Voto: 5.5/10 Titolo originale: Resident Evil: Welcome to Raccoon City , uscita: 24-11-2021. Budget: $25,000,000. Regista: Johannes Roberts.
Resident Evil: Welcome to Raccoon City, la recensione del film diretto da Johannes Roberts
24/11/2021 recensione film Resident Evil: Welcome to Raccoon City di William Maga
Kaya Scodelario e Robbie Amell guidano il reboot cinematografico dell'amata saga della Capcom, che cerca l'approvazione dei fan ma incappa in soluzioni quantomeno bizzarre
Resident Evil: Welcome to Raccoon City di Johannes Roberts ci riporta alla notte del 30 settembre 1998, poco prima che gli esperimenti sotterranei della Umbrella Corporation scatenassero l’Apocalisse sul mondo. Tuttavia, con il gigante farmaceutico che ha chiuso i battenti e si è trasferito altrove intanto che i residenti della cittadina iniziano ad ammalarsi inspiegabilmente, è già chiaro che il triste fato è inevitabilmente a un passo. E mentre Claire Redfield (Kaya Scodelario) arriva nella sua ex città natale per avvertire suo fratello, Chris (Robbie Amell), delle voci sulle malefatte della Umbrella, il camion cui ha chiesto un passaggio colpisce improvvisamente qualcosa che si sta trascinando sulla strada, che però presto si rialza e continua a vagare nella notte.
Con l’obiettivo dichiarato di riportare la serie alle sue radici, Resident Evil: Welcome to Raccoon City prova – senza grande successo – a fondere insieme le trame dei primi due videogiochi della popolare saga survival horror della Capcom, infilandoci a forza anche molti dei personaggi distintivi del franchise. Chris fa parte della task force speciale della STARS di Raccoon City, insieme a Jill Valentine (Hannah John-Kamen), Albert Wesker (Tom Hopper), Richard Aiken (Chad Rook) e Brad Vickers (Nathan Dales), che vengono tutti inviati in questo fatidico giorno per indagare su strani disordini alla Spencer Mansion, di proprietà della Umbrella.
Nel frattempo, con la città ormai posta in lockdown, Claire incontra il capo della polizia locale, Brian Irons (Donal Logue) e il poliziotto alle prime armi Leon S. Kennedy (Avan Jogia, inspiegabilmente diventato spalla comica) per cercare di trovare Chris e una via di fuga, evitando nel mentre le orde di zombie che hanno iniziato a vagare per le strade di Raccoon City.
I reboot sono in gran parte basati sulla nostalgia e Resident Evil: Welcome to Raccoon City mette costantemente in luce la sua ambientazione pre-Y2K, con la mdp che feticizza palmari e cercapersone mentre amplifica la colonna sonora attraverso ballate pop degli anni ’90. Johannes Roberts riesce a creare alcuni divertenti diversivi metatestuali a questo proposito, come quando Vickers non nota una pericolosa minaccia in avvicinamento perché è intento a giocare a Snake sul suo cellulare Nokia o quando un non morto avvolto dalle fiamme vaga nell’atrio della stazione di polizia locale sul ritornello di “Crush” di Jennifer Paige.
Altri momenti sono meno ispirati, come quando Claire deve spiegare cos’è una chat a Chris: “È una stanza virtuale in cui si chiacchiera”, dice impassibile, una battuta che cade sorda come il tonfo di una guida strategica di Games Machine.
Eppure, per la prima ora circa del film, il regista, che si era dimostrato un brillante artigiano di B-movie con 47 metri (la recensione), bilancia abilmente questo umorismo sfacciato con il senso di terrore in inesorabile aumento di una ingestibile ‘apocalisse zombi’, cospargendo il minutaggio di innumerevoli Easter Egg. Johannes Roberts – aiutato dall’esperta production designer Jennifer Spence (Lights out, Splinter, The Bay) – costruisce diligentemente l’ambientazione industriale ossessionantemente nefasta di Raccoon City (le riprese si sono svolte nella città mineraria di Sudbury, in Ontario), distribuendo metodicamente gli attacchi dei cadaveri ambulanti, che, sebbene non particolarmente innovativi, a volte colpiscono improvvisi e brutali proprio come nei capitoli della serie videoludica.
Sfortunatamente, la seconda metà di Resident Evil: Welcome to Raccoon City si avvicina di più alla metodologia usata in The Strangers: Prey at Night (la recensione), la cui attenzione verso personaggi che corrono qua e là in ambienti all’aperto scarsamente illuminati era stata un netto allontanamento dalla tensione al coperto del The Strangers di Bryan Bertino. Una volta che la S.T.A.R.S. scopre inevitabilmente che i laboratori nel seminterrato della Spencer Mansion venivano usati per esperimenti su esseri umani e per la creazione dei virus T e G, i nostri eroi trascorrono il resto del film fuggendo con regolarità dalle varie creature in altalenante CGI che iniziano a scatenarsi nella zona. Invece di catturare efficacemente il caos di uno sparatutto, però, le immagini di Johannes Roberts finiscono per legarsi in maniera disordinatamente incoerente.
I tanto vituperati film di Resident Evil diretti da Paul W.S. Anderson rimangono – nel bene o nel male – un punto di riferimento del successo al botteghino degli adattamenti di videogiochi a Hollywood, senza contare che al loro meglio (il primo capitolo, Afterlife e Retribution), pur schifando i fan, hanno saputo dar vita a visioni dall’estetica techno-goth quantomeno intriganti, oltre che capaci di piazzare scene d’azione degne di questo nome.
Fallendo nel replicare adeguatamente questi aspetti non secondari, Resident Evil: Welcome to Raccoon City rivela la sua mancanza di personalità man mano che progredisce, soprattutto perché nessuno dei membri dell’anonimo cast è in grado di eguagliare la presenza scenica della tostissima Alice di Milla Jovovich.
Va anche ricordato che la dubbia interpretazione di Paul W.S. Anderson dei misfatti della Umbrella Corporation era stata tagliente e profetica, immaginando un mondo futuro in cui l’avidità delle mega corporazioni aveva addirittura completamente rimpiazzato la necessità della stessa esistenza umana (i cloni e le simulazioni visti in Retribution sono una delle rappresentazioni più creativamente soddisfacenti della vecchia saga cinematografica).
Johannes Roberts – che ha scritto anche la sceneggiatura, che non brilla nemmeno per i dialoghi – tenta di giocare una carta simile quando sceglie di posizionare, almeno inizialmente, la sua storia come una sorta di ‘controfigura’ di uno qualsiasi dei numerosi casi di illeciti aziendali che sentiamo quotidianamente al telegiornale, con la rivelazione che la Umbrella ha pompato il virus T attraverso i sistemi idrici di Raccoon City (un lampante riferimento alla crisi di Flint, Michigan). Tuttavia, invece di scandagliare acutamente questa intrigante premessa, il filmmaker se ne allontana appena dopo averla messa in tavola.
Resident Evil: Welcome to Raccoon City fa anche di tutto per dare un volto preciso a questo ‘male aziendale’: William Birkin (Neal McDonough), lo scienziato capo maggiormente responsabile per le atrocità commesse dalla Umbrella in nome di un’idea distorta di progresso. L’attore 55enne, un caratterista troppo spesso sottovalutato, è più che all’altezza del compito di incarnare il viscido boss del corporativismo degenerato, eppure gli viene concesso uno screentime inadeguato a permettergli di lasciare un segno effettivo.
Il film si rianima brevemente quando Birkin riemerge dalle ceneri per partecipare allo scontro finale, ma dopo così tanti complotti interminabili e senza scopo, Resident Evil: Welcome to Raccoon City non può fare altro che rimanere sepolto sotto la sua indifferenza verso il tema dell’eccesso di potere aziendale incontrollato, che avrebbe potuto elevarlo oltre la soglia di un prodotto di quasi fan service a medio basso budget (circa 40 milioni di dollari), come persino la scena sui titoli di coda sottolinea amabilmente.
Insomma, un risultato complessivo bizzarro, sintomo di come, qualunque cosa si faccia a Hollywood quando si mette mano a un’amatissima property che però ha avuto successo su un altro medium (sia un fumetto o un videogioco) non si può che pasticciare, a prescindere da quanto siano lodevoli le intenzioni a monte.
Ah, c’è una scena mid-credits che getta uno sguardo sul possibile sequel.
Di seguito trovate i primi 9 minuti di Resident Evil: Welcome to Raccoon City, nei nostri cinema dal 25 novembre:
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