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Voto: 7/10 Titolo originale: Apt Pupil , uscita: 23-10-1998. Budget: $14,000,000. Regista: Bryan Singer.

Riflessione | L’allievo di Bryan Singer: lo scomodo adattamento dimenticato di Stephen King

29/08/2020 recensione film di William Maga

Nel 1998 Ian McKellen e Brad Renfro erano gli assoluti protagonisti di uno dei film meno citati collegati al Re del brivido, un flop commerciale che ci mette in guardia - in modo algido - dalla banalità del Male

ian mckellen l'allievo film

Attento al nazista che cova in te, attento al fascino maliardo del Male, che spesso si nasconde dietro il volto perbene ed educato di un nostro vicino. Nel 1998, l’allora 31enne Bryan Singer, balzato agli onori delle cronache per I soliti sospetti, sceglieva uno dei più tremendi e terrorizzanti racconti di Stephen King, Un ragazzo sveglio (presente nella raccolta Stagioni diverse del 1982), per condurci, con il film L’ allievo (Apt pupil), attraverso gli orrori celati nelle pieghe dell’anima umana, facile preda delle corruzioni di un Satana dei nostri giorni.

l'allievo film singer 1998 posterUn mostro molto poco soprannaturale che qui ha il volto elegante di Ian McKellen (prima di lui si era pensato a James Mason e Richard Burton), ‘re’ del Royal National Theatre, ma anche memorabile interprete sullo schermo di Riccardo III in versione Terzo Reich. Solo che, rispetto a Riccardo III, a Macbeth, a Iago, il suo Kurt Dussander, con tutti i suoi crimini nazisti, è pur sempre un ‘dilettante’. Che però ha nascosta nella manica un’arma insidiosissima: i modi e l’aspetto della persona qualunque, che mangia e beve troppo, veste abiti acrilici, guarda la televisione. Uno come tanti insomma. Con celato dentro, però, un abisso di orrori.

A esserne contagiato è un ragazzo di sedici anni, Todd Bowden (un Brad Renfro con l’adeguata carica di ambiguità da risultare seducente, allievo d’una materia senza nome), che riconosce in lui un ex ufficiale delle SS, e lo costringe col ricatto a confessargli le atrocità commesse in passato. Un racconto che diviene una lezione di vita dalle conseguenze fatali.

Bryan Singer – che acquistò i diritti del romanzo da Stephen King per la cifra simbolica di 1 dollaro – ha confessato di aver letto la prima volta il racconto a 19 anni, rimanendo “molto turbato”. Facile capire il perché. Quel Male in L’allievo ha un’identità precisa, ancora ben presente nella nostra società. Il nazismo è un ‘morto-vivente’, pronto a risorgere nel giardino della casa accanto. Ad agguantare il cuore e la mente di un adolescente che potrebbe essere nostro figlio o nostro fratello, un bravo studente con tutte le carte in regola per diventare un cittadino ‘modello’.

Eppure cosa rende, allora come oggi, ancora attraente, agli occhi dei giovani, il nazismo? Probabilmente le ‘solite’ cose, ovvero un’iconografia e un design di grande impatto visivo (Adolf Hitler era una star del cinema, adorava rimirarsi), uniti a due prepotenti impulsi dell’essere umano: l’esaltazione della violenza e la voglia di sopraffazione. Un cocktail micidiale che trova il suo simbolo nella svastica, l’unico segno forte oltre alla croce cristiana. Un intero Paese, la Germania, ne rimase coinvolto. A furia di chiamare gli ebrei ‘ratti’ o ‘vermi,’ molti tedeschi si convinsero che quegli individui erano davvero ‘inferiori’ e loro ‘superiori’. Ogni uomo può trasformarsi in demonio. Non è insolito sentire qualche veterano, considerato un gentlemen, raccontare di aver provato piacere nell’aver avuto il ‘privilegio’ di poter sparare verso il nemico con un cannone.

Similmente, il ‘piacere del Male’ è in qualche modo alimentato quotidianamente dalla televisione, attraverso notiziari sensazionalistici (in America come in Europa) che propongono overdosi di sangue e morte di ogni tipo. Una violenza decerebrata divenuta pane e companatico di ogni pubblico in giro per il mondo.

Brad Renfro in l'allievo (1998)L’allievo, il cui finale venne rielaborato da Bryan Singer e dallo sceneggiatore Brandon Boyce (che ne ridussero anche il livello di violenza generale per creare un thriller più incentrato sui personaggi, forse troppo …) non ha grandi pretese storiche, ma, proprio come avveniva nel film Il servo di Jospeh Losey nel 1963, è sostanzialmente una storia a doppia faccia sul rapporto padrone-servo, sulle dinamiche del controllo psicologico, evidenziato dal compiacimento di Kurt Dussander nel riprendere gusto a travestirsi da SS, arrivando addirittura a battere i tacchi, in un modo che quasi certamente nemmeno Stephen King aveva osato immaginare.

A metà strada tra un giallo (abbiamo un morto, con conseguente inchiesta a caccia del colpevole) e il dramma sulla ‘infanzia di un capo’, per dirla alla Jean-Paul Sartre, L’allievo, anche a distanza di oltre 20 anni, è un buon modo per lanciare l’allarme su quel ventre che continua a sfornare mostri non appena ci distraiamo.

Costato 14 milioni di dollari, il film, che raccolse qualche premio in Festival minori (per i due protagonisti), rastrellò complessivamente al botteghino appena 9 milioni di dollari, risultando a conti fatti un flop, probabilmente a causa di una certa stampa statunitense molto negativa, che lo accusò di esaltare eccessivamente sadomasochismo, omoerotismo e omofobia.

L’allievo è anche l’opera (ri)balzata negli ultimi anni sotto i riflettori per le vicende giudiziarie che videro coinvolto direttamente Bryan Singer, uno dei numerosi imputati citati in giudizio da alcuni minorenni già nel 1997 per la sequenza – poi censurata e rigirata con attori adulti – delle docce / camera a gas, ‘costretti’ secondo le accuse a recitare in condizioni non consone (e che vennero liquidati con una somma di denaro non divulgata, coi querelanti vincolati da accordi di riservatezza).

Di seguito il trailer internazionale di L’allievo: