Il regista firma un nuovo capitolo maturo eppure familiare, un sequel di cui non ci eravamo resi conto di avere bisogno
Nonostante l’inevitabile – e giustificato – scetticismo nei confronti di Toy Story 4, la trepidazione per un nuovo sequel è sempre palpabile quando si parla di una saga di successo. Dopo il finale perfetto di Toy Story 3 del 2010, era normale farsi delle domande sulla ‘necessità’ di un quarto film, visto che la storia del cinema ha dimostrato in svariate occasioni che tirare troppo la corda può rovinare l’eredità di un franchise (si veda Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo o Superman IV ad esempio). Eppure, non senza una certa sorpresa, il regista esordiente Josh Cooley e la Pixar hanno confezionato una toccante opera d’animazione con il cuore nel posto giusto.
Attingendo alle poetiche relazioni vissute in Toy Story 1 e 2, se i primi due capitoli possono essere riconosciuti come una disamina delle relazioni tra i giocattoli e i loro proprietari, Toy Story 4 riflette sulla ‘crisi esistenziale’ della saga. Concedendosi il permesso di esplorare una “scatola dei giocattoli più grande” (per così dire …) con nuove ambientazioni e luoghi, espande profondamente il suo concept ora, chiedendosi cosa significhi essere un giocattolo.
Gli appassionati di fantascienza si divertiranno nel ritrovare allegorie in stile Westworld sull’essere stati ‘costruiti’ per uno scopo, la filosofia della “voce interiore” e la genesi della creazione. Non è diverso dalle frequenti battute fatte sull’altro amato franchise della Pixar Cars (noto anche come “chi ha fabbricato quelle macchine?”), ma l’introduzione di Forky (doppiato nella versione originale da Tony Hale, in Italia da Luca Laurenti), un utensile di plastica nevrotico, ansioso e infantile, solleverà simili domande sulla sua natura senziente.
Quasi sicuramente, molti dei lettori saranno stati bambini nel lontano 1995, anno di uscita di Toy Story – Il mondo dei giocattoli, ma per chiunque fosse cresciuto insieme al franchise, quella magia e quei sentimenti sono ancora – fortunatamente – presenti. Ci sentiamo subito di nuovo ragazzini, contenti di abbracciare l’ampia opportunità di incontrare vecchi amici, ma senza la sensazione di essere davanti all’ennesimo prodotto pensato esclusivamente per spillarci soldi facili dalle tasche.
Oltre alla solita attitudine della Pixar all’eccellenza nelle animazioni (dimostrata dai fondali, dai cieli e dal realismo di un gatto), proprio il riconoscimento della crescita e di ‘chiudere’ un cerchio sono i più grandi punti di forza di Toy Story 4. Fa ancora largamente affidamento su situazioni familiari, ma la serie ha sempre avuto questo rapporto impeccabile tra le sue tematiche per gli adulti e l’umorismo a misura di bambino, e questo nonostante il meccanismo ripetitivo del “giocattoli perduti che devono ritrovare la via di casa”. Tuttavia, quest’ultimo capitolo si appoggia pesantemente su considerazioni riguardanti le figure paterne, l’autostima, le insicurezze, la paura e l’identità, che lo distanziano dai tre precedenti nei toni. E per quanto questo possa sembrare diverso, è molto più auto consapevole di quanto si possa pensare, e il fatto che l’arco narrativo di Woody diventi presto l’obiettivo principale in mezzo alle varie sottotrame occasionali e sconnesse, fornisce quella giustificazione convincente all’aver realizzato un quarto film.
Non appagati di sedersi sui fasti del passato, persino sui ‘cattivi’ si interviene analogamente. Continuando sulla strada intrapresa con Sid, Stinky Pete e Lotso, diamo per scontato il sottile impatto di Gabby Gabby (Christina Hendricks), una bambola parlante che ha tutte le terrificanti caratteristiche di quella presente nell’episodio La bambola vivente della serie Ai Confini della Realtà del 1963. Trascendendo oltre la tradizione di un personaggio che è malvagio per ‘il puro gusto di esserlo’, la sua storia è piena di una simile ricerca dell’amore come pure di sofferenza e rifiuti, avvolti nella luccicante confezione della ricerca della perfezione estetica e culturale.
In definitiva, Toy Story 4 potrebbe pur non essere il sequel che abbiamo richiesto: il franchise era già perfetto così com’era, eppure, in qualche modo, la Pixar è riuscita a imboccare un percorso sentimentale che chiude rispettosamente la porta su una fase e apre un portone su un’altra. Comunque, se questo sarà il capitolo finale (e tutto sommato speriamo sia così), allora il film di Josh Cooley funziona incredibilmente bene, dimostrando che c’è ancora vita in questi giocattoli, e una volta che sarete giunti a patti con la sua risoluzione emotiva, finirà per essere un’opera di cui non vi eravate resi conto di aver bisogno.
Ah, non andate via appena partono i titoli di coda.
Di seguito il full trailer italiano e internazionale (per meglio apprezzare le voci originali) di Toy Story 4, nei nostri cinema dal 26 giugno: