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Voto: 9/10 Titolo originale: Ghost Dog: The Way of the Samurai , uscita: 06-10-1999. Budget: $2,000,000. Regista: Jim Jarmusch.

Riflessione: Ghost Dog – Il codice del samurai di Jim Jarmusch, l’Hagakure come filosofia di morte

16/11/2020 recensione film di Marco Tedesco

Nel 1999 Forest Whitaker era il protagonista di una crime drama atipico, ispirato al 'testo sacro' dei samurai giapponesi

ghost dog film forest

Distribuito nei cinema nel 1999, Ghost Dog – Il codice del samurai (Ghost Dog: The Way of the Samurai) dello sceneggiatore e regista Jim Jarmusch è ancora oggi scandalosamente inedito in Blu-ray nel nostro paese, mentre l’edizione DVD è ormai da un pezzo fuori catalogo. Un’opera piuttosto bizzarra per quel periodo, ma assolutamente senza tempo.

Non soltanto perché la poesia che Jarmusch trae dall’Hagakure, un libro del XVIII secolo che descrive in dettaglio – appunto – il ‘codice del samurai’ del titolo, fa da baricentro morale al protagonista o per le distanze che il regista percorre per ridurre al minimo i dettagli specifici dell’ambientazione, evocando così una dicotomia da qualche parte / da nessuna parte / ovunque, ma perché il film crea costantemente un senso simultaneo di qualcosa che finisce e che inizia.

Non è necessario che termini in un momento specifico, né che inizi in un momento specifico, lo fa solo in un momento ‘innocuo’. Questo pensiero filosofico permea Ghost Dog, dando a un crime drama altrimenti pacato una potenza incredibile che lo fa ricordare a oltre vent’anni dall’uscita.

Forest Whitaker in Ghost DogAgli ordini del boss della mafia Sonny Valerio (Cliff Gorman), Louie (John Tormey) attiva il suo miglior sicario, Ghost Dog (Forest Whitaker), affinché elimini uno dei loro per aver intrattenuto una relazione con la figlia del capo, Louise (Tricia Vessey). Tuttavia, dopo che qualcosa va storto, Sonny mette una taglia su Ghost Dog e la responsabilità su Louie. Senza altra scelta che difendersi, Ghost Dog decide allora di mettere in atto un piano che proteggerà il suo padrone a tutti i costi.

Ghost Dog – Il codice del samurai è uno di quei film i cui strati possiedono ulteriori strati. Non è un caso che Ghost Dog viva in quel modo: solo, in una stanza in cima a un edificio, i suoi unici compagni i piccioni a cui bada o il suo migliore amico, un haitiano che non parla una parola di inglese. Queste sembrerebbero apparentemente delle idiosincrasie, un sottoprodotto di un filmmaker noto per aver rotto le regole con ciascuno dei suoi lavori, eppure sbaglieremmo di grosso.

Prendiamo la mancanza di ancoraggio temporale / spaziale che attraversa tutto il film. Nonostante sia stato girato interamente nel New Jersey, non c’è un solo indicatore del luogo in cui si svolge la storia, con Jim Jarmusch che si spinge addirittura a sostituire le diciture sulle targhe della automobili. I membri della mafia italiana potrebbero vivere ovunque, così come lo stesso Ghost Dog.

Potrebbe facilmente essere a New York, nel New Jersey, ad Atlanta o a Los Angeles, davvero ovunque. La location non ha importanza, tanto quanto le interazioni tra i personaggi. In questo senso, la relazione tra Ghost Dog – vincolato a delle precise regole di vita – e Louie potrebbe aver luogo in qualsiasi paese del mondo, in qualsiasi momento e in qualsiasi città.

Il fatto che si svolga in un luogo in cui si parla l’inglese è irrilevante. Ciò che importa veramente è la rappresentazione delle relazioni personali in relazione ai saldi principi del personaggio principale. Premura e lealtà prima di tutto, anche l’auto conservazione.

È qui che Ghost Dog diventa particolarmente interessante. I princìpi di Ghost Dog sono considerati obsoleti, persino antichi, ma è il suo codice che gli fa guadagnare maggior rispetto da parte di coloro che lo circondano rispetto ai mafiosi che cercano di ucciderlo. Al contrario, i malviventi stanno annaspando, incapaci di pagare l’affitto o i mutui, aggrappati disperatamente a un sistema che non sono stati in grado di adattare agli standard moderni.

Stanno litigando tra loro e, così facendo, provocano la loro rovina, letteralmente. Se questa non è una poesia eseguita attraverso una visione molto specifica, diventa difficile pensare a qualcosa di meglio.

ghost dog film 1999Parlando di poesia, il Ray Vargo di Henry Silva risponde proprio con un “È poesia. La poesia della guerra“, dopo aver ascoltato un verso dell’Hagakure.

L’uomo è per lo più silenzioso, eppure, con questa frase e una recitazione prettamente fisica divina, riesce a creare un personaggio che capisce che c’è della bellezza da trovare nel violento, che la dualità di pensiero e di azione finisce per intrecciarle e che meritano uguale rispetto.

Esaminiamo questa idea in un altro modo: il rapporto tra Ghost Dog e il Raymond di Isaach De Bankolé. Nessuno dei due parla una lingua comune, ma ciascuno si riferisce all’altro come “migliore amico” e reagisce costantemente all’altro con il dialogo, riconoscendo così la propria comprensione di ciò che l’altro sta dicendo o intende. È comico senza essere comico, è toccante senza essere sdolcinato, e rafforza l’idea di Jim Jarmusch secondo cui anche se non capiamo le parole di un altro, se prestiamo attenzione, l’intento può sempre essere tradotto.

Non è certo una coincidenza che Ghost Dog, il protagonista, fondi la sua vita sulla saggezza contenuta nell’Hagakure, un libro che è l’epitome del gioco del telefono senza fili attraverso secoli, culture e lingue. L’opera stessa fu compilata tra il 1709 e il 1716 da Tashiro Tsuramoto tramite le sue discussioni con il monaco Yamamoto Tsunetomo e fu successivamente tradotta in inglese da William Scott Wilson nel 1979.

Se si dovesse considerare che l’Hagakure è più di un libro relativo alle vie del bushido, il codice di condotta degli antichi samurai, ma una rappresentazione fisica della comunicazione del passato che rimane rilevante anche nel presente, come ciò che una volta era stato considerato perduto possa ora trovare la rinascita, e che quel linguaggio originario conti ben poco per potersi connettere con gli altri.

Pensato in questo modo, Ghost Dog si rivela come un’esplorazione dell’interconnessione della tradizione, della natura ciclica della violenza e di come la corruzione della natura porti alla distruzione di tutti, il tutto impostato sui suoni della colonna sonora di RZA, che è ciclica, quasi meditativa.

ghost dog 1999 filmDopo oltre due decadi, Ghost Dog – Il codice del samurai resta un’opera rilevante, non solo all’interno della produzione di Jim Jarmusch.

Che sia semplice come respirare o complicato come un attacco frontale, senza la dedizione in ogni atto che compiamo, siamo destinati a fallire; l’idea che le tradizioni siano preziose fintanto che le trattiamo con cura e rispetto, non svalutandole replicandole senza contemplazione; l’idea che senza un codice con cui vivere, siamo meno della stessa natura, che a sua volta possiede un codice di comportamento.

Tutti concetti così incredibilmente potenti da valutare sia che si abbiano 18 anni oppure 40, indipendentemente dal fatto che facciate parte di una famiglia di gangster o siate dei sicari neri solitari. Se non considerate il vostro posto nel mondo, non ci sarà altro che caos.

Di seguito una scena di Ghost Dog – Il codice del samurai:

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