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Voto: 5.5/10 Titolo originale: The Hunt , uscita: 11-03-2020. Budget: $14,000,000. Regista: Craig Zobel.

The Hunt | La recensione del film di Craig Zobel con Betty Gilpin

23/03/2020 recensione film di William Maga

Il boicottatissimo survival horror, scritto da Nick Cuse e Damon Lindelof, si rivela una bolla d'acqua, sospeso tra blanda satira sociale e una classica rivisitazione di La partita più pericolosa

the hunt gilpin film 2020

Una delle certezze della storia del cinema è che tra i racconti più frequentemente adattati / saccheggiati c’è La partita più pericolosa (The Most Dangerous Game) di Richard Connell, pubblicato nel 1924, in cui il generale russo Zaroff, proprietario di un’isola, decideva di dare la caccia agli sventurati naufraghi che arrivavano sulle sue spiagge, cui erano concessi tre giorni per essere liberi. Oltre a un adattamento cinematografico ufficiale già nel 1932 (Pericolosa partita di Irving Pichel) sono arrivati nel tempo innumerevoli rip-off, che ne hanno ‘piegato’ in modo più o meno riuscito il concept (citiamo La preda umana di Roy Boultinge del 1957, Senza Tregua di John Woo del 1993 e Sopravvivere al gioco di Ernest Dickerson del 1994).

the hunt film poster 2020Ora, a quasi 100 anni di distanza da quella seminale pubblicazione, la Blumhouse si affida al regista Craig Zobel (Sopravvissuti) per la sua versione della storia, partorendo The Hunt, in cui – visti i tempi di campagna elettorale per le presidenziali negli Stati Uniti – ha ritenuto opportuno aggiungere alla ricetta anche un pizzico di La notte prima del giudizio (The Purge). La premessa è semplice: dodici estranei si risvegliano imbavagliati in una misteriosa radura al centro di un bosco, in cui campeggia una enorme cassa di legno al cui interno c’è un arsenale delle armi più disparate (e, per motivi di sottotesto, un maiale di nome Orwell).

Pochi secondi dopo averla aperta, vengono sommersi da una gragnuola di proiettili, frecce e granate e si ritrovano a scappare all’impazzata per cercare di non morire. “È il #Manorgate”, intuisce rapidamente il teorico della cospirazione interpretato da Ike Barinholtz: una cricca in stile Pizzagate di élite liberali che cacciano individui ritenuti “deplorevoli” per sport in una remota foresta dell’Arkansas.

Non scopriamo certo l’acqua calda affermando che il sensazionalismo è un potente strumento di marketing. Se William Huckster fu un maestro in tal senso negli anni ’50, oggi è l’orientamento politico a suscitare accesi dibattiti e moti di censura preventivi. Pensate a The Interview di Goldberg del 2014, che venne praticamente cancellato sulla scia delle agitazioni nordcoreane prima di essere finalmente distribuito e accolto freddamente. E così va ora con The Hunt, descritto mesi fa come una feroce satira dell’era Trump la cui uscita nelle sale nel settembre scorso è stata annullata per l’indignazione dei conservatori e che alla fine è uscito agli inizi di marzo – cavalcando una rinnovata spinta pubblicitaria ad hoc (vedi poster) – in un’America non solo in preda a una stagione elettorale complicata ma alle prese con la pandemia da coronavirus. Sarebbe interessante sapere cosa pensino onestamente del film, adesso che l’hanno effettivamente potuto vedere, quelle stesse persone che lo avevano attaccato alla cieca tempo addietro; sarebbe curioso se lo trovassero ancora degno di tali attenzioni e timori.

Ma mentre la sceneggiatura di Nick Cuse (co-creatore di Lost) e Damon Lindelof (The Leftovers, Watchmen) si dipana e una contendente particolarmente intraprendente e cazzuta, Crystal (Betty Gilpin), si distingue dal resto dell’impreparato gruppo, diventa sempre più difficile capire chi si trovi esattamente nel mirino satirico di The Hunt. Sono forse i liberali boriosi e ricchissimi, che passano il tempo a soppesare gli accenti e a vantarsi di come Ava Duvernay apprezzi i loro post su Instagram? Sono i “deplorevoli” individui che indossano il noto cappello rosso del MAGA (Make America Great Again) quelli che Craig Zobel si diletta a massacrare citando le splatterate di La Casa 2?

the hunt film emma robertsLa risposta è – chiaramente – entrambe le cose, ma le frecciate sono così prive di mordente e gestite maldestramente (la sceneggiatura riempie la bocca di entrambe le fazioni coi tipici slogan da social media, come “Il riscaldamento globale non è un mito!”) che difficilmente arrivano a destinazione con l’efficacia sperata a monte.

Intraleggendone le migliori intenzioni possibili, The Hunt vuole mettere sulla graticola le divisioni ideologiche di un paese disposto a respingere la parte opposta come fossero mostri subumani che meritano solo la morte.

Eppure, mentre il film si muove rapido verso il suo atto finale (il più solido e coerente, a ben vedere), The Hunt si concentra sulla classe sociale tanto quanto qualsiasi altra cosa, confondendo le acque ancora di più. Fino a quel momento, gli unici soggetti presi in considerazione erano stati i neoliberal ultra-benestanti del #Resistance e i bifolchi del sud – due gruppi composti da fantocci che si fanno la pelle a vicenda. Ma mentre scopriamo le vere origini del #Manorgate, e Craig Zobel prepara il campo al sanguinoso e ben congegnato scontro tra la final girl Betty Gilpin e la mente dietro a tutta la faccenda (il due volte premio Oscar Hilary Swank), l’estetica della ricchezza diviene il fattore principale. Il problema non è quindi che la diabolica Athena e i suoi soci siano dei liberal, quanto piuttosto che siano dannatamente ricchi. Ed è un peccato che The Hunt non esplori questa considerazione al di là di alcuni fugaci gesti.

Non aiuta nemmeno il fatto che la sceneggiatura sia così concentrata a sovvertire le aspettative dello spettatore che ci vuole troppo tempo perché il film inizi davvero. Fino a quando l’attenzione non si focalizza pienamente sulla tenace Betty Gilpin, Nick Cuse e Damon Lindelof disseminano lo schermo di ‘false piste’ su chi sia il vero protagonista; i candidati più avvenenti e prestanti vengono spazzati via brutalmente senza tante cerimonie dopo pochi minuti, e subito dopo seguiamo un altro gruppo di pistoleri improvvisati condannati a morte certa. Sono passati una ventina di minuti a questo punto (di pur gustosa carneficina, ammettiamolo pure), ma da qui non resta che un’oretta scarsa per dire quello che si presume si vorrebbe dire davvero.

Hilary Swank in The Hunt (2020)Non può che sovvenire quindi alla mente un altro film di culto ispirato in qualche modo da La partita più pericolosa, ossia il controverso Battle Royale del 2000 di Kinji Fukusaku (la recensione), in cui gli alunni di alcune classi del liceo venivano costretti a massacrarsi a vicenda su un’isola. Si trattava di una feroce satira del competitivo sistema educativo giapponese, ritenuta così violentemente offensiva da essere bandita in molti paesi.

Ma se Hollywood non ha mai osato farne un remake diretto, ne ha però prodotto una versione estremamente annacquata, Hunger Games (ispirata ufficialmente all’omonima saga letteraria di Suzanne Collins).

Ebbene, tra i numerosi problemi di The Hunt c’è che non solo crede – come peraltro spessissimo succede ai titoli Blumhouse – di possedere la pungente sagacia del primo (e non è così), ma incredibilmente difetta persino delle già blande riflessioni socio-politiche degli ultimi capitoli della serie con Jennifer Lawrence. Proprio come il già citato La notte del giudizio, uno spunto iniziale potenzialmente devastante che nel corso di quattro film e una serie TV non si è mai espresso nel modo auspicabile.

Spogliato di ambizioni alte, The Hunt non è comunque privo di un modesto fascino, soprattutto se cercate un survival horror che garantisca ammazzamenti inventivi e improvvisi (è stato classificato R-Rated per un buon motivo). Appare chiaro che Craig Zobel si compiaccia nell’inscenare morti atroci e sanguinarie, che si tratti di sbudellamenti o di corpi che esplodono. Betty Gilpin non è la solita ‘eroina per caso’, riuscendo a bilanciare la giusta fisicità che il ruolo richiede (memore delle quattro stagioni passate sul ring di GLOW) con le curiose espressioni facciali con le quali affronta anche i momenti più splatter e grotteschi (in questo ricorda non poco l’Ash di Bruce Campell), ed è l’unica, assieme a Hilary Swank, a lasciare una qualche impressione in chi guarda. Intorno a lei si muovono in camei rapidissimi Emma Roberts, Amy Madigan ed Ethan Suplee, tutti in grado di garantire diversivi moderatamente divertenti.

In definitiva, per qualcosa che avrebbe dovuto essere così politicamente schierato, la vena satirica offerta da The Hunt è poco affilata e irregolare, indecisa su quanto spingere sul pedale del ‘commento sociale’ a scapito dell’intrattenimento, e viceversa.

Di seguito trovate – sulle note di Game of Survival di Ruelle – il full trailer italiano di The Hunt, che arriverà nei nostri cinema il 7 maggio (probabilmente):