Voto: 7/10 Titolo originale: Death Becomes Her , uscita: 30-07-1992. Budget: $55,000,000. Regista: Robert Zemeckis.
Recensione story: La morte ti fa bella di Robert Zemeckis (1992)
27/03/2020 recensione film La morte ti fa bella di William Maga
Nel 1992, il regista si affidava a Goldie Hawn, Meryl Streep e Bruce Willis, per girare una commedia horror intrisa di echi faustiani che faceva satira sul mondo del cinema hollywoodiano
C’è stato un periodo, nel 1992, in cui Hollywood ha pensato che bisognasse sbrigarsi con i film di fanta-genetica, perché si rischiava che la realtà trovasse presto davvero il segreto faustiano dell’eterna giovinezza e il cinema dovesse raccontare, come faceva Adriano Celentano in Jackpot il segreto dell’invecchiare. Ma in vista del Duemila, si raccomandava di non gettare la spugna, anche ibernandosi come faceva Mel Gibson in Amore per sempre. Fermare il tempo è da sempre stato il chiodo fisso anche dell’allora quarantenne regista prodigio di Chicago Robert Zemeckis, reduce dai clamorosi successi della trilogia di Ritorno al futuro (dove si era divertito a ‘manovrare’ la vita con salti avanti e indietro nel tempo) e di Chi ha incastrato Roger Rabbit.
Nel più ambizioso La morte ti fa bella (Death Becomes Her) utilizzava, in un cinema ‘trasversale’ che confina con molti generi, un espediente classico dell’horror, lo zombie, ai fini di una indovinata commedia nera sul mito dell’eterna giovinezza (hollywoodiana).
Perché, al centro di questo viaggio nel corpo da 55 milioni di dollari di budget, ci sono due famose attrici – allora quasi cinquantenni – che rinunciano alla loro integrità fisica, diventando morte viventi grazie a una costosa pozione magica offerta da una Isabella Rossellini desnuda (controfigurata però da Catherine Bell).
Con gli effetti assai speciali – tra animatronic e innovativo software per il fotorealismo della pelle – della Industrial Light and Magic (che valsero il premio Oscar a Ken Ralston, Doug Chiang, Douglas Smythe e Tom Woodruff Jr.) d’un colpo scompaiono le rughe sul viso, le macchie sulle mani, il sedere torna rotondo, il seno si rassoda, la fronte si rasserena, il collo non fa più grinze: ma sono ufficialmente cadaveri.
Meryl Streep (all’apice della carriera, qui tra i due Oscar per Kramer contro Kramer e La scelta di Sophie) e Goldie Hawn si mostrano al pubblico come bambole rotte, quasi dei cartoon: la prima, nei panni di Madeline Ashton, un’attrice a cavallo tra seconda e terza età, torce il collo a 180 gradi, si guarda comoda il fondoschiena, casca dalla scala e si rialza più morta di prima.
L’altra, Helen Sharp, sua rivale, derubata dell’amatissimo chirurgo Ernest, ora truccatore di cadaveri (un Bruce Willis che sostituì l’inizialmente scelto Kevin Kline), dopo essere ingrassata e dimagrita in proporzioni rese possibili solo dalla psiche, si prende una pallottola, la incassa e continua il film con un buco nella pancia grande così. Ancora e sempre, Eva contro Eva.
Stavolta, però, unite contro il passar del tempo, aggiustandosi a vicenda col fondo tinta e attaccandosi gli arti sparsi, almeno finché, nella didascalia finale del film, Robert Zemeckis attacca con lo scotch il suo proclama morale: attenzione, perché l’unico modo di sopravvivere è quello di affidarsi alla continuità della specie. Come una riedizione del materialismo storico marxiano, all’insaputa degli studios: “Si è quel prodotto!”.
La morte ti fa bella, spiritoso quando il macabro non prende il sopravvento, ha le ambizioni di una black comedy sul mondo delle apparenze di Beverly Hills, un cinema irrealista che si pasce delle sue virtù tecniche e di sintassi: come dicono gli sceneggiatori Martin Donovan, David Koepp, “è La notte dei morti viventi riscritta da Noel Coward“.
Ecco allora che il regista in La morte ti fa bella smaschera lo show business nella sua accezione ufficialmente più fatua, il musical; ecco la letteratura per signore nella sua accezione più futile, il best seller sulla dolce ala della giovinezza; ecco il chirurgo plastico ubriacone (ma alla fine vincitore) nel suo sottogenere più sordido, quello che incipria i cari estinti.
Un duello di dame su e giù dalle bare, in ambienti scenograficamente vistosi, gotici californiani (il castello della diabolica, settantunenne Isabella Rossellini ha le vetrate come la Cappella Sistina), fra corpi sfranti, ripicche, rancori e vendette. Dove non manca il deus ex machina che sta a cuore a Robert Zemeckis, ovvero il Temporale, già coprotagonista di Ritorno al futuro, con l’umiliato Brace Willis che recupera, appeso ai cornicioni fra tuoni e fulmini, la dimensione del macho che se ne frega dell’eternità ma ha solo ‘quarantotto ore per non morire’.
Il film, che ha il torto di non reggere fino alla fine la dimensione dello humour macabro e preferisce rilanciare sull’horror, è divertente nel ribaltare le convenzioni del divismo, strabiliante nei trucchi visivi, eccentrico per come utilizza due dive che l’hanno presa con molta filosofia.
E se Meryl Streep è brava nel fare la brillante con molta intenzione, Goldie Hawn è nel suo registro congeniale. Non manca, facendo le pubbliche relazioni dell’immortalità, un cocktail dove si balla con Elvis Presley, Andy Warhol, Marilyn Monroe, James Dean, Greta Garbo e Jim Morrison, tutti cari estinti resi mitici proprio dalla fama planetaria. Che, se gli si crede, dà in omaggio l’eternità. Come volevasi dimostrare.
Non pienamente apprezzato dal pubblico (149 milioni di dollari incassati globalmente), La morte ti fa bella aveva in origine una conclusione differente, beffarda (in favore di Ernest), che terminava ben ventisette anni dopo in Europa (ne resta un breve frammento nella scena del funerale dell’uomo, che appare invecchiato proprio come sarebbe stato nel finale alternativo). La proiezione test del film riscontrò molti pareri negativi, quindi la produzione la scartò e cambiò con quella poi vista al cinema.
Di seguito il trailer italiano di La morte ti fa bella:
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