Voto: 7.5/10 Titolo originale: I'm Thinking of Ending Things , uscita: 28-08-2020. Regista: Charlie Kaufman.
Sto pensando di finirla qui: la recensione del film di Charlie Kaufman (su Netflix)
04/09/2020 recensione film Sto pensando di finirla qui di Marco Tedesco
Il regista e sceneggiatore torna sulle scene dopo 5 anni con l'adattamento 'impossibile' del romanzo di Iain Reid, avvalendosi del talento di Jessie Buckley, Jesse Plemons e Toni Collette
Difficile dire se sia un bene o un male leggere il romanzo da cui è stato tratto il film che stiamo per vedere prima di approcciarci alla visione. Alcuni riescono a ‘scindere’ le due cose, altri finiscono inevitabilmente per trovare l’adattamento per il grande o piccolo schermo inevitabilmente ‘manchevole’. Sto pensando di finirla qui (I’m Thinking of Ending Things) di Iain Reid (pubblicato anche in Italia nel gennaio scorso) è uno di quei libri che si leggono tutti d’un fiato, una delle letture più inquietanti fatte in tempi recenti, e – proprio per questa ragione – facilmente ritenibile ‘impossibile da filmare’, al pari della saga di Dune o del ciclo della Fondazione.
Qui entra però in gioco Charlie Kaufman, lo stravagante regista e sceneggiatore già dietro a opere come Essere John Malkovich, Se mi lasci ti cancello, Synechdoche, New York e Anomalisa (la recensione). Affrontando il suo primo adattamento da Il ladro di orchidee del 2002, si è trovato davanti all’impresa non semplice di tradurre adeguatamente sullo schermo il materiale originale (per ‘accontentare’ i lettori) e di cercare la via migliore per iniettarvi i suoi elementi distintivi (per accontentare i suoi estimatori), per trovare infine un equilibrio.
Ebbene, il 61enne di New York riesce a prendere qualcosa di apparentemente impossibile da gestire e lo porta in vita per Netflix con apparente facilità e grazia.
Sto pensando di finirla qui segue una ragazza senza nome (Jessie Buckley), che sta facendo un viaggio con il suo nuovo fidanzato, Jake (Jesse Plemons), per incontrare per la prima volta i suoi genitori (David Thewlis e Toni Collette) nella loro remata fattoria. Anche se la loro relazione è recente, la giovane sta già valutando la possibilità di rompere con Jake, perché semplicemente non è sicura dei propri sentimenti per lui. All’arrivo, nota delle bizzarrie nella casa d’infanzia di Jake, nei due genitori e nello stesso comportamento di Jake una volta dentro.
Mentre tenta di giustificare queste stranezze come semplici peculiarità, appunto, la protagonista inizia a rimuginare nel corso della notte, rendendosi conto che, forse, potrebbe essere molto più coinvolta di quanto credesse in quel rapporto.
Charlie Kaufman, sia dal punto di vista narrativo che stilistico, esegue – ovviamente per chi l’ha letto – una trasposizione quasi perfetta del romanzo di Iain Reid. Non la più fedele possibile, ma risolve molti dei problemi che là emergevano, inserendo al contempo le proprie complessità al posto di ciò che non si poteva invece adattare.
Nello specifico, Sto pensando di finirla qui non presenta gran parte dello straziante terrore della narrazione in prima persona del libro e il finale esplicitamente horror, ma ciò che il film ‘perde’ nell’esplorazione costante del processo dei pensieri della giovane protagonista, lo guadagna nella capacità del regista di catturare sia le eccentricità che la follia delle relazioni interpersonali.
La connessione tra i personaggi sembra così molto più forte e la posta in gioco, nonostante sia molto meno incentrata sul discorso ‘vita o morte’ rispetto al materiale originario, appare più elevata sul livello personale.
Molto di ciò che rende Sto pensando di finirla qui così meravigliosamente coinvolgente è comunque il lavoro del cast, che infonde ai personaggi un’aria affabile, anche se incredibilmente sospetta. Non si sa mai chi intenda veramente cosa, e quella nebulosità che costantemente circonda le intenzioni delle parole e delle azioni di qualsiasi attore in scena viene architettata splendidamente. Probabilmente, uno dei più grossi ‘problemi’ del romanzo è che la storia lì si svolge in gran parte nella testa della protagonista e quindi lei non abbia la stessa possibilità di risaltare come personaggio rispetto agli altri. Anche se, nella struttura narrativa di tutto ciò, si potrebbe pure sostenere che potrebbe avere un senso.
Nel film, Charlie Kaufman dà alla giovane un’immensa quantità di profondità e significato che non si percepiva completamente sulle pagine di Iain Reid, facendola apparire paritaria rispetto a Jake piuttosto che una figura ‘inferiore’. Un contributo fondamentale in tal senso è la performance meravigliosamente malinconica di Jessie Buckley (Judy, Chernobyl). C’è un’inevitabilità nell’idea centrale del film di voler “finirla qui” e l’attrice 30enne irlandese porta questo peso con sé come uno zaino pieno di pietre per tutta la durata.
Al suo fianco, Jesse Plemons (Fargo) carica Jake di un’aria allegramente senza speranza, espandendo e intensificando l’arco narrativo unico del personaggio. C’è molto meno sensazionalismo in Jake, che lo fa sentire molto più umano, sia nella performance dell’attore che nella scrittura di Charlie Kaufman.
Spazia tra l’ambivalenza spaesata e i comportamenti spiazzanti, dando al pubblico ampio spazio per elucubrare se il desiderio della giovane donna di porre fine alle cose sia veramente giustificato. È un meraviglioso complemento al ruolo della Buckley, che culmina in uno dei finali più sorprendenti del 2020.
E poi ci sono David Thewlis (Wonder Woman) e Toni Collette (Hereditary), che aspettano pazientemente in disparte prima di balzare fuori e rubare la scena. Il mistero che circonda i genitori di Jake è fatto di dubbi a disagio, ma anche di una grande disperazione che ti fa venire voglia di abbracciarli, anche se allo stesso tempo li temi molto. Entrambi rappresentano lo stereotipo degli adulti che hanno visto il figlio andar via di casa e che ora cercano solo una tranquilla transizione nella vecchiaia, ma, irrequieti, non riescono a trovarla. Sono un paradosso dell’emozione da cui vogliamo scappare, ma da cui siamo semplicemente attratti.
Nonostante tocchi e riprenda tutti gli stessi punti fondamentali di Sto pensando di finirla qui, Charlie Kaufman istituisce un enorme cambiamento di genere nel romanzo, soprattutto nel finale. L’intenso orrore psicologico qui svanisce, sostituito da un’inquadratura molto più introspettiva e poetica dell’atto conclusivo della storia. Da storcere il naso sulle prime, ma sinceramente più adeguato a quanto visto fin lì. È un’opera la sua più interessata al “perché” di tutto questo, piuttosto che al “cosa”. Ci vuole tempo per evidenziare i momenti e organizzare in modo differente una storia che si presti maggiormente al cinema.
Oltre a ciò, va onorato il lavoro estremamente fluido del direttore della fotografia Łukasz Żal (Cold War, Ida), che dona a Sto pensando di finirla qui sia un’intimità tipicamente moderna sia un’atmosfera che ricorda i grandi musical di Hollywood dell’era pre-VistaVision, incorniciata nella bellezza senza tempo del formato 1.33:1.
Similmente ai titoli precedenti di Charlie Kaufman, c’è una particolarità di Sto pensando di finirla qui che lascerà il pubblico innegabilmente frastornati dopo i titoli di coda. Non è un film che può essere descritto in modo conciso, o addirittura compreso nella sua interezza, alla prima visione o senza discuterne con altri spettatori.
Questo è un film fatto fatto per essere discusso, dibattuto e messo in discussione in ogni fase del suo percorso, ed è qualcosa per cui coloro che si aspettavano di vedere quanto descritto brevemente nella sinossi ufficiale, nel poster o nel trailer, potrebbero sentirsi costernati.
In definitiva con l’adattamento di Sto pensando di finirla qui il regista e sceneggiatore ha preso un romanzo ineffabilmente sfuggente e lo ha trasformato in un sogno febbrile che compenetra diversi generi, incentrato sulle conseguenze del grande stress delle relazioni interpersonali. È un lungometraggio decisamente malinconico, 100% ‘made in Kaufman’, che lascia un incredibile margine di interpretazione, senza però commettere errori. Accoppiatelo con una fotografia straordinaria, uno script decostruito in modo intelligente e alcune delle migliori interpretazioni a tutto tondo viste quest’anno, e otterrete una piccola creatura curiosa dalla bizzarra, mesta e splendente gloria.
Di seguito il trailer internazionale (con sottotitoli italiani) di Sto pensando di finirla qui, nel catalogo di Netflix dal 4 settembre:
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