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Voto: 6.5/10 Titolo originale: Never Say Never Again , uscita: 07-10-1983. Budget: $36,000,000. Regista: Irvin Kershner.

Riflessione | Mai dire mai di Irvin Kershner: uscire dal canone ri-paga (sia Connery che i fan)

01/03/2021 recensione film di Marco Tedesco

Nel 1983, l'attore scozzese ritornava clamorosamente nei panni di James Bond in un capitolo non ufficiale, un remake di Thunderball riuscito e ironico

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Che – finalmente – si tornava a fare sul serio lo si capiva (quasi) subito. Quando l’anziano ‘Q’ (non più il rubizzo Desmond Llewelyn, ma Alec McCowen), dando voce ai probabili desideri segreti del pubblico, confessa a 007: “Adesso che sei tornato, James, mi auguro che avremo una ventata di sesso e di violenza”. Roba da applausi in sala, a schermo acceso.

Preparata all’epoca da una campagna pubblicitaria azzeccata, tutta orientata a riaccendere le mitiche nostalgie, senza per questo dimenticare le platee dei giovanissimi, la rentrée di Sean Connery (anni 53) nei panni dell’agente segreto creato dalla penna di Ian Fleming era stata un successo annunciato. C’era forse da dubitarne? No, ma l’attore scozzese, che di questo quattordicesimo Bond cinematografico, in realtà apocrifico, era il vero ‘padrone’, avrebbe potuto fare di Mai dire mai (Never say never again) del 1981 – un titolo ironicamente ispirato a una sua frase di 10 anni prima, con cui aveva messo la parola fine alle sue partecipazioni alla saga – qualcosa di diverso, magari di meno ambizioso.

Maidiremai.jpgIn fondo, non ci sarebbe voluto poi molto a oscurare il già labile carisma del profumato e mollaccione Roger Moore del coevo Octopussy – Operazione piovra. E invece lo strapagato Sean Connery (3 milioni di dollari di cachet più una percentuale sugli incassi) decise di fare le cose in grande: uno stuolo di attori di prima grandezza (da Klaus Maria Brandauer a Max Von Sydow), panorami esotici ma non troppo, marchingegni elettronici usati al punto giusto, una storia già vista (quella di Operazione Tuono, l’unica permessa dai diritti) ma rimessa completamente a nuovo. Risultato: 137 minuti di Mai dire mai; ovvero il James Bond degli anni Ottanta, invecchiato senza essere crepuscolare, ironico senza essere comico, perfino spiritoso politicamente.

Un po’ come Superman III, Mai dire mai è un film onnivoro, che ricicla, ruba, assembla i pezzi dei più disparati filoni d’ avventura. Una specie di supermarket di celluloide, dove però si vende merce di boutique. La disco music coabita col caviale Beluga, il paté di Strasburgo viene mangiato in blue-jeans, l’elettronica computerizzata gioca con le iperboli tipo I predatori dell’Arca perduta.

Di sicuro, però, la riverniciata moderna non avrebbe aiutato un granché se non ci fosse stato lui, Sean Connery, parrucchino discreto e rughe bene in vista, a stuzzicare disinvoltamente la memoria dei fan. L’idea è tutta li: mentre Roger Moore si comporta negli anni Ottanta come un personaggio degli anni Sessanta, la star scozzese faceva esattamente il contrario. Sfidava la nostalgia e gli acciacchi, aggiornava le regole dello snobismo, senza rinunciare a salvare il mondo dalle bieche manovre della SPECTRE, l’organizzazione criminale che si è impadronita di due testate nucleari per estorcere ai governi occidentali miliardi di dollari all’anno. Vedere per credere.

Al prezzo di un biglietto lo spettatore si garantiva, infatti, nell’ordine: 1) un James Bond stanco e ingrassato (“troppi Martini e troppo pane bianco”, lo rimprovera acido Edward Fox nei panni di ‘M’), spedito in clinica per riacquistare l’antica forma e liberarsi dalle tossine che ha in corpo. Diete ferree a base di tè al prezzemolo e germogli di grano non toglievano però a 007, inguaribile sottaniere, il piacere del sesso. Di notte si porta a letto la bella infermiera di turno e beve di nascosto l’amata Vodka; 2) un James Bond come nuovo, sopracciglio sinistro arcuato e linea invidiabile, spedito a Nassau sulle tracce del cattivo dal volto umano Maximilian Largo (Brandauer). Lì rispolvera il Kamasutra con l’eccitante killer Barbara Carrera, sfugge per un miracolo alle fauci degli squali e finisce nella camera di una bella turista.

mai dire mai film 1983 max von sydowE poi: 3) un James Bond sempre più impeccabile, in smoking, che gareggia con Largo a un curioso war game mortale chiamato ‘Dominio del mondo’ e subito dopo balla con Kim Basinger il primo tango della sua carriera cinematografica; 4) un James Bond incatenato nelle fetide prigioni di un antico castello marocchino. Ma niente paura, con l’orologio-laser fonderà le catene e in groppa a uno stallone nero strapperà una Domino Petrescu (Basinger) mezza nuda dalle grinfie di una banda di beduini; 5) un James Bond sentimentale che, per un attimo, proverà compassione per Largo.

Sbagliando, perché quel momento di umana debolezza rischierà di rivelarsi fatale; 6) un James Bond ormai vincitore che se la spassa, sull’orlo della solita piscina, con la bionda eroina. “Non puoi proprio rinunciare alle vecchie abitudini?“, chiede lei, offrendogli un intruglio arancione al posto del Martini. E lui: “Oh si, quei tempi sono passati, ormai”. Bugia. In questi casi, mai dire mai.

Divertente, no? Pur diretto con garbato mestiere da Irvin Kershner (L’impero colpisce ancora), Mai dire mai è, a tutti gli effetti, un film di Sean Connery. Nel senso che l’attore scozzese si prende qui la sua grande rivincita: sul super produttore Albert Broccoli, che lo aveva ostacolato in ogni modo, mobilitando un esercito di avvocati; sui maligni che ironizzavano sulla sua età avanzata; sullo stesso Ian Fleming che confessò un giorno di averlo accettato di malavoglia (lo scrittore pensava per il ruolo a Cary Grant) perché non aveva charme.

Con Mai dire mai, insomma, l’attore scozzese superava il personaggio, prendeva il sopravvento su James Bond, cancellava l’immagine stereotipa, antica, dello 007 con pistola nera. D’ora in poi, per Roger Moore sarebbe stato più difficile tornare a pronunciare la fatidica frase: “Mi chiamo Bond … James Bond”. Nessuno gli avrebbe più creduto, nonostante la celebre sequenza di apertura e il tema musicale di John Barry.

mai dire mai film 1983Naturalmente, non tutto funziona a dovere in Mai dire mai. La strizzatina d’occhio farsesca, il bisogno di strabiliare il pubblico ad ogni costo, l’accentuazione fumettistica tolgono talvolta sapore al gioco cinematografico. Ma forse era inevitabile. Sean Connery, reindossando il parrucchino e le cravatte di James Bond, sapeva benissimo di non potersi più prendere troppo sul serio; doveva trovare la giusta via di mezzo, tra autoironia e avventura, tra richiami esotici da anni del boom (Caraibi, Dom Perignon, Aston Martin, crociere da sogno) e nuovi scenari politici internazionali, tra verosimiglianza e ipertecnologia.

Mai dire mai sembrava avergli dato ragione. Bandita la facile parodia, Sean Connery – che non avrebbe davvero più indossato lo smoking dopo questa prova – riuscì a regalare al suo pubblico un eroe di celluloide triste e gagliardo insieme. Con buona pace di quei critici che, all’epoca di Licenza d’uccidere, scrissero cose di fuoco su quel “Demiurgo capace di lacerare la tela di un mondo illanguidito dal tran tran per ritesserla a spallate e a colpi di mitra.”

Di seguito trovate il trailer internazionale di Mai dire mai: