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Titolo originale: Super Dark Times , uscita: 29-09-2017. Regista: Kevin Phillips.

Recensione | Super Dark Times di Kevin Phillips

03/01/2018 recensione film di Sabrina Crivelli

Owen Campbell e Charlie Tahan sono gli ottimi protagonisti di un fosco coming of age che purtroppo non riesce appieno a dare un volto al Male

Ambizioso negli intenti, ma piuttosto banale nel portarli sullo schermo, Super Dark Times, primo lungometraggio diretto da Kevin Phillips, si limita a vagheggiare quella che avrebbe potuto essere un’intrigante incursione in una giovane mente criminale, ma resta solo in superficie e finisce per essere solo un vacuo insieme di buone idee senza forma definita.

Thriller che approccia in maniera singolare il classico Bildungsroman deviandolo a crime story, il film delinea la convenzionale impalcatura e le tematiche tipiche del romanzo di formazione, ma invece la declina all’omicidio seriale. Al centro della narrazione dunque c’è il prototipico duo di migliori amici cresciuti nella sperduta provincia americana, Zach (Owen Campbell) e Josh (Charlie Tahan), che conducono una vita tranquilla e banale tra amori adolescenziali e passatempi banali. Il loro legame viene tuttavia messo a dura prova, e la loro esistenza sconvolta, quando un loro compagno di scuola muore in un terribile incidente davanti ai loro occhi. Da quel momento i due protagonisti cercano di coprire l’accaduto, ma vengono ciascuno a modo suo dilaniati da quanto è successo.

Congerie di problematiche adolescenziali con un tocco macabro, Super Dark Times ha tutti gli ingredienti del teen drama, tr  amicizia e fanciulleschi screzi per la stessa ragazza, Allison (Elizabeth Cappuccino). Intuizione intelligente, tuttavia, la pellicola messa a catalogo da Netflix vira repentinamente al ‘lato oscuro’, quando ai motivi ritriti e un po’ nostalgici alla Stand by me di Stephen King viene conferita una connotazione ben più psicotica. Da normale e ingenuo ragazzino ad assassino, il passaggio è brusco e accattivante, ma latita un’opportuna analisi psicologica che possa realmente motivare tale profondo cambiamento. Partendo con l’idea di un’indagine dei più oscuri lidi della psiche umana, i presupposti più che esaltanti sono però vanificati dall’inconsistenza nel raffigurare il turpe deterioramento di un animo travagliato che sceglie una sanguinosa via. Come si può passare dall’essere un liceale medio americano a serial killer? Tale pare essere la domanda di fondo, ma, eccezion fatta per qualche incubo, un po’ d’insonnia e qualche eccesso di rabbia, gli eventi sono tratteggiati solo a livello epidermico, mentre l’anima nera rimane celata tra dialoghi mediocri e qualche urlo, guardando solamente a distanza e frammentariamente al soggetto più interessante dell’intera storia; d’altra parte la prospettiva della presunta vittima, in uno sviluppo piuttosto farraginoso, non riesce nemmeno a costruire la giusta suspense. Intelletualistico, ma incapace di ottemperare ad uopo l’intellettualismo agognato, Super Dark Times vorrebbe essere insieme una riflessione sulla banalità del Male, come l’assai migliore Bowling a Columbine di Michael Moore (che infatti vinse l’Oscar nel 2003 tra i documentari) e il recente coming-of-age di un omicida seriale alla My Friend Dahmer di Marc Meyers, risultando però ben più confuso e caratterizzato da una rappresentazione assai più sommaria e abbozzata del presunto mostro.

Vi sono tuttavia diversi elementi validi nel film, che, se pecca per eccesso di approssimazione descrittiva, ha alcuni innegabili punti di forza. Anzitutto la recitazione del giovane cast è ottima, a partire dal tenebroso e problematico Josh, ben reso da un credibilissimo Tahan in un ruolo assai difficile, all’angosciato Zach, interpretato da un altrettanto valido Campbell, fino al fastidioso e prepotente Daryl, incarnato da Talisman, e alla timida e fascinosa Cappuccino nei panni di Allison. Tutti gli attori scelti sono perfettamente in parte, seppure purtroppo non gli venga data appieno la possibilità di dar vita a ogni sfumatura dei propri personaggi. Allo stesso modo, apprezzabile, soprattutto vista la natura dell’opera, è l’inserimento di diverse scene piuttosto cruente e dense di sangue, quali un iniziale e accidentale sgozzamento con tanto di fuga e perdita del rosso fluido corporeo a fiotti dalla giugulare. Allo stesso modo, alcuni inserti onirici, quali materializzazioni dei sensi di colpa attraverso truculenti e vendicativi fantasmi psichici, costituiscono escamotage narrativi e passaggi decisamente felici.

Indiscutibile è che, in potenza, Super Dark Times avrebbe potuto essere un indie cupo, truce ed esaltante, capace di combinare ingenuità e pura malvagità, adolescenza e omicidio, ma non riesca ad andare a fondo nell’abisso, a costruire una credibile e spaventosa raffigurazione del Male, che invece resta lì solamente all’orizzonte, per emergere in alcuni immotivati momenti topici e poi tornare ad acquattarsi nell’ombra. Esiste in parte un crescendo, i giusti presupposti per la costruzione di una reale angoscia, ma è quasi come se si saltassero alcuni passaggi di tale discesa nella tenebra, e così l’entità mostruosa che ci attende diviene solo un vago miraggio rarefatto.

Di seguito il trailer originale: