Riflessione | Cinema vs. coronavirus (Part II): pandemia ‘cafona’ e modello cinese
26/03/2020 news di Michele Senesi
Continua la nostra esplorazione di questo difficile e inedito momento storico, provando a capirne le possibili conseguenze sul mondo dell'intrattenimento
Dopo i primi due contributi, proseguiamo con il terzo corposo intervento nella nostra ‘indagine interna’ alla redazione del Cineocchio per provare a capire quali saranno gli effetti della pandemia di coronavirus (COVID-19) sul mondo del cinema e dell’intrattenimento.
Michele Senesi (direttore di AsianFeast.org e direttore creativo della PALONEROfilm)
Innanzi tutto, fatti. Uno, di colore: tra le produzioni televisive stoppate causa pandemia c’è anche quella epocale, per la prima volta in 33 anni, di Beautiful. Uno, per alimentare i complottisti: in Cina si era al ridosso del capodanno cinese. E, seppur solo una supposizione priva di conferma, ovviamente, c’erano i presupposti motivati per una drastica inversione di tendenza della storia del cinema. Le settimane del capodanno lunare avrebbero visto le sale occupate da uno stuolo di titoli che con ogni probabilità avrebbero segnato un record epocale rimettendo in discussione posizioni e pesi all’interno del mercato internazionale. La campagna di marketing dei mesi precedenti era stata monumentale e i film erano fortemente attesi. In pratica in sala si sarebbero presentati i sequel (o prodotti strettamente correlati) di tutti i maggiori incassi dei cinque anni passati, titoli che nel solo territorio nazionale avevano incassato quanto un blockbuster USA incassa nel mondo.
Avremmo avuto The Rescue di Dante Lam (il suo recente action bellico Operation Red Sea era stato il campione di incassi del 2018 con 550 milioni di euro), la commedia Detective Chinatown 3 (il precedente “episodio” era stato secondo incasso nel 2018), Lost in Russia (l’ultimo capitolo era stato terzo incasso dell’anno nel 2015), Legend of Deification (sorta di sequel non ufficiale di quel Nezha, primo incasso dell’anno scorso con 700 milioni). Più, l’atteso Leap di Peter Chan con Gong Li e un nuovo Jackie Chan,Vanguard, tipologia di film che solitamente si posiziona sempre tra i primi 5-10 dell’anno. Insomma, è come se nella stessa settimana fossero usciti il nuovo Avatar, Spider-Man, Star Wars, Avengers e Fast and Furious. Lost in Russia ha affrontato una sorta di ‘fase 1’ di preliminare diffusione free in una complessa joint venture web televisiva, in attesa di una release in sala. Gli altri, rimandati a data da destinarsi.
In occidente, prese le dovute contromisure si stanno ipotizzando opzioni. Sale chiuse, Festival rimandati, gente che fa i cosplay di Fallout e de L’Eternauta ma senza Lucca Comics. Arrivasse la neve saremmo davvero nel capolavoro di Héctor Oesterheld e Francisco Solano López (edit: è arrivata. Lanciamo una challenge #Leternauta per TikTok).. Potrebbe quindi la crisi risolversi come sorta di occasione per gli indipendenti? No. Lo slittare dei Festival ha tolto loro la vetrina privilegiata e più consona. E la riapertura delle sale sarà così satura di titoli da togliere ogni possibile finestra di visione per film non ”ufficiali”. Ovvio che gli indipendenti abbiano rimarcato la loro presenza, sottolineando la propria esistenza web o regalando i loro prodotti on line in slot temporali o meno (cito a rappresentanza del tutto i cortometraggi Birthday di Alberto Viavattene, Fricozoid di Federico Scargiali e il film Bumba Atomika del sottoscritto, su YouTube). Va notata anche la pregevole iniziativa intitolata Quarantine Online Film Festival, sorta di Festival web con articolato palinsesto giornaliero, vetrina di prodotti audiovisivi indipendenti, lunghi e brevi, on line fino alla ipotetica fine della quarantena. Ma questo materiale fa fatica ad arrivare agli spettatori e a ricevere empatia da un pubblico di massa che in realtà cerca e vuole altro.
L’unico prodotto indipendente bramato dalle masse fa parte di quella corrente trasversale alle arti che caratterizza – nel presente – la vitalità culturale del nostro paese. Dopo il dadaismo, il surrealismo, la nouvelle vague, il neorealismo, stiamo vivendo l’epoca de “li cazzi mia online”, corrente artistica che abbraccia trasversalmente musica, fumetto e video, caratterizzata da egocentrica riproposizione pedissequa della realtà senza rielaborazione, patetici riscontri comici, miserrima articolazione tecnica, e retorica ostentazione nozionistica, farcita di imbarazzanti riferimenti ad una istituzionalizzata cultura popolare. Tipo la commedia all’italiana però brutta e stupida. Quello vuole il pubblico, quello offre il mercato. Il video indipendente che cerca e insegue ambizioni più nobili resta in un limbo di invisibilità.
Personalmente questo periodo storico si rivela una grandissima occasione. Lo stop alle produzioni Netflix e i primi due mesi da dieci anni a questa parte senza supereroi americani nelle sale, rappresentano il paradiso di Paul Gustave Doré per ogni vero amante del Cinema. Qualcuno potrebbe far notare che non solo non ci sono più film di supereroi, ma non ci sono più film tout court. Si, certo, è un “muoia Sansone e tutti i Filistei”, ne sono cosciente. Ma a fronte di un film di supereroi al mese che occupa militarmente e monopolizza le sale, in questo ideale libero mercato non libero, e a fronte di 500.000 visitatori al Lucca Comics, com’è possibile che quando al cinema esce (a fatica) un capolavoro come Promare (la recensione) gli spettatori siano dieci per sala? C’è un macroscopico problema a monte, pericoloso e contagioso di cui prendere atto. La pandemia cafona.
Ecco che questo periodo miracoloso potrebbe rivelarsi come una sanificazione culturale e sensoriale, un’amuchina per gli occhi, una mascherina per il cervello, dei guanti chirurgici per l’intelletto, una ricerca del gusto per uno spettacolo di qualità anche nell’intrattenimento, un momento per ritrovare e riconquistare quello che ci hanno rubato negli ultimi vent’anni, in primis il gusto per la fantasia e la creatività come valori fondanti e successivamente quello per una scrittura cinematografica intelligente, raffinata e articolata; fattori ormai esenti dall’80% delle produzioni da sala e dalla quasi totalità di quelle basate sulla serialità. Certo, dobbiamo lavorarci tutti e approfittarne. Serve la Croce Rossa della cultura cinematografica, la Protezione Civile del buon Cinema.
Ecco che iniziative come Cine34, con le sue copie discutibili può rivelarsi però per uno spettatore casuale occasione di riscoperta e curiosità come può esserlo l’iniziativa che unisce il Far East Film Festival di Udine e il sito MyMovies nel proporre un palinsesto web di film asiatici. Si è attivata anche la giapponese Toei che pubblicherà on line, sottotitolate in inglese, gratuitamente, ben 70 (!) serie tokusatsu realizzate negli anni (il nostro dossier). Un evento epocale. Dove non riescono gli indipendenti, privi di strumenti sanitari adeguati possono riuscire questi canali dotati di attrezzatura medica più moderna e all’avanguardia. Sarà dura trovare un vaccino che possa affrancarci dall’analfabetismo audiovisivo da cui volontariamente o meno siamo stati contaminati.
Il futuro (e ora andiamo con le ipotesi, quindi parlando di fuffa) probabilmente sarà simile a quello che perseguono in Asia da tempo: differenziazione dei prodotti, deframmentazione transmediale e sbilanciamento del peso verso prodotti pensati appositamente per fruizioni non convenzionali nel dispositivo e formato, da sbirciare distrattamente e frammentariamente lungo l’intero arco giornaliero. Nel momento in cui scrivo, la Cina sta riorganizzando l’apertura delle sale e a quanto pare i primi titoli ad affollarle saranno i campioni di incasso locali del vicino passato ad ingresso gratuito o simbolico. Da noi, per adesso, la raccomandazione è sempre la stessa. State a casa. E guardate (solo buoni) Film. Con la “F” maiuscola.
Continua …
© Riproduzione riservata