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Titolo originale: Peur sur la ville , uscita: 09-04-1975. Regista: Henri Verneuil.

Recensione story: Il Poliziotto della Brigata Criminale (1975), con Jean-Paul Belmondo

08/09/2021 recensione film di Francesco Chello

Ricordiamo il grande attore francese recentemente scomparso attraverso il film di genere di Henri Verneuil. Un frizzante poliziesco d’azione, manifesto della sua cazzutaggine, tra indagini, sparatorie e stunt fuori di testa

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Lo scorso 6 settembre ci ha lasciato Jean-Paul Belmondo. Grande attore e grande personaggio che immagino non abbia bisogno di grosse presentazioni. Guascone, spavaldo, talentuoso, carismatico, ruspante, scanzonato, temerario. Simpatia comunicativa. Una personalità forte e sfaccettata, carburante di un fascino capace di andare oltre lineamenti marcati e naso da pugile; un po’ l’opposto del bel Delon, cinque film girati insieme, qualche disputa ma anche una grande amicizia con Alain che, alla notizia della scomparsa di Belmondo, si definirà annientato, aggiungendo che ‘non sarebbe male se ce ne andassimo insieme’.

Nato a Neully-sur-Seine nel 1933, nelle sue vene anche un po’ di sangue italiano visto che il padre, lo scultore Paul, era nato in Algeria francese ma da genitori italiani. Diplomato al Conservatoire National Supérieur d’Art Dramatique, nel suo background anche tanto sport (specie calcio e pugilato), presta servizio militare in Algeria prima di iniziare la gavetta teatrale, preludio di un inevitabile passaggio al cinema. L’inizio di una lunga e variegata carriera che lo vedrà districarsi in generi disparati, dalla Nouvelle Vague (consacrato nel 1960 proprio col ruolo da protagonista ne L’Ultimo Respiro di Godard) al cinema di genere che gli permetteva di sentirsi ancora più vicino al pubblico che lo amava, oltre ad offrirgli la possibilità di dare sfogo al suo lato follemente impavido con quegli stunt che amava realizzare da solo.

Il richiamo del sangue lo porterà a lavorare svariate volte anche in Italia. Non negli States, Hollywood lo corteggia ripetutamente ma a Bebel non va di sbattersi per imparare l’inglese. Palma d’oro onoraria a Cannes nel 2011, Leone alla carriera a Venezia nel 2016, per citare alcuni dei riconoscimenti di una carriera ricca di soddisfazioni.

Ilpoliziottodellabrigatacriminale.jpgCome da consuetudine in queste circostanze, l’idea è quella di ricordare ed omaggiare Jean-Paul Belmondo attraverso uno dei suoi film. La mia è scelta è caduta su Peur sur la Ville del 1975, distribuito in Italia come Il Poliziotto della Brigata Criminale. Innanzitutto in quanto vero e proprio manifesto della cazzutaggine di Bebel, che in abbinamento alla consueta performance attoriale ci mette una corposissima serie di stunt incredibili realizzati rigorosamente in prima persona. Poi anche per la presenza del belpaese, trattasi infatti di co-produzione Francia/Italia: scheletro, ambientazione e manico transalpino ma non mancano influenze stilistiche nostrane oltre a maestranze sia nel cast tecnico (dall’aiuto regista Livio Ceserani a, soprattutto, lo score firmato da Ennio Morricone) che artistico.

Il Poliziotto della Brigata Criminale è un titolo che ha l’abilità di guardare in più direzioni trovandone una propria. Contesto urbano francese, non una città come le altre, ma la meravigliosa Parigi che qui mostra il suo lato meno romantico, più freddo e metropolitano. Come detto, la ricetta prevede ingredienti (e capitali) italiani, è praticamente inevitabile finire col prendere elementi ed influenze da quel poliziottesco che spopolava dalle nostre parti. Il tipo di azione, di violenza, di sparatorie.

Ed il ficcante accompagnamento musicale firmato dal Maestro Ennio Morricone che fa da ideale cornice sonora. Non solo, il film prende qualche spunto anche dal nostro thriller, con un campionario che comprende maniaci sfigurati, morbosità sessuale, voci camuffate, molestie telefoniche e quant’altro. Ma le fonti d’ispirazione guardano anche altrove, precisamente oltreoceano dove quattro anni prima Don Siegel aveva lanciato le imprese del Dirty Harry di Eastwood, altro sbirro dai modi spicci che deve vedersela con un serial killer che tra un omicidio e l’altro si diverte a sfidare la polizia che tenta di braccarlo.

Henri Verneuil prende questo insieme di insieme di spunti itineranti e ha la bravura di farne qualcosa di suo. Da sceneggiatore (con i dialoghi firmati da Jean Laborde e Francis Veber), nella cui veste imbastisce una trama dal ritmo abbastanza serrato, poliziesco d’indagine la cui intuizione è quella di muoversi su due piste parallele (una principale ed una secondaria) che permettono di evitare una narrazione monocorde attraverso un susseguirsi ed un alternarsi di eventi che non forniscono troppe pause.

Se la linea principale è, appunto, quella del maniaco (Verneuil venne ispirato dalle vicende di Françoise Fabian che gli raccontò di essere stata molestata telefonicamente), l’inserimento di una sottotrama di malavita vecchio stampo (la caccia a un sanguinario rapinatore latitante) concede sia un’ulteriore caratterizzazione al protagonista ossessionato dal desiderio di vendetta al punto da mettere in secondo piano le indagini principali, che un gradito bagaglio di ulteriori sequenze d’azione che nutrono maggiormente il tasso d’adrenalina della pellicola.

Il poliziotto della brigata criminale (1975) merliArgomenti che mi offrono il gancio per parlare dell’Henri Verneuil regista che dirige con dinamismo, cura dei dettagli (vedi, ad esempio, visione monoculare del killer) e gestione perfetta dei tempi di Il Poliziotto della Brigata Criminale, che passano dalla tensione dei momenti thrilling alla esaltazione adrenalinica delle sequenze d’azione comprese in un campionario abbastanza assortito.

Il mattatore è chiaramente Jean-Paul Belmondo. Non avremmo ragione di essere qui, altrimenti. Il suo Commissario Letellier è un figlio di puttana, nel senso migliore del termine. Picchia come un fabbro, si definisce molti muscoli e poco cervello. Ardito, audace, generoso, insolente. E con due palle quadrate. Insomma, un profilo che sembra mescolarsi con i tratti reali del suo interprete. La performance di Belmondo è già convincente di suo dal punto di vista recitativo, l’attore francese decide di impreziosirla con il fiore all’occhiello del suo vivere intensamente la professione ovvero attraverso un repertorio assurdo di stunt pazzeschi realizzati in prima persona, senza l’ausilio della controfigura. Da amante dell’action è una cosa a cui personalmente tendo a dare molto peso, un attore d’azione guadagna punti nella stessa misura in cui realizza quanti più acrobazie da solo.

Partendo da una premessa del genere, vedere il 42enne Jean-Paul Belmondo fare certe cose non solo ti riempie il cuore ma ti lascia anche con la mascella spalancata. Vedere per credere. Anzi, voglio farvi un elenco (sperando di non dimenticare nulla), perché l’idea devo renderla per bene. Ritrovarselo, nelle scene iniziali, a sparare con mezzo busto fuori dal finestrino di un’auto in corsa durante un inseguimento o guidare quella stessa auto dal lato del passeggero (col collega/autista morto) è il meno rispetto a quello che verrà in seguito. Bebel penzola appeso ad un balcone, se ne sta in piedi sul tetto di una metropolitana in corsa.

Per non parlare della scena dei tetti, un lungo correre dietro all’assassino, in cima ad un palazzone saltellando su e giù tra tegole traballanti, pareti scoscese, grondaie pericolanti, fracassando vetrate e facendo l’equilibrista tra le travi. Per me che soffro di vertigini, ogni volta è un assistere a chiappe strette. Chiusura in bellezza per lo showdown finale di Il Poliziotto della Brigata Criminale, quando si divertirà a calarsi da un elicottero appeso ad un cavo per poi sfondare una finestra prendendo la rincorsa col corpo, in modo da cogliere la preda di sorpresa. Una assortimento di roba incredibile.

Il poliziotto della brigata criminale (1975) belmondoSo di averlo già detto, ma lo ripeto ancora una volta: tutto da solo, senza controfigura e, come se non bastasse, apparentemente senza grosse precauzioni. Coraggio, follia, preparazione fisica, incoscienza. Che poi, parafrasando quel saggio di John Spartan, sappiamo tutti che ci vuole un pazzo per (im)beccare un pazzo, non a caso alle spalle di Belmondo c’è quel matto di Remy Julienne (di cui vi avevamo parlato a gennaio, in occasione della sua scomparsa), che gli fa da coach oltre a supervisionare e realizzare gli stunt del film.

La nemesi di Jean-Paul Belmondo è affidata al nostro Adalberto Maria Merli, che interpreta Minosse, alter ego di Pierre Valdec, serial killer viscido e moralista, represso sessualmente, il cui occhio di vetro completa un quadro di inquietudine. Nel cast anche altri nomi nostrani in piccoli ruoli da Giovanni Cianfriglia, volto ideale del rapinatore Marcucci, a Lea Massari, accreditata come partecipazione straordinaria nei panni della prima vittima ‘indiretta’ del maniaco – morirà di crepacuore prima di una spettacolare caduta dal balcone che ricorda vagamente il prologo di Arma Letale (il nostro approfondimento). Charles Denner è Moissac, preziosa spalla di Letellier.

In definitiva, Il Poliziotto della Brigata Criminale è un sunto di quella che era l’essenza di Jean-Paul Belmondo. Il suo personaggio ha carattere da vendere. Ed una sfrontatezza che lo porta a mettere in gioco la propria vita per la causa – in questo caso ambivalente, visto che Letellier rischia la sua vita in nome della giustizia allo stesso modo in cui il suo interprete fa in onore del cinema.

Non amo particolarmente quelle vignette solitamente tutte molto simili tra loro che proliferano quando viene a mancare un personaggio famoso, di quelle che vedono il nome di turno sulla nuvoletta che si appresta a varcare i cancelli del Paradiso, ma ne ho vista una meritevole su Belmondo che lo ritraeva appeso a una stella allo stesso modo intrepido in cui realizzava i suoi stunt, rendendo l’idea del suo modo di vivere e concepire l’arte cinematografica. Adieu Bebel.

Di seguito trovate il trailer internazionale di Il Poliziotto della Brigata Criminale: