Voto: 7/10 Titolo originale: Unforgiven , uscita: 07-08-1992. Budget: $14,400,000. Regista: Clint Eastwood.
Recensione story | Gli Spietati di – e con – Clint Eastwood
06/02/2020 recensione film Gli spietati di William Maga
Nel 1992, il regista e attore portava sulle scene un film western dolente, iperrealistico e malinconico, vincitore di 4 premi Oscar
“È una cosa grossa uccidere un uomo. Gli levi tutto quello che ha e che sperava di avere”. Il senso morale di Gli Spietati (in originale abbiamo il più ambiguo Unforgiven), uscito nei cinema italiani nel dicembre del 1992, sta tutto in questa frase, e fa un certo effetto sentirla pronunciare proprio da Clint Eastwood, il pistolero senza nome dei western di Sergio Leone, il furente ispettore Callaghan dei polizieschi di Don Siegel, insomma, il divo hollywoodiano che, più di altri, risulta difficile immaginare senza una Colt 45 o una 44 Magnum alla cintola.
Ma forse è sbagliato sorprendersi. L’allora sessantaduenne filmmaker, cui l’età ha regalato una faccia che sembra scolpita nel cuoio, è un regista con il gusto del rischio, un artista solitario che ogni volta che ha voluto, ha spiazzato i suoi fans, conquistandosi una solida reputazione d’autore anche tra i nemici della prima ora. Chiaro che Gli spietati, accolto in patria come “l’ultimo di tutti i western” e presto mitizzato in Francia dai Cahiers du Cinema, era predestinato a rinverdire anche dalle nostri parti la fama di Clint Eastwood, e a risollevare il suo declinante successo commerciale.
Già nel 1985, l’attore e regista californiano aveva provato a rifondare il genere western, considerato da tempo defunto, con lo sfortunato Il cavaliere pallido, titolo che naturalmente alludeva alla Morte. Sette anni più tardi, il colpo va a segno con un film dolente, iperrealistico, malinconico, che perfino un critico di solito e poco tenero con Clin Eastwood come Tullio Kezich definì “la parola definitiva sul mito della Frontiera“.
Chi sono ‘gli spietati’ del titolo italiano? Certamente non sembra tale, all’inizio, l’ex gunfighter William Munny (Eastwood), ridottosi ad allevare maiali nella prateria del Kansas a due passi dalla tomba dell’amatissima e pia moglie. Pistolero pentito, l’uomo ha appeso al chiodo il cinturone e scacciato i demoni del whisky, ma la fattoria cade a pezzi e non ha di che nutrire i due figli. L’unica risorsa a disposizione è il suo nome, ancora leggendario nelle contee del West, ma l’aspirante killer Schofield Kid (Jaimz Woolvett), che lo ingaggia per far fuori due cowboy del Wyoming che hanno sfregiato orribilmente una prostituta da saloon (e sui quali pende una taglia), si ritrova di fronte un vecchio uomo arrugginito. Per centrare un barattolo a cinque metri, Munny deve infatti ricorrere alla doppietta e la scena ironico-crepuscolare si intona alla chiave ‘revisionista’ scelta da Clint Eastwood; altro che cappelli e monete centrate al volo, nel vecchio West la mira era scarsa e si sparava preferibilmente alle spalle.
È molto suggestivo il tono da microstoria girata a 70 mm che Gli spietati sfodera nei suoi 131 minuti di durata, quasi a far risaltare il contrasto tra la maestosità del paesaggi e la sostanza minimalista, per niente eroica, della vicenda che s’affolla via via di personaggi, in un’impaginazione estrosa che conferma e smentisce insieme la ‘classicità’ dei tipi. C’è l’ex compagno d’armi di Munny, il nero Ned Logan (Morgan Freeman), anch’egli reclutato per spedire sottoterra i due cowboy; c’è lo sceriffo-padrone di Big Whiskey, il brutale Little Bill Daggett (Gene Hackman), pronto a commettere le peggiori nefandezze pur di mantenere l’ordine in paese; c’è il cacciatore di taglie English Bob (Richard Harris), un inglese azzimato dalla mira implacabile troppo sicuro di sé e c’è soprattutto il cronista da quattro soldi W W Beauchamp (Saul Rubinek), alla perenne ricerca di sparatone da ingigantire e magnificare per la gioia dei lettori.
Come insegna L’uomo che uccise Liberty Valance di John Ford, la verità si piegava volentieri alla leggenda nel vecchio West – spesso addirittura alla menzogna. Anche Clint Eastwood, confidando sulla vigorosa sceneggiatura di David Webb Peoples (già opzionata da Francis Ford Coppola), dice la sua sull’argomento, mostrando i meccanismi di una falsificazione involontaria che si riversa funestamente sui personaggi per convincere Munny a partire. Il giovane killer (non a caso miope) dipinge i due cowboy come dei sadici che hanno letteralmente fatto a pezzi la meretrice e alla fine nessuno sa più qual è la verità.
Solo il pubblico la conosce, ma a che gli serve? Perché nel frattempo Clint Eastwood, quasi smentendo se stesso, ha mostrato come pochi al cinema la fatica del morire in una progressione di pestaggi selvaggi e pistolettate a tradimento, agonie prolungate e fustigazioni a sangue, che rimbombano come moniti nella coscienza dello spettatore. E se lo showdown conclusivo di Gli Spietati, con Munny arso dal sacro fuoco della vendetta che ammazza tutti cedendo al richiamo dell’alcool, sembra smentire l’assunto morale del film, in realtà ne conferma il messaggio a suo modo pacifista. Eppure, Gli spietati è anche un sontuoso spettacolo western, smaltato dalla fotografia, ora epica ora cupa di Jack Green, interpretato da una schiera di attori in palla e riscaldato da una pietas malinconica, molto fordiana, racchiusa nelle sequenze d’apertura e di chiusura.
Insomma, un film perfetto, che fa di Clint Eastwood un autore all’altezza del suo status di divo. Fece un errore il direttore della Mostra di Venezia, Gillo Pontecorvo, a non prenderlo in concorso nel 1992, forse temendo l’intrusione del genere western in un contesto che si voleva ‘alto’. Ma i 4 premi Oscar ricevuti (su nove candidature) hanno abbondantemente risarcito Eastwood (assieme ai 159 milioni di dollari incassati), che amorevolmente ha dedicato Gli spietati a Sergio Leone e Don Siegel, l’italiano che ne svelò il talento all’epoca degli ‘spaghetti western’, l’americano che ne intuì le doti di regista.
Di seguito il trailer internazionale di Gli Spietati:
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