Voto: 6/10 Titolo originale: Triple Frontier , uscita: 06-03-2019. Regista: J.C. Chandor.
Triple Frontier: la recensione del film con Ben Affleck e Oscar Isaac
17/03/2019 recensione film Triple Frontier di William Maga
L'heist movie action di Netflix diretto da J. C. Chandor non sfrutta a dovere i grossi nomi coinvolti, optando per crogiolarsi nella mediocrità della sua sceneggiatura
Pensato in origine come un appassionato progetto fonte degli sforzi di Kathryn Bigelow e dal suo sceneggiatore di fiducia Mark Boal (entrambi al fianco già su The Hurt Locker, Zero Dark Thirty e Detroit), Triple Frontier ha fatto decisamente fatica a vedere la luce. Da quando il film è stato annunciato per la prima volta alla fine del 2010, ha infatti subìto numerosi rimaneggiamenti di cast (Johnny Deep, Tom Hanks, Will Smith, Channing Tatum, Tom Hardy e Mahershala Ali sono stati tutti tra i papali protagonisti), problemi di agenda e di budget (si vociferavano 80 milioni di dollari). In ogni caso, la regista premio Oscar si è infine tirata indietro nel 2015, aprendo la strada al collega J. C. Chandor, forte del credito di Margin Call, All Is Lost e 1981: Indagine a New York.
La sceneggiatura rivisitata da J.C. Chandor non apre Triple Frontier con la sequenza che ci si aspetterebbe da un heist movie paramilitare. La seconda scena del film sarebbe piuttosto l’apertura più ovvia. Si tratta di un set action elaborato e ben coreografato, con un elicottero che trasporta uno dei cinque protagonisti in una città del Sud America, mentre For whom the bell tolls dei Metallica pompa potente nelle cuffie del personaggio (più avanti troveranno spazio anche Pantera, Bob Dylan, Creedence Clearwater Revival e Fleetwood Mac).
Sta andando a compiere un raid nel nascondiglio di una gang locale, e i momenti che seguono offrono sparatorie, esplosioni e morte a piene mani. Ci vengono forniti anche alcuni altri dettagli, quando il nostro uomo consegna il fucile che ha usato per uccidere un gruppo di malviventi a un poliziotto locale, al fine di fornire la minima quantità di negazione plausibile sul suo coinvolgimento nell’assolto, e le uccisione in stile esecuzione dei sopravvissuti.
Per questo secondo dettaglio, la macchina da presa di J. C. Chandor si sofferma sul volto di Santiago “Pope” Garcia (Oscar Isaac) mentre esplodono i fatali colpi di pistola e le grida disperate di un uomo riecheggiano nei resti dell’edificio. È la faccia di un individuo che sa bene cosa sta succedendo, ma non è uno di quelli che si è rassegnato o che gongolano di soddisfazione per l’inevitabile.
Piuttosto, è un uomo che ha visto la morte da vicino e, se possibile, preferirebbe non vederne altra. Tuttavia, si tratta di una speranza vana visto il lavoro che fa, mercenario per conto di un’azienda anonima che viene coinvolta in dispute speculative di questo tipo in paesi stranieri. Se Pope potesse fare qualsiasi altra cosa, forse lo farebbe, ma si tratta di un lusso che non può proprio prendere in considerazione, date le circostanze della sua vita.
La prima scena di Triple Frontier plasma questo conflitto interiore, condiviso dagli altri quattro personaggi che costituiscono il resto del team, che torna in Sud America per cercare giustizia e soprattutto denaro – fondamentale per quasi tutti loro. Qui c’è William “Ironhead” Miller (Charlie Hunnam) che tiene un discorso in una stanza piena di soldati il cui arruolamento sta per terminare. Da allora, l’uomo si è spostato nel settore privato – “risucchiato” letteralmente da esso, ammette. La tesi alla base del suo discorso equivale quasi all’idea che, dal momento che questi soldati hanno già visto e fatto molte cose che potrebbero perseguitarli per il resto della loro esistenze, potrebbero anche rimanere nell’esercito per fare in modo che quel cambiamento significhi qualcosa .
Triple Frontier è un’opera decisamente cinica, ma di un cinismo pragmatico. La sceneggiatura non giudica i suoi protagonisti a un semplice livello morale, perché, fin dall’inizio, riconosce che sono uomini ‘spezzati’. Non sono in grado di adattarsi alla vita normale dei civili, perché si risentono di ciò che gli anni di combattimenti li hanno resi, ma sanno anche che, ora, è l’unica cosa che può dare un significato alle loro vite.
Pope si sporca ancora le mani, pur stanco, provando a convincersi di poter aiutare la gente di un paese in difficoltà, salvo veder precipitare le cose irrimediabilmente. William vorrebbe poter tornare indietro, ma può solo dire agli altri del suo errore. Suo fratello Ben (Garrett Hedlund) è diventato un combattente nelle arti marziali miste, i cui veri talenti – stando a William -, vengono sprecati per un pubblico che lo apprezza poco.
Francisco “Catfish” Morales (Pedro Pascal) è stato un tempo un brillante pilota, ma la vita post-militare lo ha portato a una serie di decisioni che lo hanno legalmente diffidato dal volare di nuovo. L’ex leader del gruppo Tom “Redfly” Davis (Ben Affleck), nel frattempo, ha cercato di prendere le distanze dalla sua vita precedente e inserirsi in una vita civile noiosa e ordinaria. Ha un matrimonio fallito alla spalle, una figlia lontana, conti da pagare per due famiglie e una carriera fallita nel settore immobiliare a memoria delle sue umili aspirazioni.
In ogni caso, Pope torna a casa con un’offerta per i suoi amici e compagni veterani. In preparazione di un raid pianificato, la sua società li pagherà per sorvegliare la casa di Lorea (Reynaldo Gallegos), il capo di un potente cartello della droga che vive in una fortezza nei boschi del Brasile, vicino ai confini con il Paraguay e l’Argentina. Quando arrivano sul posto però, Pope svela le sue vere intenzioni: uccidere Lorea e prendere tutti i soldi che possono portar via dalla sua abitazione. E si parla di almeno 70 milioni di dollari.
Questo lungo preambolo sembrerebbe la premessa per una certa quantità di azione scatenata, ma J. C. Chandor e Mark Boal si rivelano molto più interessati al prezzo che porta con sé quella violenza, che viene presentata qui come improvvisa, disperata e che conduce a conseguenze che potrebbero rimanere ineffabili per qualche tempo.
Triple Frontier non è (purtroppo) un vero e approfondito studio dei personaggi e delle loro personalità, anzi, poiché i protagonisti sono troppo stereotipati e bidimensionali, quanto piuttosto una sciatta analisi del rimorso, del risentimento e dell’avidità, nonché su come – almeno nella mente di questi uomini – la brutalità, in un modo o nell’altro, sia l’unica risposta al vuoto che sentono dentro. Del quintetto, Pope sembra il più ‘umano’, sebbene la sua risposta all’apparentemente nobile obiettivo di proteggere gli altri sia l’omicidio (che porta inevitabilmente ad ulteriori morti). Tom è invece il più complesso del gruppo: un individuo che esita a unirsi al colpo, ma che trova ugualmente un po’ troppo facile ammazzare di nuovo una volta fatto il passo.
Tra richiami inevitabili a film affini come I Guerrieri, Dollari sporchi, Il salario della paura e Three Kings, il lungometraggio ‘made in Netflix’ avrebbe potuto non solo rivelarsi il più ambizioso del regista americano fino ad oggi, ma anche – a sorpresa – un omaggio a quei muscolari action che da troppo tempo Hollywood non sforna più. Invece, tutto qui – eccetto la fotografia di Roman Vasyanov (Fury, Suicide Squad), che garantisce movimenti fluidi durante le scene più concitate – è ammantato di una patina sorprendentemente generica.
Gli ingredienti giusti sono sul piatto, ma la mano del filmmaker non riesce ad elevare la storia al di sopra dell’ordinarietà. La fisicità delle star coinvolte è adeguata all’impegno fisico richiesto dai ruoli e, sebbene ciascun membro abbia l’occasione per brillare, la verità è che dargli la possibilità di scavare un po’ più a fondo nelle rispettive caratterizzazioni non avrebbe fatto male a nessuno.
In definitiva, Triple Frontier lascia l’amaro in bocca visti i nomi coinvolti, e non può che lasciare lo spettatore a rimuginare su quale sarebbe stato il risultato finale se a dirigerlo fosse stata Kathryn Bigelow.
Di seguito il secondo trailer italiano di Triple Frontier, nel catalogo di Netflix dal 13 marzo:
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