Voto: 7/10 Titolo originale: La piel que habito , uscita: 17-08-2011. Budget: $13,000,000. Regista: Pedro Almodóvar.
Recensione story: La pelle che abito di Pedro Almodóvar (2011)
17/05/2020 recensione film La pelle che abito di William Maga
Antonio Banderas ed Elena Anaya erano i protagonisti di una spiazzante rielaborazione del tema classico dello scienziato pazzo e tracotante che gioca a fare Dio
La pelle che abito (La piel que habito) del 2011 è un film horror di altri tempi, raccontato in quello che è tutto fuorché il canone che ci si aspetterebbe per un’opera di quel tipo dall’iconoclasta Pedro Almodóvar. C’è uno scienziato pazzo, un servitore fedele, una bella donna intrappolata in una prigione e un essere umano che armeggi con cose che sarebbe meglio lasciare in mano agli dei. Mary Shelly potrebbe sorridere vedendolo.
In questo caso, anche se il regista spagnolo non indietreggia di un passo quando si tratta di audacia, La pelle che abito è un po’ come un Brian De Palma nella sua versione più lurida, o forse un David Cronenberg della prima parte di carriera (e su tutti aleggia la presenza di Georges Franju e del suo Occhi senza volto del 1960).
In molti dei suoi film, Pedro Almodóvar ha allegramente mescolato giocosità e perversione e si è divertito molto a farlo. Qui, tuttavia, sta esplorando territori più oscuri, sollevando pietre per vedere quali vermi e larve si trovino sotto esse. Il film è inquietante non solo nel modo in cui la trama si sviluppa, ma nel suo focalizzarsi sulla contorta, torturata psiche del brillante chirurgo plastico Dott. Robert Ledgard (Antonio Banderas, tornato a lavorare con il regista dopo una ‘pausa’ di 22 anni). Inevitabilmente, per parlare al meglio di ciò che accade, è necessario fare qualche SPOILER.
Il Dott. Ledgard è considerato un genio nel suo campo. La sua specialità sono i trapianti di viso: ha supervisionato tre dei nove che finora si sono dimostrati efficaci. È determinato e narcisista. Pensa di avere poteri divini (non dissimili dal chirurgo interpretato Alec Baldwin nel thriller del 1993 Malice – Il Sospetto) e ignora le regole della bioetica. Sperimenta sulla pelle, cercando di renderla più resistente e flessibile. Il suo ultimo trionfo: creare un ibrido sintetico che non brucia ed è immune alle punture di zanzara.
Nonostante le sue affermazioni, tuttavia, non ha limitato i suoi esperimenti ai testi in laboratorio. Ha una ‘cavia’ molto umano per i suoi esperimenti, un prigioniero in una gabbia dorata. Sotto il tailleur attillato che indossa, Vera (Elena Anaya) rappresenta il clamoroso successo della carriera di Robert. Ha rifatto quasi ogni parte di lei, incluso il darle il viso della moglie morta.
Pezzi e brandelli della vita di Robert vengono rivelati attraverso flashback, mostrando come la sua non sia stata un’esistenza felice. Scopriamo che la sua governante (Marisa Parades) è la sua vera madre e che ha un fratellastro col quale ignora di avere un legame di sangue. Quell’uomo è il criminale Zeca (Roberto Alamo), che arriva alla sua porta dopo una rapina in banca vestito da tigre. La sua scoperta di Vera e del successivo stupro mette in moto un cambiamento nel rapporto di lei con Robert. Ma oltre a essere la sua “paziente”, chi è davvero?
Pedro Almodóvar gioca con lo spettatore, suggerendogli la verità. All’inizio di La pelle che abito, pensiamo che potrebbe essere la moglie di Robert, che è stata orribilmente sfigurata in un incidente stradale. Ha forse usato le sue abilità chirurgiche per ricostruire il suo corpo, ma trascurato la sua mente? No, viene rivelato che la moglie è morta. E sua figlia, Norma? Il fatto che abbia una relazione sessuale con Vera non impedirebbe al regista di percorrere questa scottante strada. Ma Norma, come sua madre, è sottoterra da tempo. La verità su Vera viene infine rivelata in alcuni dettagli. Il regista ci lascia col dubbio fino a quando una parola non cristallizza tutto: “Vaginoplastica“.
Vera, a quanto pare, un tempo era Vincente (Jan Cornet) – o almeno quello era il suo nome fino a quando Robert non si è messo all’opera su di lui. Il dottore, ossessionato, incolpa infatti il giovane della morte di sua figlia. Poco prima del crollo mentale che la portò al suicidio, Vincente aveva violentato Norma (sebbene pensasse che l’incontro fosse consensuale, almeno all’inizio).
Robert rapisce e imprigiona così l’aggressore di sua figlia prima di iniziare a ‘trasformarlo’, usando il suo corpo come una tela bianca – una lastra di carne da plasmare e perfezionare.
Alla fine di La pelle che abito, sembra che Robert si sia innamorato di Vera. Vuole fare sesso con lei. Questa, tuttavia, è solamente la manifestazione suprema del suo narcisismo. A differenza del Dottor Frankenstein, che era inorridito dall’apparizione della sua creazione, Robert ne è incantato. Deve averla. Lei è la perfezione. Nel frattempo, Vincente è intrappolato con solo due vie d’uscita: suicidio o omicidio. O forse entrambi.
Antonio Banderas, uscito dal ruolo di latin lover caliente impostogli da Hollywood, dona al protagonista un aspetto da algido calcolatore che risulta agghiacciante. Non c’è niente di sopra le righe nella sua prova; è mortalmente serio. E l’avvenente Elena Anaya (Lucía y el sexo) pareggia la sua intensità.
Senza vergogna nel mostrare l’esibizione estrema del suo corpo, l’attrice permette alla telecamera di Pedro Almodóvar di mostrarne ogni centimetro, a sottolineare la perfezione del lavoro di Robert. Almeno superficialmente, tuttavia, lei è una classica femme fatale con motivazioni imperscrutabili.
Costato circa 13 milioni di dollari, fosse stato girato con un tocco più grottesco o una dose maggiori di humor (anche nero), La pelle che abito sarebbe stato probabilmente più agevolmente ‘digerito’ dal grande pubblico (gli incassi si sono fermati a 30 milioni globalmente), perdendo l’amaro retrogusto che lo caratterizza.
Anche la critica, all’epoca, si è spaccata, con molti che avevano mostrato riserve sul dispositivo centrale della trama, mentre altri ne avevano abbracciato la stravaganza inquietante. Per quelli con un debole per questo tipo di storie dell’orrore, resta una visione assolutamente consigliata. Gli scienziati pazzi sopraffatti dalla tracotanza non sono certo una novità al cinema, ma nessuna iterazione di questo topos è mai stata raccontata in questo modo.
Di seguito il trailer italiano di La pelle che abito:
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