machismo delle forze dell’ordine americane e del militarismo e di come questi aspetti potessero influire nella guerra alla droga. Allo stesso modo, il clamoroso cliffhanger alla fine di Soldado è più adatto a un nuovo capitolo dell’Universo Cinematografico Marvel che a un complesso thriller ambientato sul confine tra USA e Messico. Una soluzione più matura sarebbe stata sicuramente preferibile.

Ci sarebbe infine qualcosa da dire sull’approccio non giudicante e apolitico di Soldado all’etica. Permette al film di arrivare dritti al punto delle sue scene d’azione brutali, e usa quei momenti per lasciare il pubblico con una nausea morale che è accurata per gli scenari che descrive, anche se il cuore sta pompando a mille per i brividi e la violenza sullo schermo.

Tuttavia, trasformare Alejandro Gillick nel centro morale de facto (non importa quanto sia psicologicamente convincente questa trasformazione) e abbandonare parte del suo rigore esistenziale del primo film non può che rendere Soldado un passo indietro. In ogni caso, il risultato finale è senz’altro convincente (specie per Stefano Sollima), anche se resta un sequel che nessuno ha mai chiesto.

In attesa di vederlo nei nostri cinema il prossimo 18 ottobre (a oltre tre mesi dagli Stati Uniti), di seguito trovate il secondo trailer italiano di Soldado: