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Voto: 8/10 Titolo originale: Invasion of the Body Snatchers , uscita: 05-02-1956. Budget: $417,000. Regista: Don Siegel.

Riflessione | L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel: il B movie che sfidò l’establishment

12/03/2020 recensione film di William Maga

Un piccolo film fanta-horror poco appariscente, realizzato con un budget minuscolo in sole tre settimane - e tuttavia capace di produrre uno dei commenti sociali più ficcanti degli anni '50

l'invasione degli ultracorpi 1956

L’industria cinematografica americana nel 1956 era impantanata in quello che lo sceneggiatore Dalton Trumbo chiamava “Il tempo del rospo”. Dal 1947, la lista nera di Hollywood aveva plasmato ogni decisione di produzione. I produttori chiesero lo “scagionamento” della maggior parte dei potenziali sceneggiatori e di molti attori dall’accusa di essere simpatizzanti comunisti, non importa quanto stravaganti, prima che potessero essere assunti.

E ogni progetto che sembrava vagamente “politico” era di solito accantonato dai capi degli studios, nervosi per i boicottaggi minacciati dalla American Legion. A parte i film anticomunisti pro-forma come Lo schiavo della violenza (I Married a Communist) della RKO, che gli studi cinematografici distribuirono come ‘contentino’ per l’opinione pubblica, gli anni ’50 avevano visto sul grande schermo ben poco dell’impegno socio-politico che aveva reso il cinema americano dei primi anni ’30 estremamente articolato.

L'invasione degli ultracorpi (1956) film posterMa verso i margini del settore, negli studi minori, sui set dei film di serie B, e in titoli di genere western, polizieschi e di fantascienza, i filmmaker riuscirono a trovare un rifugio politico. Attraverso l’allegoria, potevano esprimere le loro preoccupazioni per le paure che soffocavano la vita americana del dopoguerra, che da tempo erano bandite dai palcoscenici dei grandi studi.

Registi come Samuel Fuller, Phil Karlson, Jack Arnold e Don Siegel, lavorando inosservati dall’establishment critico, hanno occultato la loro analisi sociale nelle pieghe dei titoli di cowboy, nei noir e nella sci-fi, e ci hanno così regalato alcuni dei più film autenticamente politici di quel decennio.

Nello specifico, Don Siegel ha trascorso gli anni ’50 realizzando piccoli, concisi ed eleganti B movies come Dollari che scottano (1954), Delitto nella strada (1956) e Faccia d’angelo (1957). La capacità inventiva del regista era eguagliata soltanto dal suo talento per gli stratagemmi dettati dalla necessità; più di una volta si intrufolò nei backlot delle major per rubare qualche ripresa, lavorava per tutta la notte per risparmiare denaro e trovava location che sembrava nessuno avesse mai fotografato prima.

Scovò giovani attori affamati da far recitare come protagonisti, e lavorò con loro diligentemente per ottenere le migliori interpretazioni di cui erano capaci. Per sostenerli, ha riempito le sue scene di caratteristi forti, molti dei quali erano suoi amici personali. Per dirne uno, è Sam Peckinpah l’operaio del gas che si vede a un certo punto in L’invasione degli ultracorpi (Invasion of the Body Snatchers). Insomma, nessuno meglio di Don Siegel era in grado di prendere un budget di serie B e dargli connotazioni di seria A.

Il produttore Walter Wanger era un uomo le cui radici erano profonde radicate nel sistema degli studi di Hollywood, ma era stato un anticonformista sin da quando aveva scontato una pena detentiva per aver sparato all’agente che rappresentava di sua moglie. In prigione, si ‘convertì’ al liberalismo esplicito, decidendo di girare film con “problematiche sociali”. Le sue idee sarebbero state perfette per gli anni ’30, ma negli ansiogeni anni ’50, i progetti di Walter Wanger spaventarono gli studi principali e, in definitiva, si ritrovò a bussare alla umile Allied Artists. Lì, con Don Siegel come regista, realizzò Rivolta al blocco 11, un appello per una riforma carceraria in un’epoca praticamente intollerante per un simile concetto.

Il film, a sorpresa, fu un successo, così Walter Wanger tornò prontamente da Don Siegel con l’idea di un film che avrebbe utilizzato le convenzioni del cinema di fantascienza e dell’horror per criticare la conformità delle vite degli americani. Assegnarono la stesura dello script – necessariamente ispirato all’omonimo romanzo di Jack Finney del 1955 – a Daniel Mainwaring, anch’egli già ‘testato’ sul film del 1954, e uno sceneggiatore i cui migliori titoli (tra cui Le catene della colpa e Linciaggio) si erano scagliati sentitamente contro l’ipocrisia e l’individualismo.

L'invasione degli ultracorpi (1956) Kevin McCarthyCiò che risultò dalla collaborazione dei tre fu un film abilmente oltre ogni particolare problema, capace invece di offrire una critica sottotraccia dell’uniformazione insensata. Insieme a L’uomo dell’organizzazione di William Whyte e La follia solitaria di David Riesman, entrambi bestseller di analisi sociale pubblicati negli anni ’50, L’invasione degli ultracorpi spicca tra le opere di accusa al conformismo più radicali del decennio offerte dalla cultura popolare durante un decennio ossessionato dalla necessità di “trovare un posto” e, con l’adattamento dei doppelgänger, dalla paura di perdere l’individualità.

La critica del film era così sottile che Walter Wanger e la Allied Artists si preoccuparono che il pubblico non riuscisse ad afferrare la loro visione sul pericolo della conformità. Fu lo studio a insistere sulla scelta di un titolo dallo stile exploitation quando Don Siegel propose Sleep No More, preso in prestito dal Macbeth di William Shakespeare. Walter Wanger cercò di far comparire Orson Welles in un’avvertenza video, con evidente tentativo di creare un parallelo tra L’invasione degli ultracorpi e il di lui capolavoro della fantascienza radiofonica del 1939, La guerra di mondi (il produttore a un certo punto pensò anche all’idea di far ‘intervistare’ il protagonista del film, Miles Bennell, interpretato da Kevin McCarth, dal leggendario giornalista Edward R. Murrow).

Alla fine, Walter Wanger decise di racchiudere la narrazione di L’invasione degli ultracorpi all’interno di una cornice. Don Siegel e Daniel Mainwaring si opposero con forza, ma collaborarono per rendere questa struttura a flashback il più possibile integrata nel resto del film, ma molti (incluso il regista …) ritennero che una scelta simile diminuisse la potenza della storia attraverso una rassicurazione fasulla.

Invasione degli ultracorpi (1956)In ogni caso, nonostante tutta la sua consapevolezza sociale, L’invasione degli ultracorpi è anche un film davvero angosciante. Don Siegel ha saggiamente tenuto alla larga la squadra degli effetti speciali della Allied Artists, che voleva renderlo un tipi “film di mostri“, optando per utilizzare props con parsimonia ed efficacia.

La nascita ‘bavosa’ dai bacelloni e l’umanoide senza emozioni facciali che giace sul tavolo da biliardo sono immagini che rimangono profondamente impresse. Il lungo inseguimento conclusivo, sullo sfondo di un ostinato sibilo di una sirena per la difesa civile, è tranquillamente uno degli inseguimenti più inventivi e pieni di suspense mai girati. E Don Siegel infonde anche i momenti più casuali, come l’assemblea di ‘cloni’ nella piazza di Santa Mira in attesa di ricevere le loro “spedizioni”, di un grazia spaventosa.

Realizzato in 23 giorni, con un budget di 380.000 dollari, L’invasione degli ultracorpi, proprio come i film del terrore realizzati da Val Lewton negli anni ’40, continua ancora oggi a influenzare registi e romanzieri con la sua combinazione di plausibilità e surrealismo. Colto, appassionato e avvincente, L’invasione degli ultracorpi è la vera incarnazione – ma potreste preferire un’altra parola – delle possibilità del cinema horror. Il film di Don Siegel affronta la paura della perdita di identità e poi individua la minaccia per quell’identità, non in qualche minaccia marziana, ma nelle nostre stesse anime. Chiede niente di meno di affrontare l’inutile ortodossia nel nostro io sociale e di ucciderla con un forcone.

Durante le riprese, Don Siegel si intrufolò di nascosto nella casa di Dana Wynter (interprete di Becky Driscoll nel film) e fece scivolare uno dei baccelli sotto il suo letto. “La mattina dopo, quando Dana trovò il bacello, la ritrovammo in uno stato di quasi isteria“, ricordò il regista nel 1993, con evidente soddisfazione.

Per oltre 50 anni (e per molti altri ancora), L’invasione degli ultracorpi ha tenuto il pubblico sulle spine con la paura di trovare un giorno quel bacello alieno sotto il proprio letto. Un monito che non va dimenticato, come dimostrano bene i tre remake, Terrore dallo spazio profondo (1978), Ultracorpi – L’invasione continua (1993) e Invasion (2007).

Di seguito la scena della scoperta del ‘bacello’ nella serra da L’invasione degli ultracorpi: